Sellerio
1992
9788838908477
In principio c'è una camera dei bambini che sta cambiando: la vecchia tappezzeria, colorata e disegnata, lascia il posto a qualcosa di più sobrio e adulto. C'è il decimo compleanno di Martino, una festicciola alle porte, amichetti contenti di stare tutti assieme; qualcuno gioca ai “Severi Genitori”, altri si chiedono se a ventun anni si diventa grandi. Le donne prima, a diciotto: le sorelle maggiori hanno già dato l'esempio. Chissà a quanti anni diventeremo grandi davvero, si dicono i bambini. Ma ha senso diventarlo? Non è il caso di prendere provvedimenti e di continuare a essere bambini? Gli adulti sembrano infelici. E spesso non rispondono a certe domande sul loro stato d'animo per educazione. Martino, tutto a un tratto, esprime un desiderio.
Giorgio è un copy, adulto e cinico. Si dimentica di pagare la bambinaia, ogni fine mese, e vive una vita borghese e forse un po' dissoluta. Dice di essere uno che ne capisce molto di donne. È sensuale, stando a quanto dice la moglie. Non crede nella monogamia, in ogni caso. Ci sono quattro Giorgi, dirà una donna: il marito, il padre, il pubblicitario e il sognatore, incerto e fragile. Quella donna è la sua amante platonica. Un pezzo immenso e innocente della sua perduta identità, una parte della sua storia.
Un giorno, a Giorgio presentano il signor Martino, famoso artista. A Giorgio dà fastidio per quella sua aria allegra e spensierata. E poi non capisce perché vogliano che vada nella camera degli ospiti. Come se gli fosse appartenuta di diritto. Martino non sa cosa siano i complimenti. Non è niente affatto sensuale. Ha paura quando la gente gli parla. A volergli parlare, più spesso di tutti, è la moglie di Giorgio, Filli. Sente di amarlo. E poi, tutto a un tratto, Morley, lo scrittore del “Parnaso ambulante”, spezza l'equilibrio della narrazione. E per spezzarlo racconta la notte, e l'avvento del buio: così...
“Era buio, ormai: quel buio che cancella i peccati del mondo. Sotto quel morbido cono d'ombra, penzolante come uno spegnitoio tra le stelle, sono follia e incanto e disperazione: ma non peccato. Il giorno stava tornando a quella pura oscurità dove tutte le cose hanno inizio: al nulla da cui è venuto; all'inconscio che lo ha circondato. Il lungo, lungo giorno aveva compiuto il suo circolo. I suoi piani, i suoi schemi erano perfetti; le sue crisi e le sue sospensioni bellamente ordinate; ora l'oscurità lo incorniciava e il ricordo gli dava grazia. Fra due parentesi di luci, in alto e in basso, schernito da splendori d'orpello e impossibili desideri, un altro astuto microcosmo era completo” (p. 162).
Giorgio è Martino diventato grande: il libro di Morley si rivela una meditazione sul tema del doppio – non del sosia – e sulla natura delle differenze comportamentali e identitarie tra una e un'altra generazione. Il paradosso sembra essere che l'io cambia, e mutando si fa irriconoscibile: l'interazione tra il bambino e l'adulto è una congettura inverosimile e irrealizzabile, l'irritazione è reciproca e forse è bene che il segreto, come in una favola, venga svelato solo al piccolo ospite d'un “altro mondo” nelle ultime battute.
Scriveva Hugh Walpole, nella prefazione all'edizione inglese: “Dalla prima parola sino all'ultima noi siamo consapevoli della fatalità che incombe, del 'tuono a sinistra', così come deve essere in ogni serio studio della vita umana: ed è proprio questa consapevolezza che separa il mondo dei Grandi da quello dei ragazzi” (p. 8).
La scrittura di Morley è rimasta leggera e incantata come nel suo celebre “Parnaso ambulante”, e nel successivo, tenero ed elegiaco “La libreria stregata”. L'artista americano era un cantastorie semplice e intenso, capace di parlare al cuore di tutti con immediatezza e un pizzico di forse involontaria retorica. Ordinato e lineare nella stesura della storia, prevedibile ma senza perdere poesia e grazia, è stato plausibile fonte di ispirazione per diverse commedie giocate sulla falsariga di questa sua trovata (“Big” di Penny Marshall, 1988, con Tom Hanks, plagio poco dichiarato di “Da grande” di Franco Amurri, 1987, con Renato Pozzetto), rimaste fedeli alla narrazione dei contrasti sentimentali della vita erotica adulta, dell'anima bambina dei maschi, della loro difficoltà di orientarsi nel ruolo – nel corpo – dell'adulto.
Non si può parlare di romanzo fondamentale, né di libro destinato a cambiare la vita; nel caso di Morley, il libro che niente e nessuno cancella rimane quel Parnaso che in Italia continua a vivere una vita silenziosa e laterale, nel sottobosco della media editoria. Tuttavia, questo “Tuono a sinistra” si lascia sfogliare e interiorizzare come acqua fresca, convincendo per un po' a giocare a immaginarsi di fronte a sé stessi bambini. Una volta ci siamo giurati – è successo a tutti – di non cambiare mai. Ci siamo giurati, o ce lo hanno fatto giurare. Scommetto che nessuno ha mantenuto la parola. È più forte di voi, e non ci potete fare nulla. Soltanto, e al limite: letteratura.
EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE
Christopher Darlington Morley (Haverford, Pennsylvania, 1890 – Roslyn Heights, New York, 1957), giornalista, poeta e romanziere americano.
Christopher Morley, “Tuono a sinistra”, Mondadori, Milano 1940. Prefazione di Hugh Walpole. Traduzione di Enrico Piceni. Oggi reperibile in Sellerio, 1992.
Prima edizione: “Thunder on the left”, 1925.
Gianfranco Franchi, febbraio 2009.
Prima pubblicazione: Lankelot.