Se fossi fuoco, arderei Firenze

Se fossi fuoco, arderei Firenze Book Cover Se fossi fuoco, arderei Firenze
Vanni Santoni
Laterza
2011
9788842097679

Personaggi precari, improbabili, quotidiani; sconnessi, evanescenti e atipici, irregolari e fiacchi; disintegrati, dissociati e non sempre di malavoglia – in pieno stile Vanni Santoni. Lo scrittore fiorentino, classe 1978, rimane fedele alla sua letteratura (“Personaggi precari”, 2007; “Gli interessi in comune”, 2008) e dà vita a una nuova sequenza di ritratti e sketch d'una contemporaneità sull'orlo del collasso; contesto comune a tutti i microcosmi, la Firenze dei giorni nostri. Come già in passato, Santoni mostra una grande sensibilità nei confronti dei tempi e dei ritmi e del colore del parlato, e una facilità incredibile nella rappresentazione del dialetto. “Se fossi fuoco arderei Firenze” [Laterza, 2011] è il terzo libro dell'artista e performer toscano; appare nella divertente collana “Contromano” che ha già ospitato un mezzo must come “Il tai e l'arte di girovagare in motocicletta. Friuli on the road” di Flavio Santi e “Hotel a zero stelle” di Tommaso Pincio. Santoni ha scelto di raccontare il suo territorio con un approccio scanzonato e irriverente, preferendo fare di Firenze un fumetto. E tuttavia, in questo suo giocattolino angioliero, non mancano episodi di poesia. Questi: via dei Serragli; “di giorno è una città a parte, ferve di traffico e vita più della città reale lì dietro, e alla notte, quando le botteghe sono chiuse e nel suo senso unico non passa che qualche presenza a bordo muro, diviene una quinta” [p. 55]. E più avanti “eccola, tra le più alte foglie, lattea e lucente san Miniato al Monte, riflesso d'oro e di marmo, sogno di un Cristo pantocratore, che la chiama dalla sua rocca come un faro o un'idea” [p. 146].

E poi Porta Romana, una delle poche conservate con dignità: “[...] quella porta alata che è una delle poche che ancora mantiene un'aura liminale, che sancisce un'effettiva uscita dalla città” [p. 111], ed ecco Borgo Pinti: “[...] adesso può attraversare borgo Pinti e le sue sorelle che da essa dipartono, via dell'Oriuolo, borgo Albizi, la stretta e muta via dei Pandolfini, la bocca ridente di via Ghibellina, ma soprattutto borgo Pinti, che quando torno a casa alla notte è un fiume che scorre in dolci curve, fresco umido fiume dagli argini boscosi – quanti cortili, e giardini, nasconde dietro le sue mura?” [p. 100].

E ancora un ultimo assaggio; via degli Artisti: “... che poi è una via umile, in cui spicca solo lo studio di Moschi, una specie di officina o stalla dell'Ottocento, ma per il resto case, bar senza pretese, negozi di fiori, edicole, un ufficio postale sempre pieno di pensionati, che ci vengono giusto per passare i giorni, in attesa di fare due passi più in là nella via, fino al cimitero della Misericordia, o subito fuori di essa, a quello degli inglesi […]. Una brava via, di gente per bene: una via onesta” [pp. 73-74]. Ecco – questi sono i momenti migliori del libro, quando finalmente entra in scena la città di Firenze, e Vanni mostra la dovuta ispirazione. Il resto, spesso, sembra un viatico per questi squarci.

L'angoscia della nostra generazione sta tutta in questo passo: “Che poi, artisti o no, ci si può davvero costruire un'esistenza indipendente, qui, senza doversi allacciare a un sistema di supporto vitale fatto di parentele, conoscenze, amicizie, relazioni per niente dinamiche? E nelle altre città d'Europa, sarà davvero diverso? O farei la stessa fine, con le stesse scarse opportunità, lo stesso pugno di magre certezze, lo stesso lavoro noioso, l'unica differenza il pranzo – al posto del lampredotto il sushi, o alle brutte un falafel” [p. 70]. Ma a un passo come questo Santoni ci aveva già abituati, è parte del suo bagaglio, della sua storia. È il suo amore per Firenze, e per la fiorentinità, che a partire da questo odierno divertimento laterziano potrà e dovrà andare ad articolarsi con maggiore incisività e potenza, nel tempo – mostrando tutta la grande e verace e toscanissima letterarietà di cui Santoni è capace.

EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE

Vanni Santoni (Montevarchi, 1978), giornalista e scrittore italiano, laureato in Scienze Politiche. Vive e lavora a Firenze. Ha collaborato o collabora col “Mucchio”, “Il Manifesto” e “Nazione Indiana”. Ha co-fondato il progetto SIC: scrittura industriale collettiva. È parte di TQ.

Vanni Santoni, “Se fossi fuoco, arderei Firenze”, Laterza, Bari 2011. Pagine 158, euro 10. Collana “Contromano”.

Approfondimento in rete: Sarmizegetusa / WIKI it

Gianfranco Franchi, ottobre 2011.

Prima pubblicazione: Lankelot.

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SEMPRE A PROPOSITO DI "SE FOSSI FUOCO"

Con buona pace di quanti, su quotidiani forzisti come “Il Foglio”, riescono ad apprezzare in un libro come questo fondamentalmente le cinque pagine dedicate al lampredotto – inclinazione che non stupisce, considerando le debolezze enogastronomiche di Langone – questo nuovo, angioliero e toscanaccio divertimento letterario di Vanni Santoni da Montevarchi, classe 1978, è qualcosa di leggermente diverso. “Se fossi fuoco, arderei Firenze” (Laterza, pagine 158, euro 10) è il terzo libro di narrativa di uno scrittore che, sin dall'atipico esordio (il frammentario e mosaicale “Personaggi precari”, apparso nel 2007), e dal fulminante, vizioso e teatrale interludio Feltrinelli (il lisergico “Gli interessi in comune”, 2008), ha saputo dare vita, letteratura e memoria ai figli del popolo d'una Toscana fragilissima e selvatica, rabbiosa, sconclusionata e spesso capricciosa.

Vanni Santoni è un narratore che sembra aver deciso di smettere di pronunciare il pronome personale di prima persona singolare: è un demone legione infestato da una pletora di personaggi e di anime, è un burattinaio pasquino che non si stanca di far parlare tutti quei cittadini che non hanno voce, né (più) rappresentanza. La sua è una lezione politica di bel respiro e di buona intelligenza: una prova di verace sensibilità, in ogni caso. Apro una parentesi: piace registrare, a proposito di questioni di sensibilità e di rappresentanza, la presenza, e dalla prima ora, di Vanni Santoni tra i letterati e gli intellettuali italiani radunati nella Generazione TQ, movimento di lavoratori della conoscenza che tanti consensi e tanto rispetto sta guadagnando, sin dai suoi primi passi, qualche mese fa.

La speranza è che possa continuare a dare visibilità e dignità alle sofferenze, alle frustrazioni e alle visioni dei letterati della nuova generazione, nel tempo. Sarebbe giusto, e sarebbe ora. Parentesi chiusa; torniamo tra i toscani. Vanni Santoni racconta la sua terra senza la scanzonata irriverenza del vecchio, grande Curzio Malaparte: non c'è nessuna, nemmeno larvale, ostilità antitaliana per orgoglio territoriale, e manca quella ricchezza assurda di reminiscenze letterarie che connotava Kurt Suckert (da Machiavelli a Lorenzo de' Medici, da Dante a Boccaccio, da Sacchetti a Collodi): ma chissà, nel tempo magari sarà possibile apprezzare tutta una serie di sovrapposizioni che adesso rimangono possibili, rimangono come sospese. Ma plausibili, e auspicabili. Chissà.

Veniamo adesso a qualche nota editoriale. La Firenze raccontata da Santoni vede la luce in una collana di discreto interesse, quella “Contromano” di Laterza che sin qua ha pubblicato almeno un libro formidabile, vale a dire “Il Tai e l'arte di girovagare in motocicletta. Friuli on the Road” del bravo Flavio Santi, patrimonio nobile e non ancora adeguatamente valorizzato delle patrie lettere, e un altro divertimento di buon interesse come “Hotel a zero stelle” dello yankee capitolino Tommaso Pincio, uno scrittore che sa sprofondare nello Zeitgeist e sa restituirne l'essenza, come dimostrò già anni fa pubblicando il più bell'omaggio sin qua dedicato a Kurt Cobain, vale a dire “Un amore dell'altro mondo” (Einaudi, 2002). La collana “Contromano” sta raccontando i tanti territori che compongono la nostra nazione confidando nell'ispirazione e nella lealtà di letterati diversi esteticamente e politicamente; sin qua, va detto, è stata spesso decisamente divertente. La scelta di affidare un libro a Vanni Santoni è stata strategicamente indovinata: contribuisce a mantenere una bella aura di vivacità, vitalità e freschezza, e costituisce al contempo una conferma della fiducia dell'ambiente editoriale nei confronti d'un ragazzo che fa tutto con leggerezza, ma con una certa, chirurgica e imprevista esattezza. Con uno stile che somiglia, in certi frangenti, a una punizione di Roberto Baggio. Un altro che di cose fiorentine ne sapeva qualcosa, a ben guardare, e che di Firenze ha saputo diventare il figlio amatissimo.

Gianfranco Franchi, ottobre 2011. Prima pubblicazione: "Riformista".

Uno dei più ispirati omaggi alla città di Firenze è firmato Vanni Santoni…