Trick, storia di un cane

Trick. Storia di un cane Book Cover Trick. Storia di un cane
Fulvio Tomizza
Mondadori
1975
9788845225260

Uno capisce cosa voglia dire volere bene quando s'accorge di come un cane vuole bene alla sua famiglia. L'amore di un cane non conosce equivoco. Non accetta intervallo, non prevede limite. È assoluto – e irrevocabile. È una meraviglia: perché è totale. Un cane non dubita delle sue appartenenze, e non sa cedere al risentimento, e rifiuta ogni rancore. Appartiene, e ama. Appartiene, e abbaiando e ringhiando circoscrive e difende. Appartiene, e aspetta. E quando aspetta soffre e a volte smania; e quando ritrova festeggia, d'una gioia incredula e sempre nuova. E sempre vera. Quando uno ha capito – almeno intuito – cosa vive nel cuore di un cane, allora deve imparare a essere degno: deve volere bene come un cane, almeno al suo cane. Deve ragionare come un cane, almeno col suo cane. La storia raccontata in questo libro di Tomizza racconta quanto grande sia la generosità e la dolcezza dei cani, e quanto vigliacca e opportunista sappia essere l'umanità. Ma non manca un lieto fine, a consolarci. Non è un capolavoro, ma è una rarità nella produzione dell'artista di “Materada”. Questa è una buona ragione per tornare a leggerla, e per parlarne. Oltre alla storia dell'Astad – ma dell'Astad parleremo alla fine.

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1975. Tomizza dedica, per la seconda volta, un libro a sua figlia Franca [primo era stato “La torre capovolta”, raccolta di racconti e frammenti apparsa quattro anni prima, nel 1971]: si tratta di “Trick. Storia di un cane”, pubblicato, come tutti i precedenti, da Mondadori. È il nono libro di narrativa dell'artista umaghese, triestino d'adozione, ormai quarantenne; il primo a essere accompagnato da una serie di belle illustrazioni, firmate da Nadia Pazzaglia, e infine il primo con un cane come protagonista – il secondo sarà “La scoperta di Bild”, pubblicato postumo da Falzea, nel 2010, con le illustrazioni di Beata Malinowska.

Trama. Una coppia senza figli, Nino e Gemma, lui vignettista lei casalinga, a tre anni di distanza dal matrimonio non s'è arresa alla sterilità – e sogna, con sempre più malinconia, che succeda un miracolo, o che la scienza riesca a rimediare. Ma proprio in quel momento un incontro cambia la loro vita. È un cucciolo. Sulle prime si presenta mentre lotta con la bora e capitombola a tutto spiano, volenteroso e grottesco, nel cortile d'una villetta. È adorabile. È colpo di fulmine. Per mille lire, vale a dire due pacchetti di sigarette e un aperitivo – l'inflazione ci ha giocato strani scherzi, nel frattempo – il padrone rinuncia a tenerlo con sé, e il piccolo finisce tra le braccia di papà e mamma. In men che non si dica s'ambienta nella nuova casa e diventa parte della famiglia. Viene battezzato Trick, nome che ben s'adattava “al celere dietrofront e al completo irrigidirsi allorché veniva interpellato e più spesso redarguito” [p. 22]. Viene amato e trattato con grande tenerezza. In cambio dà tutto se stesso. Da vero cane. Ma qualche tempo dopo, succede l'evento tanto atteso e ormai insperato; la mamma rimane incinta, e la casa si fa troppo piccola per Trick e per un bambino. O forse, a dirla tutta, si fa piccina per i nervi della mamma, e per le casse della famiglia. E così, nonostante le resistenze del papà, un triste giorno finiscono per riportare Trick dal suo primo padrone, rinunciando con dolore alla sua presenza – scambiando quella rinuncia per un “franco benvenuto alla maturità, per la quale ogni evento comporta anche una rinuncia” [p. 38]. I sensi di colpa vengono smorzati dalla nascita del piccolo Aurelio. Ma torneranno. Torneranno.

È un periodo di crisi economica – siamo a metà degli anni Settanta – che sembra infestare ogni aspetto della quotidianità, in tutto il mondo; la famiglia di Nino ha grossi problemi con le banche, come spesso accade agli onesti. Nino perde il lavoro, e grazie a dio trova un ingaggio nel porto, da vero triestino. Passano gli anni, intanto, e la crisi non smette di mordere. Aurelio cresce, ha già sette anni, e un bel giorno in soffitta trova un collare. Quel collare non sembra tanto vecchio. E allora comincia a fare domande. E i genitori raccontano. E a quel punto, proprio come in una favola, siccome il bambino si sente in colpa per quel che è successo a Trick, e quasi piange, sarà proprio lui a convincere il padre ad andarlo a cercare – per restituirlo alla sua famiglia, scoprendo infine che negli anni Trick era stato capace di sorvegliarli e difenderli anche nell'ombra, di nascosto – fedele alla sua nobile anima, al suo cuore di cane.

In questo breve romanzo si stagliano, tra un'abbaiata e l'altra, delle buone descrizioni di Trieste; la città, da poco tempo, aveva iniziato a ispirare a dovere Tomizza, sostituendo o almeno affiancandosi, poco a poco, alla patria Istria. E questi tre passi raccontano come:

“L'appartamento era al secondo piano di una palazzina sul colle di Scorcola. Nei pomeriggi di sole i due giovani sposi erano come spinti a uscire di casa, arrampicarsi per l'erta lastricata di cubetti di porfido, appoggiandosi col fiato mozzo al passamano di ferro che scorreva lungo il muraglione per le giornate di Bora. Dopo un centinaio di metri di ardua salita, si trovavano nel fitto del boschetto di Villa Giulia, a riparo anche dalle casette costruite dagli angloamericani, in un intersecarsi di viottoli ghiaiosi con panchine quasi sempre deserte. Più avanti si dipartiva un sentiero ancora ripido […]. Era quasi d'obbligo voltarsi. La città si stendeva sotto, insolitamente larga, da Muggia a Miramare, fumosa e reboante, eppure raccolta e ferma davanti al vasto specchio d'acqua, come in un'antica stampa” [pp. 11-12].

Più avanti, notevole una descrizione del Porto Vecchio: “[...] seguitando fino ai binari morti si trovò all'uscita laterale opposta, di fronte ai magazzini del Porto Vecchio, uniti gli uni agli altri a formare un'ala quasi continua di palazzi dalle vetrate cieche e dal muro d'arenaria corroso dalle intemperie. Soprattutto nel disegno e nell'equidistanza dalle volte che tagliavano il cielo in perfetti riquadri, non mancavano d'un'eleganza propria a tempi in cui, anche nelle costruzioni non riservate direttamente all'uomo, l'utile non voleva privarsi del bello. Emanava dai silenziosi depositi austro-ungarici un sentore di nobiltà decaduta, indifferente al sottostante intersecarsi di binari più recenti e che lasciava immaginare una povertà nuda ma dignitosa. Invece i grattacieli, i capannoni, raccordi sopraelevati, sottopassaggi e persino chiese, eretti su tonnellate di cemento, parevano contribuire da sé a scatenare un'umanità decisa a tutto” [p. 53].

Infine, ecco l'ispirata e romantica la descrizione dell'Astad – Associazione per la Tutela dell'Animale Domestico: “Bisogna imboccare la strada per Prosecco e, al termine di un brusco rialzo, prendere la prima deviazione a destra. Si supera un passaggio a livello con le sbarre sempre levate ad attestare che quel binario seminterrato dalle piogge è da anni ormai un binario morto. Si apre una stradina in leggera discesa e serpeggiante fra due muretti a secco che bloccano la rigogliosa crescita di biancospini, rovi, cornioli e avellane. Insomma si è in campagna. In questo luogo aveva stabilito di fondare la propria opera una nobile donna senza marito nè figli, nata per rimanere sola e intrattenersi con gli esseri viventi assolutamente soli, forse delusa dai giovanili rapporti con gli uomini se, non brutta, non povera e non vecchia, aveva preferito votarsi a quell'asilo appartato, meditando a lungo sul motto di San Francesco - solitudo sola beatitudo - che s'era fatta incidere sul muro centrale[...]”

A questo punto, per scoprire cosa ne sia rimasto, quasi quarant'anni dopo la pubblicazione del libretto di Tomizza, si può navigare nel sito ufficiale, qui: http://astad.altervista.org/storia.php – ai tanti Trick del mondo farà piacere. È nelle cose.

EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE

Fulvio Tomizza (Giurizzani di Materada, frazione di Umago, Istria, Italia; 1935 – Trieste, FV-Giulia, Italia, 1999), scrittore e giornalista istriano. Esordì, come narratore, pubblicando “Materada” nel 1960.

Fulvio Tomizza, “Trick. Storia di un cane”, Mondadori, Milano 1975. Con cinque illustrazioni di Nadia Pazzaglia.

Prima edizione: Mondadori, Milano 1975. Quindi: Bompiani, 1995. Fabbri, 2000.

Approfondimento in rete: WIKI it

Gianfranco Franchi, aprile 2012.

Prima pubblicazione: Lankelot.

Omaggio ai cani e all’Astad – Associazione per la Tutela dell’Animale Domestico…