Laterza
2004
9788842074618
2003. L'estate più calda della storia romana (dopo quella del 1765) è il principio del viaggio – della discesa nei sotterranei, nelle segrete di Roma – del letterato Emanuele Trevi, classe 1964, ferito dalla morte di un amico scrittore, Pietro. È il suo libro: è il libro dell'eternità del ricordo di un vecchio amico. È un'estate romana malinconica e tutta d'amarcord. Trevi s'incarica di affrontare una piccola discesa agli inferi per restituire luce e dolcezza a una persona perduta. Splendido gesto.
Incipit: basilica di San Clemente, a studiare il tempio di Mitra e riscoprire le prime incisioni in volgare (Gosmar e Albertel: traite, fili dele pute): meditazioni sulla nascita della lingua italiana, sulla bizzarra sorte dei personaggi dell'affresco, sulla presenza episodica di grappoli di turisti d'aspetto bovino, sulla tremenda solitudine di chi sente, a volte, il rumore dei propri passi in uno spazio dimenticato da tutti. Intanto, Trevi soffre per la fatiscenza della sua casa, per l'invasione delle blatte (ah, Landolfi) e per un'invincibile (si direbbe irrimediabile, letterati e letteratura a parte) solitudine. Si iscrive a un corso di Tai Chi (esperienza fallimentare) e – post trasloco – continua a cercar pace nascondendosi dall'afa (e da Roma...) nei sotterranei della basilica o nelle lugubri sale climatizzate della Biblioteca Nazionale; e gioca a riconoscere casa – appartenenza – in un gomitolo di strade, dalle parti di via Merulana (sui passi di Stendhal): decifrando (indovinando) la psicologia dei palazzi, salutando l'edicolante (e la sua storica bottega) e descrivendo, con gusto impressionista, le fronde degli alberi nei pressi dei chioschi dei giornali. È una città in cui “destini avversi e caratteri inconciliabili vivono gomito a gomito” (p. 56): e tutto a un tratto sembra proprio come se “lo spazio del mondo, per lui, si fosse ridotto a un numero limitatissimo di percorsi obbligati, un sistema di gallerie scavate con fatica dentro un terreno compatto, impenetrabile, quasi totalmente inconoscibile” (p. 49): in questo frangente attribuisco al narratore quel che lui attribuiva al suo amico letterato (fuori dal mondo, e non ci stupiamo) Pietro. Sospetto che di sé stesso stia parlando. Succede.
Reminiscenze letterarie di primo livello: “Daisy Miller” di James (morta di malaria per aver passato una notte nel Colosseo, a guardare la luna, al fianco di un pappagallo capitolino); “Ubik” di Dick (per la tristezza polverosa, insostenibile); la bibliografia sulle “viscere di Roma”, da Bosio a Gide (p. 31 e ss.); “I sotterranei del vaticano” di Gide; la Arendt su Benjamin; citazioni tratte da Pynchon e Foster Wallace; “Lo spazio sfinito” di Pincio. Bibliografia in appendice, per quanti volessero scandagliarle.
Reminiscenze letterarie discutibili (amicali): Il Reverendo Cooper (“Sesso estremo”) e le sue territorial pissings. Esecrabili oggi come allora.
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“Non c'è niente da insegnare, non si può davvero insegnare altro che se stessi, così come non c'è nient'altro da imparare che la singolarità umana, le innumerevoli e sconcertanti possibilità di forma espresse dalla vita” (p. 93).
EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE
Emanuele Trevi (Roma, 1964), giornalista, critico letterario e scrittore romano. Collabora a “Il Manifesto” e “La Repubblica”.
Emanuele Trevi, “Senza verso. Un'estate a Roma”, Laterza, Bari 2004. In appendice, bibliografia e ringraziamenti; inserto fotografico “Colpi d'occhio”.
Gianfranco Franchi, maggio 2009.
Prima pubblicazione: Lankelot.
Discesa nei sotterranei, nelle segrete di Roma – del letterato Emanuele Trevi, classe 1964…