Solaris

Solaris Book Cover Solaris
Stanislaw Lem
Mondadori
2003
9788838929106

Puoi dunque capire che devono esistere delle cose, delle situazioni…tali che nessuno ha mai avuto il coraggio di realizzarle, al di fuori della propria mente, in un momento di follia, di aberrazione, di pazzia, chiamala come vuoi. Dopo di ciò, il verbo s’incarna. Ecco tutto”. (S.Lem, “Solaris”, cap.VI)

Notizie dal futuro. Il giovane dottor Kelvin sta viaggiando dalla terra verso la stazione di Solaris. Nella stazione deve incontrare il suo mentore, il dottor Gibarian, un cibernetico, il dottor Snaut, detto “Topo”, e lo scienziato Sartorius, già da qualche anno attivi nella stazione di ricerca. Il pianeta Solaris, scoperto da circa cento anni, è in via di esplorazione da diversi decenni. Il pianeta gira attorno a due soli, uno rosso e uno azzurro. Inizialmente, gli scienziati ritenevano che ogni forma di vita su Solaris fosse distrutta sul nascere dalle radiazioni termiche o dal freddo glaciale. In realtà, si è ormai appurato che il pianeta è provvisto di una forma di vita, pur limitata a un solo, gigantesco organismo: l’oceano. Si discute da tempo, nelle sedi accademiche: i biologi ritengono che l’oceano di Solaris sia un corpo primitivo, una singola cellula fluida di dimensioni planetarie. I fisici ritengono che sia una struttura perfettamente organizzata, superiore, per complessità, agli organismi terrestri: una “macchina plasmatica”, priva forse di vita, ma capace d’intraprendere attività utili su scala astronomica.

Quel che Gibarian, Snaut e Sartorius hanno invece scoperto è ben più profondo e complesso, come scoprirà Kelvin: l’oceano riesce a leggere nella mente dei ricercatori, e si incarna in forme umane, rapite e ricostruite dalla memoria degli stessi ricercatori. La forma umana prescelta è pertanto sempre differente: nel caso di Gibarian sarà una splendida e scultorea Venere nera, nel caso di Snaut e di Sartorius qualcosa di talmente privato e vergognoso da dover rimanere segreto agli occhi del resto dell’equipaggio. L’oceano si insinua nelle pieghe più segrete delle menti degli scienziati, e offre loro l’incarnazione di un desiderio inconscio, o di un incubo; di una perversione, o di una ossessione. Queste creature nate dall’incontro empatico dell’oceano con la psiche dei ricercatori sembrano essere immortali: le loro ferite si rimarginano in fretta, il sangue si coagula rapidamente, non esiste modo di liberarsi di loro: pure se sparate nello spazio con un razzo, entro qualche ora tornano ad apparire al fianco del loro “compagno”. Prive della memoria di quel che è accaduto in precedenza: confuse e intimidite, fondamentalmente prive di coscienza di se stesse, fedeli parossisticamente alla loro missione: esistere ed essere vicino al loro involontario co-creatore.

Quando Kelvin approda nella stazione incontra un ambiente del tutto differente da quel che si aspettava: i ricercatori vivono reclusi nelle loro cabine, e del suo mentore, Gibarian, non c’è alcuna traccia. Il clima è torbido e angoscioso: l’unico a voler comunicare con Kelvin sembra essere Snaut, che pare spaventato e sgomento e dialoga spezzettando le frasi come un ossesso; sembra voler anticipare quel che accadrà a Kelvin, cerca di raccontare quel che è loro avvenuto in precedenza, ma spesso si arresta dubitando dell’identità del suo interlocutore: Kelvin è quel che dice di essere o è l’ennesima straordinaria incarnazione di quell’oceano empatico? Snaut, in sostanza, appare a Kelvin in grave confusione mentale; non dice nulla in proposito della sorte di Gibarian, si limita a prendere tempo, in attesa di vedere quel che accadrà al nuovo arrivato.

L’oceano di Solaris investiga nella mente di Kelvin, e restituisce alla vita la sua ex compagna, Harey, morta suicida dieci anni prima, dopo essere stata abbandonata da lui. D’un tratto, Kelvin si trova a pochi passi dal suo perduto amore: dapprima ritiene d’essere in dormiveglia, quindi s’accorge che, se d’allucinazione si tratta, è allucinazione estremamente reale. Harey è tornata: e non ha memoria di quel che le è accaduto, non ha memoria del tempo trascorso: solamente, siede vicino a lui, innocente e come spaventata, incerta della sua stessa esistenza. Orfeo ritrova l’ombra di Euridice: e, dapprincipio, non sa e non può accettarlo, e rifiuta quel che sta avvenendo.

L’oceano sconfigge allora la morte, e restituisce i sogni perduti ai ricercatori? L’oceano sta tentando di comunicare con gli scienziati, mostrando loro d’essere in grado di poter dare vita ai desideri, alle ossessioni e ai rimpianti del loro animo? Oppure l’oceano cerca di infestare la psiche degli scienziati, mostrando loro quegli spettri e quei demoni che rimanevano a popolare i loro sogni, in segreto? Kelvin è confuso e scosso: non può accettare, razionalmente, quel che sta avvenendo: pure si trova di fronte a quel che giudicava impossibile, al ritorno della sua compagna dal regno dei morti. È davvero Harey, quella creatura? Si può tornare sui propri passi, allora, e cambiare il passato, e sconfiggere la morte?

Da questo punto in avanti si svolge la trama del romanzo, tra le ricerche di Kelvin e gli esperimenti dei tre scienziati: già, perché del quarto, Gibarian, si scoprirà ben presto la sorte; rinuncia alla vita, apparentemente. Se giudicassimo questo libro come un semplice romanzo di fantascienza peccheremmo di superficialità: questo è un romanzo dai fascinosi simbolismi e dalle raffinate speculazioni filosofiche, è intriso di esistenzialismo e di considerazioni sul senso e sul significato stesso della ricerca scientifica. Non è dunque un’opera di genere: è un vero capolavoro d’arte letteraria. Possiamo leggere “Solaris” come una allegoria dell’avventura dell’intelligenza umana: che, nella ricerca spaziale, va in cerca di nuove civiltà e nuove culture, e rischia sempre di voler trovare se stessa: uno specchio di quel che essa stessa è, e non una “alterità”. Potremmo asserire che è allegoria dell’avventura dell’intelligenza umana, in assoluto: giudicando dunque soltanto contestuale, e non paradigmatica, l’ambientazione spaziale. In tal caso, saremmo portati a ritenere che l’esito finale della ricerca sembra essere l’opportunità di presentare di fronte ad un uomo la sua ombra, o lo spettro delle sue angosce: esito certamente schizoide, annuncio d’una scissione di personalità e d’una re-definizione dell’identità.

Potremmo leggere “Solaris” come racconto d’amore tra i più disperati e i più romantici della Letteratura del Novecento: storia di un uomo che si trova, attraversando la conradiana linea d’ombra della sua vita, ad affrontare l’incarnazione del più grande rimorso e del più grande rimpianto della sua stessa esistenza. Isolato in una cabina d’una stazione orbitante su un pianeta misterioso, Kelvin affronta se stesso e l’ombra del perduto amore: mai più, da quando lei è morta, si è legato ad altra donna: ha atteso di superare il dolore e di sconfiggere la memoria, invano. Storia d’amore, dunque, di Kelvin e Harey: ma è l’ombra di Harey, o lo spettro di Kelvin, o l’empatia di un misterioso oceano a dare vita all’impossibile ritorno di Euridice dal regno dei morti.

Stilisticamente pregevole, il romanzo si contraddistingue per una fedele aderenza ai ritmi del parlato nei dialoghi; qualche tratto è probabilmente troppo ostico per chi non è almeno alfabetizzato delle nozioni di chimica, biologia e fisica: a loro va lo stesso consiglio che ho dato a me stesso, mentre mi sobbarcavo l’impegno di decifrare quelle pagine: pazientate, perché sono frammenti, il romanzo ha ben altro respiro ed è davvero una pregevole creazione letteraria, accessibile per tutti, e godibile per ciascuno di noi. Per quanti fossero invece appassionati o studiosi di scienze, questo romanzo rappresenta una lettura semplicemente imperdibile: quelle sezioni rappresentano uno splendido plusvalore.

A ogni scienza non manca mai di affiancarsi una pseudoscienza che ispira strane distorsioni nelle menti di un certo tipo; l’astronomia ha nell’astrologia la sua caricatura, la chimica l’aveva nell’alchimia, ed era inevitabile che la nascita della solaristica fosse accompagnata da una vera alluvione di elucubrazioni aberranti”. (S.Lem, “Solaris”, cap.VI).

EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE.

Stanislaw Lem (Leopoli, Lwów, città allora polacca e oggi ucraina, 1921 – Cracovia, Polonia, 2006), scrittore polacco.

Stanislaw Lem, “Solaris”, Mondadori, Milano, 2003. Traduzione di Eva Bolzoni.

Gianfranco Franchi, marzo 2003.

Prima pubblicazione: Lankelot.