EUT
2013
9788883034718
“Un porto tra mille e mille. Scritti politici e civili di Giani Stuparich nel secondo dopoguerra” [EUT, 2013], curato dallo storico giuliano Patrick Karlsen, classe 1978, è un appassionante florilegio di articoli e saggi brevi dell'intellettuale triestino Giani Stuparich [1891-1961], selezionati dopo una ricerca capillare e organica. Contiene interventi apparsi sui quotidiani «La Stampa» e «Il Tempo», e sui periodici «Epoca», «Il Ponte» di Piero Calamandrei, «La voce libera», «La nuova Europa», «L'Illustrazione italiana», «Mercurio», «L'idea liberale», «Il Giornale di Trieste», tra il 1945 e il 1961, anno della morte di Stuparich. Dal 1945, cioè dal momento in cui “tutto è da rifare, ma per l'antica, onesta strada della libertà” [p. 24], dove per “libertà” si intende la libertà dei popoli democratici e repubblicani, confederati, fino ai primi anni Sessanta, cioè nel momento in cui Trieste e tutte le nazioni orfane del “Mondo di ieri” di Zweig sognavano un nuovo inizio, cioè “che quel mondo, non spento del tutto, rinascesse in qualche modo dalle proprie ceneri” [p. 123].
Dalla “tradizione razionalista e riformista del socialismo asburgico” [Karlsen], protagonista del notevole saggio d'esordio “La nazione ceca” [1915] al sogno di un'Europa civile e federale, erede di uno “specifico umanesimo mitteleuropeo” [Lunzer], espressione forse di un “umanesimo di sapore universale” [Karlsen], ci accorgiamo che Stuparich fondava ogni sua speranza sull'Unione Europea che oggi stiamo faticosamente vivendo.
Stuparich credeva che “la storia d'Europa, nonostante le divisioni statali e nazionali, è storia unitaria” [p. 57]: e riteneva stesse ai cittadini del vecchio mondo “sentire, ma profondamente, complessamente, organicamente, che formiamo una comunità e che al servizio di questa comunità dobbiamo mettere le nostre energie migliori, i doni spirituali che ci siamo conquistati attraverso secoli di civiltà, le nostre caratteristiche capacità di lavoro” [p. 27]. Questo compito non dovremmo dimenticarlo nemmeno oggi, che l'Europa dei popoli confederati tanto desiderata da Giani e dai suoi sodali è diventata realtà. Una realtà piena di ombre e di debolezze, purtroppo: tanto grandi che la nostalgia per l'Europa asburgica è un sentimento sano, e più che comprensibile.
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Il repubblicano Stuparich vagheggiava una Trieste estranea a qualsiasi “teoria materialistica”, alla corruzione di qualunque “spirito mercantile”. Non voleva diventasse una “borgata d'ultimo piano”, domandava il suo fosse il destino d'una “grande città d'eccezione, con un suo alto compito nazionale da assolvere” [p. 79]. Trieste, scriveva, “è il centro spirituale d'una regione d'Italia a cui è affidato un compito straordinario. È una città dentro e fuori i confini d'Italia, esposta a tutti i rischi e i pericoli e assegnata fondamentalmente a se stessa” [p. 82].
Cosciente che il sacrificio della Grande Guerra era stato sensato, perché quella era stata una “guerra di rivendicazione e di giustizia” [p. 68], non poteva sopportare, nel secondo dopoguerra, la sorte dell'Istria, di Fiume e di Zara, ingiustamente assegnate alla Jugoslavia di Tito: “Trieste è un corpo solo con l'Istria”, scriveva nel 1954: “le sue vene si diramano per tutta l'Istria, da Fiume alle Isole del Quarnero, a Pola, su su fino a Buie, a Capodistria, a Muggia” [p. 100]. Trieste era stata mutilata: niente poteva compensare la tragedia della Giulia.
Stuparich piangeva “lo strazio di Zara”, la dolce Zara dalmata veneziana, città distrutta da assurdi, abnormi e immotivati bombardamenti alleati; deprecava “il suicidio di Pola e la tragedia di tutte le nostre belle città istriane, italiane fin nelle pietre” [p. 68], domandava comprensione e solidarietà agli inglesi e agli americani, perché separare Trieste dall'Istria era disumano. Già: Giani ripeteva “la nostra terra, la Venezia Giulia, staccata di nuovo dalla Madrepatria, è divisa e martoriata”. E non trovava pace se non nella malinconia. S'angosciava: “La realtà è che all'Italia è stata strappata con la forza una sua regione e per tre quarti consegnata alla Jugoslavia che ne ha fatto scempio. La documentata sopraffazione […] dovrebbe fare orrore alle menti e agli animi civili […]. Come possono mettersi la coscienza in pace certuni che criticano, giustamente, i metodi e i soprusi del passato fascismo e sorvolano, in certo modo scusandoli, i presenti metodi, anche più disumani, polizieschi e barbari, della dittatura titoista?” [p. 96].
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L'Italia che Stuparich sognava era quella che rinasceva “sulle orme di Garibaldi e di Mazzini, sulla linea di serietà e maturità di Cavour”: quella che attingeva “le sue ispirazioni dai grandi spiriti di Alfieri e Foscolo” [p. 29], quella figlia del sacrificio “di Nazario Sauro e di Gabriele Foschiatti” [p. 74]. E di suo fratello Carlo, e del suo grande amico Scipio Slataper. Quella che è rimasta nei libri, sogno letterario, giuliano e gentile. Ritrovarla a metà aprile 2013 è un'amara fonte di meditazione, sì. E una fragile, fragilissima, ma viva, fonte di ispirazione. Sempre.
EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE
Giani Stuparich (Triest, Austria, 1891 – Roma, 1961), giornalista e scrittore italiano, di madre triestina (Gisella Gentili) e padre di Lussino (Marco Stuparich). Iscritto all’Università di Praga, si trasferì assieme a Slataper all’Università di Firenze. Si laureò in Letteratura Italiana con una tesi su Machiavelli. Esordì pubblicando “Colloqui con mio fratello” nel 1925.
Patrick Karlsen ha conseguito il dottorato di ricerca in Storia contemporanea presso l’Università di Trieste; è stato borsista all’Istituto italiano per gli Studi Storici “Benedetto Croce” di Napoli. Si occupa delle culture politiche di Trieste e della Venezia Giulia nel Novecento e di storia del comunismo internazionale.
Giani Stuparich, “Un porto tra mille e mille”, EUT, Trieste, 2013. A cura di Patrick Karlsen. Prefazione di Francesco Peroni. Postfazione di Fabio Forti. In copertina, rare fotografie tratte dall'archivio della famiglia Stuparich. ISBN: 978883034718.
Approfondimento in rete: Stuparich in Wikipedia.
Gianfranco Franchi, aprile 2013.
Prima pubblicazione: Lankelot.
Appassionante florilegio di articoli e saggi brevi dell’intellettuale triestino Giani Stuparich [1891-1961],