Rosshalde

Rosshalde Book Cover Rosshalde
Hermann Hesse
Mondadori
1998
9788804447863

"Rosshalde" (1914), terzo romanzo di Hermann Hesse, è il dramma di un artista che si ritrova a perdere tutto ciò in cui aveva creduto, eccetto l'arte: è la storia di un marito che perde contatto, confidenza e sentimento per la moglie, lasciando in vita soltanto un vago rispetto; è la storia di un padre che perde dialogo e amicizia del figlio maggiore, spedito al collegio per nascondere la fine dell'equilibrio famigliare; è la storia di un padre che deve assistere, impotente, al progresso mortale della malattia dell'amatissimo figlio minore. Hesse ha saputo giostrare, come già nel precedente "Gertrud", almeno due differenti binari nella narrazione; ma a differenza del passato, in "Rosshalde" sono entrambi giostrati con intelligenza e con equilibrio. Il primo è quello del racconto dell'evoluzione interiore del protagonista, un pittore: progressivamente cosciente che la sua vecchia vita domestica e borghese sta terminando, per incompatibilità con la borghesia e con l'istituzione del matrimonio e non certo per una sua qualche inadempienza, Johann Veraguth riesce, con il sostegno prezioso e illuminante di un amico, a capire che deve assumersi la responsabilità di rompere del tutto col passato e sparire, per rigenerarsi altrove. Il secondo è quello del racconto, una volta acquisita la coscienza dell'inevitabilità del suo congedo dalla famiglia, e dalla signorile residenza di Rosshalde, dopo sette anni, della terribile e improvvisa malattia del figlioletto. Johann rimarrà al suo capezzale sino all'ultimo istante. E vivrà un'esperienza iniziatica: "A volte, negli istanti in cui Pierre si assopiva, il padre vedeva quel viso sfigurato ammorbidirsi e riacquistare un barlume della sua grazia perduta, e allora lo guardava fisso con tutto l'ardore assetato del suo amore per imprimersi ancora una volta e ancora un'altra nella mente quella tenera bellezza morente. Allora gli sembrava, in tutta la sua vita, di non aver mai saputo che cosa fosse l'amore, mai fino a questi istanti di veglia e di contemplazione" ("Rosshalde", capitolo sedicesimo).

La morte del figlio non precipita niente: semplicemente, determina, come un fatto automatico, la decisione d'andarsene per sempre da Rosshalde. E vale per tutti. Sarà il muto addio d'una famiglia prima spezzata da una "separazione in casa", sotto lo stesso tetto, e poi da un dolore capace di ammutolire e disintegrare qualsiasi persona. Per Johann è un evento simbolico, una tragedia che finisce per ricordargli che altro non ha che non sia la sua pittura. Non stupisce che abbia la lucidità di disegnare l'ultimo ritratto del figlio. Senza poter estetizzare la realtà, Johann non avrebbe nessuna capacità di fronteggiarla. Ne sarebbe sovrastato. Ne è cosciente.

Un passo indietro, adesso. Prima che la malattia del figlio si presentasse a domandare il suo tributo d'angoscia, sofferenza e orrore, Johann aveva intrapreso un sentiero di ricerca interiore che troviamo ben descritto in questo passo: "Ricordando i giorni di due o tre mesi prima si trovò trasformato, sentì di aver fatto passi avanti, trovò ogni chiarezza e una sicura percezione del cammino che lo aspettava laddove poco prima c'era stata solo oscurità e insicurezza. Era come se la sua vita fosse ormai tornata ad essere un fiume o torrente limpido che scorreva deciso nella direzione assegnatagli, dopo aver a lungo ristagnato in una palude immota ed essersi avvolto in irresoluti meandri. E si rese conto che il suo viaggio non poteva in nessun caso riportarlo qui, che qui non aveva ormai più altro da fare che accomiatarsi, non importa se con il cuore sanguinante. La sua vita aveva ricominciato a scorrere, e il suo corso andava risolutamente verso la libertà e il futuro. Benché non lo sapesse ancora, dentro di sé si era già separato dalla città e dalla regione, da Rosshalde e da sua moglie, e aveva rinunciato a loro. Si fermò e respirò profondamente, sollevato e persuaso da un'ondata di chiarezza interiore" ("Rosshalde", capitolo tredicesimo). Destinazione, manco a dirlo, India. Idealmente, è la meta del pellegrino Hesse, come ben sappiamo e come scopriremo di qui a breve, nel corso della sua produzione narrativa.

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Lo scrittore svizzero ci guida, con maestria, nella quotidianità della vita di un pittore di successo internazionale, che tutto a un tratto sembra determinato a ritrovare sè stesso, dopo aver dato vita a due figli, dopo aver giocato a fare il pater familias: e per ritrovarsi non può che andarsene via, lontano. Veraguth, ben prima di valutare il viaggio "altrove", aveva saputo ritirarsi a vivere in due stanze, da scapolo: questo forse per non mancare nei momenti più delicati della crescita del figlioletto, o forse per non voler ammettere, non fino in fondo, di non essere adatto a una vita del genere. Hesse, scrivendo questa storia, trasfigurava forse quanto gli era avvenuto qualche anno prima, almeno in parte: nel 1911, aveva deciso di mettersi "alla ricerca", partendo per l'India assieme al pittore Hans Sturzenegger, in cerca di risposte. Subito dopo, nel 1912, s'era trasferito con la sua famiglia dalle parti di Berna, nella casa in cui era vissuto il pittore Albert Welti...

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La modernità di "Rosshalde" non sta soltanto nella descrizione d'una traumatica rottura d'un matrimonio, con relativi disordini emotivi nei figli, uno costretto a malincuore a crescere altrove, e tornato in casa per un breve, complesso periodo, l'altro incapace di comprendere la separazione dei genitori, e poi vittima d'una malattia che sembra una maledizione, o una punizione. La modernità di "Rosshalde" sta nella rappresentazione dei moti interiori di un artista che non sembra in grado di far vivere la lezione – è una battuta, intendiamoci – di Francis Ford Coppola: "Volete essere grandi? Fatevi una famiglia".

Non è semplice dire se ciò avvenga per una suprema forma di egoismo, di presunzione o se per una questione di semplice diversità. Hesse ci presenta la dinamica in questione come qualcosa di assolutamente naturale: innaturale sembra poterla tollerare, e poter coesistere con certe lacerazioni interiori. Libro da riscoprire, non ci piove.

EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE

Herman Hesse (Calw, Wuerttemberg,  Germania 1877 – Montagnola, Svizzera, 1962), romanziere e poeta svizzero. Premio Nobel per la Letteratura nel 1946.

Hermann Hesse, "Rosshalde", in "Romanzi e Racconti", Reverdito, 1995.

Prima edizione GER: 1914. Oggi in Mondadori, 2000. 9788804447863

Per approfondire: WIKI it / Hermann Hesse Portal / Fondazione Hermann Hesse

Gianfranco Franchi, agosto 2010.

Prima pubblicazione: Lankelot.

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