Sellerio
1977
9788838909245
“In fondo il lavoro più naturale lo fanno coloro che passano per sfaccendati: i poeti e gli artisti. Non dividono la giornata in lavoro e riposo, perché lavorano sempre, anche quando hanno l'aria di non far niente. Ed è per questo che i frutti del loro lavoro durano più degli altri. È per questo che la Terra, girando solitaria nella notte del tempo, spande un leggero chiarore, come una palla sfregata con un poco di fosforo” (p. 187)
… e allora eccoci nuovamente a caccia dell'essenza lirica delle cose, assieme al poliedrico spirito artistico di Alberto Savinio, emozionati dalla sua sensibilità e dalla sua dedizione a tutto quel che deriva, proviene e appartiene alle arti. “Torre di guardia” era il nome di una rubrica curata da Savinio per “La Stampa” tra il 1934 e il 1940; Sciascia ha raccolto buona parte di quelle pagine – escludendo quelle apparse nella “Nuova Enciclopedia”, con poche eccezioni, e quelle “macchiate” da un comunque perplesso apprezzamento per il fascismo: peccato, potevano rivelarsi affascinanti – e ha curato questa edizione Sellerio, 1977, raffinata da una pregevole introduzione di Salvatore Battaglia.
Cosa leggerete in “Torre di Guardia”? Notule, satirette e battute di discreto fascino e bello stile, d'argomento vario; dal costume all'estetica, dall'editoria alla musica, dalla politica coeva (ma con cautela, cfr. omaggio di Hitler alla famiglia di Nietzsche) allo sport. Sport? Savinio? Sì: si va dal bridge (eh...), salutato come invenzione rumena e non inglese, alle bastonate ai radiocronisti di calcio per i loro svarioni; si passa dall'elogio al “buon gigante” sconfitto, il pugile Carnera, alla commemorazione dell'inventore della ginnastica da camera, Moeller.
Savinio – come già accade in “Nuova Enciclopedia”, altra raccolta confezionata a posteriori – dà il meglio quando si concentra sulle etimologie, e sulla nascita delle parole; consapevole che “la scienza degli etimi è il luna park della filologia” (“Etimologia e freddurismo”, p. 23) si lascia andare e gioca. Formidabile, ad esempio, il brevissimo “Come nascono i nomi”, laddove scopriamo che Yucatan significa “Che cosa state dicendo?” e in via del tutto accidentale ha finito per diventare il nome di una terra; era semplicemente la risposta degli indi autoctoni alla (poco sensata) domanda degli Spagnoli appena sbarcati: “Come si chiama questa terra?”. Storiella stupenda, in ogni caso, e molto europea.
Ripetitive, rispetto alla “Nuova Enciclopedia”, ma non sgradevoli, le riflessioni sullo snobismo e sulle opere minori di Flaubert; sull'etimo della parola “nausea”, e sulla sua leopardiana adozione; sull'etimo della parola “tiranno” (concetto che davvero ossessionava Savinio: che sia segno d'una sua tremenda avidità di formaggio? Sospetto qualcosa del genere).
Questo librotto è completo di digressioni sulle arti figurative, con pagine dedicate al genio di Mario Sironi, per “equità” (“artista grave e potente”, “uomo volitivo, solitario, ritroso”, caro a Mussolini) e a quello, meno prevedibile, di Topolino. Topolino? Topolino. “La più umana tra le creature poetiche, la più benefica, la più 'civile'” (p. 59). Surreale – non a caso.
Pungenti le critiche alla fotografia (le manca la poesia, “manca alla fotografia il 'mistero dello sguardo' (…) La fotografia ha un occhio solo, e questo pure privo di movimento”, p. 136: “Fasti e nefasti della fotografia”); e poi, ancora, degne di menzione le pagine sulla notevole distanza culturale ed estetica tra Cinesi e occidentali (“Pericolo giallo”: all'anima cinese, scrive, manca il senso del destino).
Chi è affascinato dal Savinio compositore, qui incontrerà paginette sulla musica (“Einstein e Tolomeo”; “Surrealismo”, “Indelicatezza”, “Padre musico”, “Datti alla musica”) e addirittura sull'arte del campanaro (p. 91: “Consiglio al campanaro”. Memorabile). Potranno servire per stendere qualche nota a pie' di pagina, come minimo. Appuntatevelo.
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Riuscite e indovinate davvero le pagine sull'editoria e sulle patrie lettere d'antan, come in “Autopsia”, laddove Savinio deplora il fallimento della casa editrice Fratelli Bocca, e sugli ultimi anni delle loro pubblicazioni; ecco meditazioni sull'arte della tipografia e dell'impaginazione (p. 19), e sull'importanza d'una tipografia “semplice, chiara, amorfa” (p. 17), semplicemente a servizio del testo; ribadito il rifiuto assoluto (e sacrosanto) del taglio arbitrario dei testi, per esigenze di spazio o per gusto del redattore. Savinio scrive per ricordare che anche la filologia può essere un'arte, quando le si dia forma e armonia di proporzioni (p. 171); l'occasione è il commento a una nuova edizione delle Lettere di Platone. Si direbbe che la bellezza e la ricercatezza debba trionfare in qualsiasi espressione scritta: dovremmo addirittura – tutti – dar la caccia alle sgrammaticature che quotidianamente incontriamo nei giornali (“Postilla grammaticale”). Non stupisce leggere, insomma, a un tratto, una pagina dedicata alla “Potenza del Verbo” (p. 203). Il pensiero del Verbo deve essere stato magnificamente presente ad Alberto de Chirico, in ogni sua creazione; è troppo devoto alla parola per non esserne caduto preda. È avvenuto (e si parte dall'antica sapienza Egizia, guarda caso...).
Morale della favola: sì, “Torre di guardia”, proprio come “Nuova Enciclopedia”, si rivolge agli aficionado e agli studiosi di Savinio o della Letteratura Italiana del Novecento. Punto. Neofiti alla larga.
“Se le belle arti in Italia riuscissero oggi ancora a eguagliare lo stile della nostra civiltà alimentare, potremmo dire veramente di avere una grande arte” (AS).
EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE
Alberto Savinio, pseudonimo di Andrea Francesco Alberto de Chirico (Atene 25 agosto 1891 – Roma 5 maggio 1952), scrittore, pittore, saggista, critico, musicista, compositore italiano.
Alberto Savinio, “Torre di guardia”, Sellerio, Palermo 1977. A cura di Leonardo Sciascia, con un saggio di Salvatore Battaglia.
Prima edizione: La Stampa, 1934-1940.
Gianfranco Franchi, luglio 2009.
Prima pubblicazione: Lankelot.