Suicide Blonde

Suicide Blonde Book Cover Suicide Blonde
Darcey Steinke
Meridiano Zero
2007
9788882371463

È il libro della confusione sentimentale, dell’identità pulviscolare, di trasformazioni, travestimenti e metamorfosi giocati per modelli precari e in ogni caso fallimentari. È un’opera che si fonda sulle varianti dell’amore e della sessualità, testimonianza ondivaga della possibilità di essere solo aderendo all’altro da sé; è un precipizio, quello dell’io narrante, per un cunicolo di specchi: sino alla distruzione d’uno specchio – e questo emblematico epilogo non è quello che si poteva intuire dal titolo, se non in senso lato. È il secondo romanzo di Darcey Steinke, pubblicato in patria nel 1992; “Suicide Blonde” succede, in Italia, a “Salvami”, già pubblicato da Meridiano Zero.

Stilisticamente l’opera tiene: la traduttrice ha mantenuto vivo il respiro torbido, ossessivo e deprimente dello sviluppo delle vicende di Jesse, la protagonista; è in un certo senso un romanzo di de-formazione, di distruzione d’un’esistenza congetturata per speculazioni e ripetizioni su un modello. Non so quanto queste labirintiche adesioni all’altro significhino nei termini del rifiuto della consapevolezza, della responsabilità, della coscienza dell’identità: so che senza dubbio contribuiscono con efficacia a suggerire che finalmente io è un altro, e che probabilmente io esiste sin quando altro è. Dal momento in cui s’infrange lo specchio, il desiderio non può che virare altrove.

Jesse è una donna che non capisce “dove finisci tu, e dove cominciano gli altri” (p. 179) e questa, le dirà lo spettro di carne del suo perduto amore, è una cosa pericolosa. Jesse infatti è sua madre, che cerca di farsi bella per riconquistare il marito, ed è sua madre che si compiange per la decaduta bellezza, per la perduta armonia. Jesse è la misteriosa e bugiarda Madam Pig, altra donna sfiorita: è la sua ricerca d’una figlia-amante smarrita, e la sua paura della corruzione del suo aspetto. Jesse è il suo compagno Bell, confuso tra l’omosessualità e l’eterosessualità, innamorato d’un’idea incarnata nella sua vita troppo tempo prima. Jesse è Madison, l’oggetto del desiderio di Madam Pig, spogliarellista, puttana e drogata, cinica e cruda. Jesse è un corpo che si concede con facilità: perché capisce solo le esperienze vissute dagli altri, è in un certo senso un contenitore. Una confezione, una struttura morbida. Una porta sempre aperta.

Si comincia con una tintura di capelli, a 29 anni: nel pieno della paura per la fine d’un rapporto che sembra inevitabile, nel sogno che il modello vincente dei capelli biondi cambi le cose. Si procede per paura del tradimento, una paura necessaria a tenersi vincolati al padrone della propria identità. S’avanza per snaturamento costante e continuo, per rinuncia all’indipendenza, per prostituzione allegorica e letterale di sé stesse. Si termina con un dramma, che sembrava già scritto nelle prime battute. Jesse s’è sempre voluta sentire diversa e distante da tutti (p. 57), curiosamente pensa che sia così per ogni persona che ha incontrato. L’unico risultato è che Jesse è stata diversa e distante da sé, assumendo volti e ruoli volta per volta nuovi. Refrattaria al coraggio, è una spugna. Assimila e assimila, non si confronta ma si espone. È un oltraggio all’io. Non mancano puntuali e complete descrizioni di ogni singolo episodio erotico, talmente minuziose da far pensare a relazioni tra uomini (e donne) e una bambola, che prova dolore o piacere ma se ne frega: tutto passa. E ama l’unico che non può avere, perché è omosessuale.

Darcey Steinke analizza il suo personaggio senza nascondere ambizioni d’introspezione psicanalitica, servendosi delle sue esperienze sessuali in maniera strumentale e funzionale. Ne sgretola la prevedibilità, cancellandone la volontà. Direi, per queste ragioni, che al di là della lettura letteraria dell’opera le prospettive più interessanti potrebbero essere e saranno sociologiche, psicologiche, femminine in generale. Perché, in ultima istanza, il talento autentico di questo libro è quello d’essere un altro specchio – deformante certo, e incubotico – delle nostre vite: delle nostre vigliaccherie, delle nostre convinzioni e delle nostre scelte. Quanto consapevoli, quanto necessarie, quanto nostre? Quanto vere?

EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE

Darcey Steinke (Oneida, New York, 1963), scrittrice e saggista americana. Ha esordito pubblicando “Up Through The Water” nel 1989.

Darcey Steinke, “Suicide Blonde”, Meridiano Zero, Padova 2007. Traduzione di Silvia Rota Sperti.

Prima edizione: “Suicide Blonde”, New York: Atlantic Monthly Press, 1992.

Gianfranco Franchi, giugno 2007.

Prima pubblicazione: Lankelot.