Teoria e tecnica dell’artista di merda

Teoria e tecnica dell'artista di merda Book Cover Teoria e tecnica dell'artista di merda
Claudio Morici
Valter Casini
2004
9788888807881

In Italia si finanziano solo ricerche che hanno un obiettivo prefissato (pensano di risparmiare, di ottimizzare). Questa non è vera ricerca. Non puoi cercare qualcosa di nuovo quando sai già cosa vuoi trovare: è un paradosso, non scopri niente. Per fare ricerca seria devi finanziare persone che cercano senza sapere cosa stanno cercando: si parte da fenomeni incomprensibili quanto interessanti e si vede che succede. La penicillina l’hanno scoperta così. Per l’arte è uguale: in Italia hanno già in mente quello che vogliono e quando lo trovano lo producono. Non esiste nulla di così debole. Il nuovo Wallace. I Placebo italiani. Sonorità d’oltreoceano. Il disagio giovanile. La controcultura. Il fascismo, il comunismo. L’anti-Carver. Abbasso Berlusconi. I film che non ti fanno dormire la notte. La vera arte e la finta arte. La nuova ondata di astrattisti. Le realtà indipendenti. Il campione d’incassi di quest’estate” (introduzione, p. 13)

e allora accogliamo con entusiasmo questa antologia, curata dallo “psicologo pentito” della letteratura italiana, Claudio Morici: diciannove testimonianze di artisti costretti a inventare e re-inventare la loro esistenza ogni giorno, a dispetto del loro talento e della loro intelligenza; è una parata di sfortune, storture, rovesci della sorte, piccole affermazioni e amarezze. È un libro-manifesto d’una generazione di artisti, costretta a cristallizzare la bohème e ad accettare flessibilità, precariato e sotto-occupazione a oltranza: si racconta di laureati in Lettere ghettizzati in un call center, di romanzieri segregati in agenzie pubblicitarie dall’alba alla notte, di attori diplomati all’Accademia d’Arte Drammatica che si ritrovano a vivere l’esperienza zen della consegna delle pizze a domicilio, di scrittori estenuati dalla convivenza coatta in una stanza con coinquilini nevrotici o psicotici, di un pittore che diventa papà e deraglia.

La ricerca di Morici cosa sta andando a dimostrare? Che la dissociazione che gli artisti della nuova generazione vivono quotidianamente, tra una indesiderata attività lavorativa volta alla sopravvivenza e una ideale, e spirituale, che pretende dedizione, sacrificio e lettori o spettatori o ascoltatori – e sempre meno ne trova – sta originando un nuovo ruolo: quello dell’artista di merda, stravagante e incomprensibile per le famiglie e, in generale, per la maggioranza assoluta della società; ma non per i suoi simili. Renitente all’integrazione nel sistema, se non a prezzo della distruzione della sua personalità artistica: l’integrazione s’ammette solo a condizione che sia provvisoria, episodica ed economicamente sufficiente a poter tornare sull’antica e amata strada della sperimentazione e della ricerca. “Se non ci fossero gli artisti di merda qualcosa di importante non esisterebbe più. È per questo che si passano la fiaccola da millenni. O meglio, si danno fuoco e si passano il fuoco buttandosi contro la gente, oppure l’uno contro l’altro. Quella luce deve rimanere accesa, sempre” (p. 15).

Morici ha campionato l’esperienza di attori, scrittori, pittori, net artist e via dicendo, assemblandole in sei capitoli emblematici: “L’artista di merda fa il doppio lavoro”, “L’artista di merda è in servizio 24 ore su 24”, “L’artista di merda ruba”, “L’artista di merda è di Moda”, “L’artista di merda non è un genio incompreso”, “L’artista di merda è invincibile”.

Per quanto concerne struttura del libro e stile e tono dell’introduzione, vale quanto scrivevo a proposito dell’esordio dello scrittore romano, “Matti slegati”: la sua acutissima sensibilità conosce uno scudo: l’ironia. Un’ironia che allevia e mitiga l’impatto di eventi, sentimenti o esperienze troppo dolorose da poter essere descritte: un’ironia che esorcizza il male e sostiene il ricercatore nei momenti di più lancinante malinconia. Ma non è un’ironia volta a mistificare gli eventi: l’impressione netta è quella d’assistere, in più d’un frangente della narrazione, a una fedele registrazione dello stato e della condizione dei “pazienti”. In un certo senso, Morici è rimasto dottore della psiche: coordina l’espressione di anime sofferenti o sbandate o frustrate e dà loro dignità e solidarietà e colore, testimoniando la loro esistenza. Questo libro ne è segno.

Si riesce a sorridere e ci si diverte, illudendosi che il filtro letterario ci possa distanziare da quel che – invece – è semplicemente vita vissuta. E non deve essere stato piacevole, né sempre divertente viverla così. Mi guardavo dentro, leggendo, e pensavo a quel che – nonostante la mia estrazione borghese – ho vissuto in questi anni, pur di non abbandonare la ricerca e la sperimentazione letteraria: è grottesco pensare a quante piccole esperienze lavorative si siano succedute, tendenzialmente senza nessun riconoscimento economico, e a quanto ognuna di queste avventure abbia cercato di viverle traendone un senso o un significato che potesse essere almeno conciliato con l’arte. Tutto doveva essere letteratura: lavorare nella portineria della facoltà e parlare di musica alla radio, archiviare volumi nelle biblioteche e sistemare il software antivirus e antitrojan di un ufficio di marketing. Scrivere didascalie o progetti da far finanziare: dare lezioni di materie che non amavo o promuovere qualcosa nelle librerie. Infine torni a casa e stramazzi sulla scrivania: vorresti cominciare a vivere, scrivendo o leggendo, e non t’accorgi che hai scritto o letto tutto il giorno. Negandoci di vivere dell’arte cui apparteniamo, il sistema va pericolosamente infilandoci in ambiti in cui non dovremmo esternare eccessiva creatività: siamo un cortocircuito imprevisto, una variabile impazzita.

Ragioni per leggere questo libro: è intelligente, rappresentativo, emblematico dello spirito d’una minoranza della nostra generazione ed estremamente ironico, nonostante la gravità e la drammaticità dell’argomento.

Ragioni per apprezzare Morici: continua a sorprendere e disorientare e spiazzare i suoi lettori, pubblicazione dopo pubblicazione. È uno scrittore eclettico e atipico: una delle più grandi promesse della nostra letteratura.

Il libro contiene le testimonianze di Marco Andreoli, Andrea Carbone, Miriam Bendia (due), Cristiano De Majo, Chiba, Stefano Buonamico, Gianluca Gigliozzi, Evian, Stefano Lentini, Matteo Galiazzo, Marco Mario De Notaris, Maurizio Guarini, Filippo Bellissima, Gianfranco Marziano, Luca Tombolini, Guido Visentin e Pino Boresta.

Fatevi un regalo e andate a ordinarlo in libreria. È destinato a essere discusso, nel tempo. Adesso va goduto, sfogliato, memorizzato e interiorizzato.

EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE

Claudio Morici (Roma, 1972), romanziere e net artist italiano.

Laureato in Psicologia Clinica con una tesi intitolata “Fenomenologia esperenziale del sognare lucido” (pubblicata in “Sogni Lucidi”, a cura di Fabrizio Speziale, Edizioni Il Punto d’Incontro, Vicenza, 1999), ha lavorato per due anni in diverse comunità terapeutiche, prima di cambiare lavoro. È stato direttore dei contenuti del sito d’arte indipendente www.gordo.it. Ha esordito con il romanzo “Matti slegati” nel 2003.

Claudio Morici, “Teoria e tecnica dell’Artista di Merda”, Valter Casini Editore, Roma 2004.

Gianfranco Franchi, febbraio 2005.

Prima pubblicazione: Lankelot.

Diciannove testimonianze di artisti costretti a inventare e re-inventare la loro esistenza ogni giorno, a dispetto del loro talento e della loro intelligenza; è una parata di sfortune, storture, rovesci della sorte, piccole affermazioni e amarezze.