Uomini non sudditi

Uomini non sudditi Book Cover Uomini non sudditi
Henry David Thoreau
Piano B Edizioni
2010
9788896665060

“È con sincero entusiasmo che accetto il motto: 'Il governo migliore è quello che governa meno', e mi piacerebbe vederlo messo in pratica il più rapidamente e sistematicamente possibile. Una volta attuato questo conduce a un'altra affermazione, di cui sono altrettanto convinto: 'Il miglior governo è quello che non governa affatto', e non appena gli uomini saranno pronti, sarà questo il tipo di governo che avranno […]. Ma per parlare chiaramente e da cittadino io, a differenza di coloro che si dichiarano anarchici, non chiedo un'immediata abolizione del governo, ma chiedo immediatamente un governo migliore”. Era il 1849 e Henry David Thoreau, filosofo e intellettuale ultralibertario, predicava la sua visione del mondo e delle nazioni nel famigerato saggio “Disobbedienza civile”.

Centosessant'anni più tardi possiamo tornare ad abbeverarci a questa fonte intelligente, umanissima, eretica, grazie a una nuova antologia di suoi saggi, “Uomini non sudditi” (Piano B, pp. 178, euro 11,50), completa di due inediti (“Riforme e riformatori” e “Araldo della libertà”) e di classici come “Vita senza principi” o come “Apologia di John Brown”, ossia il pamphlet dedicato all'eroico capitano americano, bianco, eroe e martire della causa antischiavista. Thoreau seppe influenzare Gandhi, apostolo della ribellione nonviolenta, nel lontano 1906: “Le idee di Thoreau mi colpirono profondamente” - confidò in seguito al giornalista Webb Miller - “Ne adottai diverse e suggerii a tutti i miei sodali, impegnati nella causa dell'indipendenza dell'India, di studiare i suoi libri. Questo spiega perché battezzai il mio movimento col nome d'un suo saggio”. Un saggio scritto, vale la pena ricordarlo, circa 60 anni prima. Non il solo Gandhi fu un suo aficionado; è appena il caso di accennare che larga parte della beat generation, ad esempio, considerò il suo rifiuto della modernità e il suo disegno di ritorno alla natura un paradigma esemplare. Il pensiero di Thoreau, fertile e solare, ha saputo dilagare tra i poeti come tra i filosofi, tra gli anarchici come tra i libertari; la sua parola sonda le nostre coscienze, domanda adesione convinta, spinge a scarnificare le nostre convinzioni. È rigenerante: è propulsiva. Muove. Vediamo di ricordarci perché, adesso.

Thoreau ci insegnava a essere devoti non alla legge, ma a ciò che è giusto: perché il rispetto cieco delle leggi, paradossalmente, può trasformare uomini onesti in cittadini ingiusti, in marionette senza anima. Ci ricordava che dovremmo servire lo Stato con la coscienza, non con la testa: e che votare per ciò che riteniamo giusto non è abbastanza – perché è sempre fondamentale l'azione, e dall'azione non si può prescindere; e l'azione che scaturisce da un principio è destinata a mutare radicalmente le cose e i rapporti. È allora, e solo allora che si fa rivoluzionaria. Thoreau credeva che non avesse importanza quanto piccolo potesse sembrare un inizio: sapeva che ciò che è fatto bene una volta è fatto per sempre. E che le rivoluzioni non sono mai improvvise. La più importante (guardatevi intorno: guardatevi indietro. Ascoltate. Ascoltate bene) è di solito un fatto silenzioso, e poco invadente.

Thoreau ci ripeteva che dobbiamo amare la patria come i nostri genitori, e che dobbiamo nutrire l'anima con la più pura idealità; non dobbiamo credere nel profitto, non dobbiamo credere nel potere. Dobbiamo credere nell'essenza dell'umanità: nella sua infinita domanda di giustizia, di giustizia e di libertà. Dobbiamo aderire a questa domanda. Dobbiamo disobbedire agli ordini, quando gli ordini sono sbagliati. Dobbiamo disobbedire al presente, quando il presente tradisce i nostri valori. È sacrosanto. E può salvare il nostro spirito.

Thoreau ci avvertiva che l'accumulo di denaro trascina verso il basso. Sempre. E che lavorare per ottenere soltanto denaro significa essere inutili. Perché “è meglio che un uomo muoia di fame, una volta per tutte, piuttosto che perda la propria innocenza nel guadagnarsi da vivere”. E allora noi dobbiamo rivendicare la nostra individualità, giorno dopo giorno, perché lo Stato deve trattare ogni singolo individuo con rispetto, come se quell'uomo fosse un suo vicino di casa. Quello dev'essere il nostro obbiettivo. Il riconoscimento incontrovertibile della nostra individualità. È un obbiettivo realistico. È a portata di mano. Basta volerlo. Basta ricordarsene. La libertà è il nostro bene supremo: dobbiamo imparare a vivere liberi, consapevoli che la democrazia non è che uno stadio avanzato verso una diversa forma di autonomia e di libertà; verso un diverso Stato. Dobbiamo vivere restando fedeli ai nostri principi, al rispetto del prossimo e di noi stessi: perché sono gli uomini di buoni principi i primi rivoluzionari. Da sempre.

Thoreau amava la vita, e ogni suo scritto è un inno a fronteggiarla e viverla con assoluta pienezza; per quanto misera e difficile sia o possa divenire, essa va considerata sempre come l'acqua del fiume. Va considerata un dono, un dono imprevedibile. Un dono estraneo al lusso. Per capirlo, dovremmo coltivare la povertà come fosse un'erba aromatica, ci insegna il filosofo, sulla scia dei grandi insegnamenti del greco Diogene di Sinope, il Cinico antisocratico. Perché “le cose non cambiano; siamo noi che cambiamo”. Ripetiamocelo. Siamo noi che cambiamo: non le cose che abbiamo attorno. Quelle, insegnava Seneca, dobbiamo sempre considerarle, tutte, come provvisorie, quasi ci fossero state date in prestito.

E allora viene spontaneo andare a cercare conferme di queste teorie nell'esistenza del filosofo, vagheggiando una (altrove) spesso difficile coerenza. La scopriamo leggendo che quando Thoreau scrisse “Walden, ovvero La vita nei boschi”, trasfigurava e sintetizzava la sua biennale esperienza di vita, nei campi, per ritrovare un rapporto diretto con la natura e prendere tutte le distanze del mondo da una società ossessionata dal mercato e dal denaro.

Questo è quanto imparò – e i più giovani se lo ricordano bene, perché queste parole formarono la nostra adolescenza, quando usciva "L'attimo fuggente" di Peter Weir: “Andai nei boschi perché desideravo vivere con saggezza, fronteggiare solo i fatti essenziali della vita, e per vedere se non fossi capace di imparare quanto essa aveva da insegnarmi e non scoprire, in punto di morte, di non aver vissuto. Non volevo vivere quella che non era vita – vivere è straordinario – né volevo rinunciarci, a meno che non fosse assolutamente necessario. Volevo vivere profondamente e succhiare tutto il midollo della vita; volevo vivere vigorosamente, da spartano, così da distruggere tutto ciò che non fosse vita, e falciare ampio e basso, e poi spingere la vita in un angolo, ridotta ai suoi termini più semplici”.

Ascoltammo queste parole in un anno magico: il 1989. Quasi fossero un incantesimo, diedero la prima spallata al Muro. Ci guardammo attorno e scoprimmo che l'Europa era una nazione bambina. Sua guida libertaria può essere, nel 2010, il pensiero del maestro americano della disobbedienza civile. L'uomo che, come il gran ribelle tedesco, andava al bosco. Per vivere da spartano, e fronteggiare la vita da combattente.

BREVI NOTE

Henry David Thoreau (Concord, Massachussets, USA 1817 – Concord, Massachussets, USA 1862), filosofo, scrittore e naturalista americano. Si laureò ad Harvard nel 1837.

Henry David Thoreau, “Uomini non sudditi. Disobbedienza civile e altri saggi”, Piano B, Prato 2010. Traduzioni di Antonio Tozzi, Andrea Guarducci, Elisa Di Giorgi.

Saggi contenuti: “Life Without Principle” [“Vita senza principi”, 1854]; “Resistance to Civil government” [“Disobbedienza civile”, 1847]; “Reform and the reformers” [“Riforme e riformatori”, 1846]; “Where I live, and what I lived for” [“Dove ho vissuto e perché”, da “Walden”, 1854]; “A Plea for Captain John Brown” [“Apologia di John Brown”, 1859]; “Herald of freedom” [“Araldo della libertà”, 1844]; “Conclusion” [“Conclusione”, da “Walden”, 1854]

Approfondimento in rete: wiki it / panarchy / thoreau society

Gianfranco Franchi, aprile 2010.

Prima pubblicazione cartacea dell'articolo: Il Secolo d'Italia, 23 aprile 2010, pagine 1, 12, 13. A ruota, Lankelot.

Sull’edizione pianobista di una serie di scritti libertari di Thoreau…