Cosa lega l’ameno borgo istriano di Rozzo, il leggendario storico, filologo ed epigrafista tedesco Theodor Mommsen [Nobel per la Letteratura 1902, “massimo maestro vivente della scrittura storica”], e un altrimenti oscuro parroco sloveno, Don Golmeier, andato a predicare la “sua” civiltà in Istria con i suoi limitati mezzi educativi? Vi raccontiamo un’esemplare storia istriana di ormai un secolo e mezzo fa: avvenuta durante il secolo abbondante di amministrazione austriaca. Magari vi rivelerà qualche dinamica che la gente nostra denuncia, da tanto tempo, e vi racconterà lo spirito di certi nostri vicini.
L’augusto Mommsen era stato più volte in Istria, almeno nel 1857, 1862 e 1866, stando a quanto riferisce A.Cernecca [cfr. “Mommsen in lstria: i viaggi del 1857, 1862 e 1866”, Atti del CRS, Centro di ricerche storiche, Rovigno, vol. XXXVII, 2007, p.181-199]; Mommsen era venuto più volte dalle nostre parti in cerca di antichità romane [lapidi, tegole, lucernari, monete: tutto stuzzicava il suo interesse, non soltanto i monumenti eccezionali di Pola e Parenzo]. Fu così ad Albona e a Fianona, a Pola e a Montona, a Pinguente e a Parenzo, a Buie e a Capodistria, solo per nominarne qualcuna; e fu a Rozzo. Là reagì con stizza e con profondo malanimo alla notizia che parecchie, formidabili lapidi romane erano state distrutte o sfigurate da un parroco “oriundo della Carniola”.
Cosa era successo? Stando agli “Atti e Memorie della Società Istriana di Archeologia e Storia Patria”, Vol. IX, anno 1893. Tip. Gaetano Coana (Parenzo, 1894), “l’illustre storico tedesco l’aveva non poco coi preti carniolici venuti a predicare nell’Istria la nuova civiltà oltramontana: l’aveva, diciamo, specialmente dopo che un parroco di triste memoria «infelicis memorìae homo», un certo Golmaier, oriundo carniolico, e parroco di Rozzo, spinse il suo odio contro la civiltà latina al punto da sfogarlo sulle innocenti lapidi romane, e sotterrarne quante più potè nelle fondamenta della chiesa di S. Andrea fatta da lui riedificare”.
Cosa ci siamo persi, là a Rozzo come nei paraggi, per via della brutalità e della stupidità di chi distruggeva fascinose rimanenze della classicità “propter studia sua Slavica”, per dirla con le parole di Mommsen? Facile immaginare che si trattasse di qualcosa di particolarmente simbolico, di probabile forte impatto, di inequivocabilmente emozionante.
Abbiamo contattato la gloriosa SIASP, Società Istriana di Archeologia e Storia Patria, sorella maggiore dell’IRCI, perché assai più antica e quindi più prestigiosa; hanno avuto la gentilezza di condividere con noi questi due estratti dal Corpus Inscriptionum Latinarum, vol. V curato da Theodor Mommsen, evidenziando i giudizi dello studioso sul parroco Golmaier, “che aveva riutilizzato alcune lapidi romane in strutture murarie e altre aveva distrutto, sempre per reimpiegarle in edilizia”.
Mommsen, nell’introduzione alle iscrizioni del territorio di Piquentum, la nostra Pinguente, aveva detto di essere stato di persona da quelle parti e di aver apprezzato diverse iscrizioni romane; più ancora avrebbe potuto studiarne e interpretarne se quello sciagurato parroco oriundo della Carniola non avesse fatto gettare quante più lapidi possibile nelle fondamenta della chiesa di Sant’Andrea che stava facendo costruire. Non solo…
La SIASP ci ha riferito che, all’inizio della scheda 438, relativa a un’iscrizione trovata presso Rozzo, Mommsen precisava che era stata rinvenuta a Racizze, presso Rim/Roma, ai piedi del colle di Rozzo e poi fatta trasportare a Rozzo dal famigerato Golmaier. Là, tempo dopo, era stata recuperata dal prefetto di Rozzo dal corpo di fabbrica della chiesa.
Se vi siete appassionati a questa vicenda, oltre a deplorare l’uso balcanico di sfigurare o cancellare la storia millenaria delle nostre terre, potete andare a consultare ciò che è stato difeso dalla cattiveria e dalla stupidità dei varii Golmeier di tutte le epoche. Come e dove? Nel favoloso sito www.edr-edr.it/ – basterà cliccare su “ricerca”, là nel menu a sinistra, e poi su ‘ricerca avanzata’ nella pagina successiva.
A quel punto, nel campo “Locus inventionis”, cioè luogo di ritrovamento, scrivete “Istria” o quel che più vi diverte e vi stuzzica. Gli amici della SIASP ci hanno anticipato che le epigrafi superstiti sono per lo più funerarie e riguardano, tendenzialmente, istriani romanizzati. No, all’epoca non c’erano “oriundi della Carniola”, loro sono apparsi attorno al VI-VII secolo d.C. – ma questa è un’altra storia.
Mommsen. Corp. inscr. lat. V, 45: “Regionem hanc alpestrem et infrequentem ipse nuper adii titulosque quos potui inspexi, multo plures visuros, nisi infelicis memorìae homo Golmaier parochus ex Carniolana provincia oriundus propter studia sua Slavica in ipsos aetatis Romanae lapides grassatus, eorum quos posset in fundamenta ecclesiae suo iussu fabricatae s. Andreae obiecisset”.
Gianfranco Franchi, 19 gennaio 2021.
Prima pubblicazione: pagina fb IRCI