Coniglio
2011
9788860632890
Allucinazione splatterosa, romanesca, dark e malaticcia, “Vloody Mary” è il nuovo, divertente e delirante romanzo di Paolo Di Orazio. Il poliedrico scrittore, fumettista e batterista capitolino, classe 1966, reduce dalla controversa esperienza della rivista horror “Shinigami”, decisamente meno fortunata rispetto alle passate “Mostri” e “Splatter”, ha sfogato in questo libro qualche divertente debolezza saffica, tutta la consueta irriverenza antiborghese e anticlericale – non estranea al grottesco puro, anche in questo frangente, e al ridicolo – e ha dato vita a un giocattolo macabro e disturbato che non potrà che rallegrare i suoi aficionado, quelli rimasti fedeli sin dal problematico esordio del 1989 – quando il Parlamento s'interrogò su una sua potenziale e arcana “istigazione a delinquere”.
Questo nuovo libro di narrativa di PDO esce per un editore storicamente sensibile ai suoi versatili talenti artistici, Coniglio: è un abbinamento così sensato che finisce per sembrare scolastico, dopo tutto questo tempo. Allora, che effetto fa “Vloody Mary”? Per prima cosa, va detto che il sottotitolo, per una volta, non inganna affatto. Siamo davvero dalle parti di un'“Iliade necrolesbo di una deejay rock in una nera giostra di licantropi, morti viventi e amori terminali che insanguinano Roma”: l'impatto della cupa e morbosa satira di Paolo Di Orazio è sicuramente efficace. Rispetto all'ultima raccolta di racconti, “Che hanno da strillare i maiali?”, pubblicata nel 2010, va detto che “Vloody Mary” sembra tecnicamente e linguisticamente molto meno controllato; c'è più di qualche frangente in cui lo scrittore romano sembra cercare di poggiare su un lessico più ricercato, con effetti estranianti e non pochi svarioni. Diciamo che queste irregolarità stilistiche e queste difformità – ripetute in diverse circostanze, soprattutto nella seconda metà del romanzo – potrebbero rappresentare una fase di ricerca di uno stile diverso. Nel caso di “Vloody Mary” hanno comunque un po' appesantito la lettura. Non ho capito poi perché il nostro buon PDO chiami i russi “sovietici”, in almeno tre casi, vent'anni dopo la fine del regime.
Ciò che invece funziona è la descrizione di diverse cose romane, e di diversi posti romani, dalla pizzeria “dei marmi” di viale Trastevere all'Alpheus, per dire: Paolo Di Orazio dà il massimo quando restituisce lessico e toni popolari – veraci, da tutti i punti di vista. In questo libro c'è più di un plateale omaggio a RadioRock – dj per dj, in pratica, non manca nessuno della vecchia guardia – e questo per tutte le anime rock di Roma e Lazio rappresenta qualcosa di facilmente riconoscibile e apprezzabile. La protagonista, Mary, è – nell'immaginario di PDO – una delle nuove leve della radio capitolina: una dj misteriosa e amatissima, “la più recente scoperta di Prince Faster, il guru di RadioRock dal 1983”, capace di richiamare migliaia di persone per ognuna delle sue serate a metà tra metal e dance. Piace a tutti, è diventata “un luogo vivente di culto”. Ma non è detto che Mary sia come i suoi colleghi. Da tutti i punti di vista. Né lei, né la sua compagna, la fotografa Martyna. Una che sa cosa significa adorare. Ma non sa proprio cosa siano i limiti – e non parlo soltanto dei 24mila scatti che le ha dedicato, nel tempo, vagheggiando una improbabile gigantografia (titanografia?). Fermiamoci qui. La “nera giostra di licantropi e morti viventi” studiata da PDO include curiosi sacerdoti malati di porfiria, avidi di anime – letteralmente: concretamente, diciamo così, come vedrete – e stravaganti commissari reduci da troppe cose, anni Settanta in primis, e forse incapaci di sintetizzarle con equilibrio. Per i fan dell'autore, e per i collezionisti di qualsiasi cosa abbia a che fare con RadioRock.
EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE
Paolo Di Orazio (Roma, 1966), narratore, sceneggiatore e batterista romano. Ha esordito pubblicando “Primi delitti” (Acme, 1989); negli anni, è stato caporedattore di “Splatter”, “Mostri” e “Shinigami”.
Paolo Di Orazio, “Vloody Mary”, Coniglio, Roma, 2011.
Gianfranco Franchi, agosto 2011.
Prima pubblicazione: Lankelot.