Tu, mio

Tu, mio Book Cover Tu, mio
Erri De Luca
Feltrinelli
2012
9788807880766

Si incendia il mare e si spengono le stelle; crepitando, le illusioni dell’adolescenza si disgregano e si confondono nel mare. Qualcuno potrà ritrovarle, confuse nella rete di un pescatore. Quel pescatore, sorridendo, le separerà dalle alghe e dai pesci, e le restituirà alle onde. Sono le illusioni dell’adolescenza del narratore; frammentate e corrose dall’incontro con l’amore, e dall’ascolto della voce di chi ha combattuto la grande guerra, e può pronunciare una parola, “niente”, come nessuno più potrà pronunciarla in futuro. Sprofonda l’innocenza nell’amore; come nei canti di Blake, si affianca all’esperienza; poi, s’accorge d’esser stata segnata, e di non avere più senso. L’innocenza ha avuto tempo e spazio; adesso, semplicemente, non è più. S’è impadronita d’un segreto rifugio nella memoria, però; e da quel rifugio ogni tanto canta, e quella voce è la prima poesia di Erri De Luca.

Questo splendido romanzo breve, “Tu, mio” è ambientato in un’isola del Tirreno, durante l’estate di un anno imprecisato, nel dopoguerra. Narrato in prima persona, descrive la prima, dolceamara e sconquassante intrusione della maturità nel disordinato spirito d’un adolescente; ed è dunque autentico romanzo di formazione, e del capolavoro ha il tratto distintivo per antonomasia, ossia, rappresenta ed esprime lo spirito di una generazione e di un tempo mediante il racconto della storia di un giovane uomo, e del suo microcosmo. In una società ferita e silenziosa, ancora piagata dal ricordo delle sofferenze e degli orrori della guerra, si assiste al lento ritorno alla serenità, in una quotidianità che tuttavia denuncia senza requie la difficoltà e il dolore del nuovo abituarsi alla vita: gli antichi alleati, i tedeschi, divenuti poi spietati nemici, sono oggi turisti e villeggianti. Presenze nient’affatto silenziose, testimoni dell’inferno che non si riesce ad allontanare dall’anima di chi ha conosciuto la guerra e sfidato la morte. Qualcuno ne intende la lingua; eppure, preferisce fingere di non capirla, perché non vuole più sentirla parlare in patria; ciononostante, egli non manifesta ostilità. S’allontana. Rifiuta.

Altri, i ragazzi, provvedono a fraternizzare con i coetanei tedeschi; senza difficoltà si trova l’intesa, perché in fondo si è nati nel momento della coscienza dello stesso orrore – quando ci si era giurati, tutti: mai più. Così, non è difficile riconoscersi cittadini d’una nuova Italia e d’una nuova Germania. Si rappresenta la speranza, perché ci si fonda sulla memoria: le pagine più tristi del passato sono maestre e madri, e non ammettono revisionismi. Ad un tratto, accade che uno di quei gruppi di turisti adulti intoni un inno nazista, ridendo e sbraitando; volgari iene di un passato assassino. E chi ha perduto la propria famiglia per mano degli assassini non resiste, e grida. E chi ha perduto i propri genitori è proprio la ragazza che ami, che pure mai potrai avere. È lei che ti dice suo: è amore di spiriti, puro e incontaminato. Fusione.

In quel momento non puoi scegliere. Devi intervenire e difenderla e aggredire chi non vuole smettere i panni dell’assassino; e mentre picchi, pensi che è la cosa più giusta che hai fatto in vita, e che non si può tollerare che accada qualcosa del genere in patria. Patria, pensi più tardi, accigliato, camminando per i vicoli: quale patria è, questa, che adesso ospita altri eserciti, come se la guerra non fosse mai finita? Dove si è perduta l’autonomia, e dove s’è nascosto l’orgoglio? (Perduto; venduto). Perduto; venduto.

L’amore, già. Una giovane ragazza rumena, che incontri per caso nel corso della sua unica vacanza estiva in Italia; ha un nome che non riesci a riconoscere, fatichi perfino a intenderlo, all’inizio: è che il suo vero nome appartiene ad un passato triste, e soltanto tu potrai pronunciarlo, quando avrai inteso il segreto dolore del suo spirito. Non ha genitori, questo solo si sa; del resto, di se stessa, della sua storia, lei non parla a nessuno. Quando vi siete incontrati, hai sentito un calcio nel sangue. Questo hai pensato, perché questo hai sentito. C’è forse l’intuizione dell’eternità, nel primo sguardo; dell’immortalità d’un sentimento, al di là della sua realizzazione; della purezza e della bellezza, e del desiderio più vivo e intenso. C’è forse, per pochi fortunati, la coscienza dell’irripetibilità di quel che è avvenuto, del momento in cui nella memoria si incastona un viso e il colore di un sorriso; vita che incontra vita, per sempre.

Che altro significa, in fondo, per sempre? Che nella memoria niente potrà scalfirti e nessuno potrà allontanarti da lei; che quell’istante in cui per la prima volta siete stati “noi”, pure tutto sogno e idea, è perfetto e immutabile. Il narratore, così, si immerge nell’incendio del suo mare; s’inizia al sentimento amoroso, e nel frattempo muove i primi, consapevoli passi nel mondo degli adulti. Naviga, e pesca, e affronta le prime ferite da pescatore; e, nel frattempo, impara il significato del silenzio, e del dolore, e incomincia a custodire nella memoria le ferite e i ricordi dei suoi maestri. Son tornati dalla guerra affranti e sconvolti; non vorrebbero più dirne niente. E così, ogni giorno, dopo ore passate a conoscere il mare e a indagare nella sua anima, attende d’incontrare lei, la rumena dal nome che lui solo sa pronunciare; bellissima, e distante. Fin quando lei on ritrova nei suoi occhi il passato: e capisce che lui è il giovane vecchio, straniero in patria, appena nato ad una vita che lo trascinerà via dalla sua terra d’origine. Quel giovane vecchio è uno spirito conosciuto. Un amore (delle forme d’amore, la più autentica e la più innata; ma non la posso annunciare, non voglio che intendiate, qui, per non svelare la magia).

Romanzo di singolare bellezza, e di grande poesia; è opera di profonda umanità, matura e certa coscienza storica e sociale e rara profondità d’analisi. I personaggi sono vivi: ne possiamo osservare spettri e ombre, possiamo gioire della loro solarità e innamorarci dei loro sogni. Lo stile è fluido e limpido; la narrazione cattura, tratteggiata com’è di luci d’alba impressionista e di tetre evocazioni di inferni. Mai incespica, De Luca, e mai si arresta: rallenta, oppure s’infiamma; crepita, e canta. Non è comune che un romanzo di formazione sia tanto breve; eppure, si ha la sensazione di respirare un’opera di indiscutibile grandezza; il lettore ritrova il profumo del mare e la luce delle estati, e le immagini e le sensazioni d’ingenuità e stupore dei primi amori, e dei primi confronti con la società che a quell’età dicevamo “dei grandi”; soprattutto, il lettore vede incarnato nel protagonista lo spirito di una generazione, davvero, e di una società che ha affrontato l’impegno della ricostruzione e sin dalle radici tremava di fronte al suo compito; se ne sapeva in grado, e si riconosceva e giurava adatta: ma temeva che le stesse radici fossero avvelenate. L’epilogo del romanzo non suggerisce nulla di differente; ma mi piace pensare ad un epilogo che sia fuoco del passato, dell’adolescenza, e tributo all’eterna memoria del grande amore, e della giovinezza. Sublime.

EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE.

Erri De Luca (Napoli, 1950), giornalista, scrittore, ex attivista di Lotta Continua, ex operaio edile, traduttore dall’ebraico (da autodidatta).

Erri De Luca, “Tu, mio”, Feltrinelli, Milano, 1998.

Gianfranco Franchi, 25 febbraio 2003.

Prima pubblicazione: ciao.com. A ruota, Lankelot.