Roma per le strade 2

Roma per le strade vol. 2 Book Cover Roma per le strade vol. 2
Massimo Maugeri [a cura di]
Azimut
2009
9788860031075

Massimo Maugeri, letterato catanese classe '68, ideatore e curatore del popolare blog letterario “Letteratitudine”, è l'anima di questa divertente e appassionante antologia di racconti dedicati a Roma: ciascuno dedicato a una strada, o a un quartiere. Maugeri ha assemblato con nonchalance nomi noti e meno noti delle patrie lettere; c'è qualche esordiente e c'è qualcuno destinato alla storia della letteratura italiana, come Tuena, come Di Consoli, come Mario Desiati; qualche mestierante e qualche outsider (anche improbabile). L'impatto si rivela effervescente e spiazzante; la lettura dell'opera è di discreto fascino (dipende dagli argomenti, dalle storie...) e di grande immediatezza, con poche eccezioni. Cosa accomuna i protagonisti di questo libro? Un fulminante paradosso: tendenzialmente, non sono romani di nascita. Quando va bene, abitano a Roma da più di vent'anni. Siete sorpresi? Non dovreste. In città fatichiamo a ricordare di avere conosciuto qualcuno, sin da quando eravamo piccoli, che avesse entrambi i genitori romani, o che potesse vantare una linea di romanità superiore alle quattro generazioni. Triste ma vero. Io stesso ho solo un quarto di romanità, quello paterno: quattro generazioni piene, oltre cento anni, ma non è la stessa cosa. Il romano sta diventando uno stato mentale. Meglio farne letteratura, allora. Meglio che a farla siano i romani “acquisiti”, cioè i romani del 2010.

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Presento “Roma per le strade 2” (Azimut, 2009) con qualche appunto dedicato a (quasi) tutti i racconti integrati nella raccolta. Ne mancano due o tre, sono quelli che ho preferito trascurare. Succede.

Lia Levi (Pisa, 1931) racconta “Un cinema e il sogno di un quartiere” (Monteverde Vecchio), memorie dello sbarco nel nostro amato quartiere della sua famiglia, nei giorni tristi della Seconda Guerra Mondiale, e dell'emozione figlia dell'apertura del (fu) cinema Vascello, amato e presto perduto cinema di quartiere, diventato – dalla prima metà degli anni Ottanta – teatro con qualche pretesa di troppo e molto poco pubblico. Alla Levi non dispiace, a me dispiace parecchio. Gusti.

Andrea Di Consoli (Uster, Zurigo, 1976) sprofonda nel Corviale: “Il Corviale è un pitone di cemento” è una provocatoria meditazione su quella “utopia architettonica” diventata un incubo, “emblema italiano del mostruoso”. Il magistrale ADC riconosce degrado nelle condizioni di vita dei 10mila cittadini che popolano il Serpentone: perché “Degrado non è solo droga, prostituzione e violenza; degrado è vivere dentro a un grande muro segregante, uscire di casa e ritrovarsi sperduti in lunghi e lugubri corridoi di cemento, arrivare sulla strada e non sentire la comunità, non sentire il calore dei commerci, dei bar, dei negozi, del 'mescolamento' con facce che non si conoscevano” (p. 183). Davvero un grande e onesto contributo.

Dora Albanese (Matera, 1985) ci accompagna in piazza Re di Roma, per “Anniversario al Beauty Point”. È l'occasione per una tenera dichiarazione d'amore al suo fidanzato, Andrea, papà del suo bambino; è l'occasione per raccontare la dura vita di chi vive a Roma sentendosi emigrato, combattendo la nostalgia di casa, sognando un benessere che prima o poi dovrà arrivare.

Filippo Tuena (Roma, 1953) propone il suo “Esercizio di memoria n. 112” (Parioli). Onestamente m'è sembrata la cosa migliore di questo libro: perché si tratta di una memoria d'una (imprevista) Roma che chi è nato negli anni Settanta, come me, non ha potuto conoscere e vedere mai, e perché è scritta con sentimento e ricercatezza assieme – e non si può dubitare che sia stata scritta con amore. Nessuna anticipazione. Prendete e leggetela. Speriamo sia prodromica a un suo romanzo sulla Città Eterna.

Rosella Postorino (Reggio Calabria, 1978) ci porta nel Tiburtino: “Roma all'inizio” è una prosa intensa e personalissima, trasfigurazione delle sue prime esperienze capitoline, ferite e alterate da una coincidenza con la mediatica apocalisse delle torri gemelle. Molta scrittura, poca e fiacca sostanza.

Massimo Maugeri (Catania, 1968) racconta d'un “Incontro a Porta Pia”. È un omaggio a Moravia, in prima battuta, al suo “L'automa”; quindi, si rivela satira della sempre folta schiera degli scrittori emergenti, e di quella altrettanto folta degli scrittori sconosciuti.

Tea Ranno (Melilli, Siracusa, 1963), scrive “Quello che non sarà” (piazza di Spagna), squarcio romantico e dialogico della raccolta, trascinante a dispetto della sua semplicità.

Francesco Costa (Napoli, 1946) ci accompagna in “Villa Pamphili”, nella splendida cornice di Monteverde. Trasteverino d'adozione, lo scrittore partenopeo va a rigenerarsi nel verde della Villa cara a Goethe e a tanti cittadini e artisti di tutto il mondo.

Andrea Frediani (Roma, 1963) ci racconta gli “Eroi di ieri, eroi di oggi” puntando dritto sul Gianicolo. È un omaggio agli eroi del 1849, inizialmente; un saluto pieno di emozione, uno per uno, a quei soldati e a quegli ufficiali che si consacrarono alla causa di Roma. Infine, si rivela un omaggio a quegli eroi spesso senza nome che hanno cura dei nostri bambini malati, qualche metro più in basso dei busti dei garibaldini, nell'ospedale Bambin Gesù. Retorico, ma piacevole.

Mario Desiati (Martina Franca, 1977) racconta “La tratta dei mutilati”, ambientata in via del Corso. È una terrificante storia di miseria e sfruttamento, testimonianza delle speculazioni degli zingara sulla povera gente mutilata, costretta all'accattonaggio con la minaccia del pestaggio.

Antonio Pascale (Napoli, 1966) propone “Giusto venti minuti”, ambientato – idealmente, come punto di partenza ecco – al Prenestino. È una divertente satira del traffico e della stravagante percezione del tempo dei romani. Pascale ha osservato che tendiamo a dire che bastano venti minuti per spostarci in bus o in metro da una parte all'altra della città, quando quei venti minuti sono semplicemente uno stato mentale. In moto, forse: ma in bus proprio no.

Luigi La Rosa (Messina, 1974) scrive “Schiarita sul Cimitero Protestante. Appunti per un'educazione sentimentale” (via Caio Cestio), leziosetto omaggio alla tomba di John Keats.

Carlo Sirotti (Genova, 1953) ci racconta dell'“Artista che passeggiava a Monteverde”, in via Poerio. L'argomento – come i monteverdini sanno molto bene, tutte le volte che spunta fuori una storia legata a un segreto di quella via – è il famoso pavimento di Escher, smontato e portato via dalla sua vecchia casa da una sua domestica sabina, attualmente disperso. Sì, Escher abitava proprio qui da noi.

Adelia Battista (Avellino, 1958) ci guida per i vicoli di Trastevere, in “Bellezza a Trastevere”. La parola “Bellezza” va letta nel senso giusto: questo pezzo – uno dei migliori in assoluto del libro – è un tenero, giusto ed elegante omaggio al poeta Dario.

Cinzia Tani (Roma, 1958) descrive “Solo i miei passi a Roma” (quartiere Flaminio), discreta fantasia d'una vita solitaria in una città tutt'altro che solitaria, nata per pizzicare il segreto della sua essenza.

Italo Moscati (Milano, 195*) ci accompagna in Campo de' Fiori, per un “Delitto”: quello commesso dal fratello di Gian Maria Volontè, assassino di un onesto tecnico delle luci, Vincenzo Mazza, per futili motivi. Una storia triste e rimossa.

Enrico Gregori (*, 19**) racconta la lirica vicenda di un “Foglio di quaderno” in piazza Farnese; saprà viaggiare sino alla giusta destinazione.

Laura Costantini e Loredana Falcone ci portano fino a “Torrespaccata”, raccontando d'un quartiere periferico che ha mutato popolazione, ma non essenza, in fin dei conti, a trent'anni di distanza. C'è un bel prato dove accade qualcosa che sembrava scritto.

Sandra Petrignani (Piacenza, 1952) scrive “Dall'Africa all'Argentina: passeggiando per Roma” (Quartiere Africano). Si tratta di una intelligente meditazione sull'architettura della nostra città, sulle abnormi differenze tra le periferie e il Centro, e tra una periferia e l'altra. Ma è un atto d'amore. Molto gradito.

Luca Gabriele (Roma, 1984) ci porta in piazza Mancini, per “Alida delle rose”, triste storia di una donna che viveva amando troppo, amando tutti.

Dacia Maraini (Fiesole, 1936) scrive “Penna: il bianco diario della carne”, ambientato in corso Vittorio Emanuele. È un ricordo del poeta Sandro Penna, dei suoi ultimi anni di vita, insonni e solitari. La Maraini lo racconta con trasporto e ammirazione, ricordando che “aveva la civetteria di esibirsi come persona semplice ed elementare, invece era coltissimo e aveva una visione complessa delle cose. Ma non voleva a nessun costo apparire come un intellettuale” (p. 12). Quando il poeta parlava, Roma cambiava aspetto, diventando “città del desiderio” e della “seduzione”.

Rita Charbonnier (Vicenza, 1966) racconta “L'arco di via Giulia”, ispirato al “Vaso cinese” di Moravia. È un buon esempio di letteratura romanesca.

Silvia Leonardi (Messina, 1976), scrive il “Posto delle pecore e del fango” (Montesacro): è un esercizio di stile non particolarmente riuscito, vincolato alla facilità di dare del tu in questa città e alla nostalgia della propria isola. Sentimentale.

Gaja Cenciarelli (Roma, 1968) scrive delle “Vie del corpo”, ambientato nel fascinoso e grottesco quartiere Coppedè. È un esempio di scrittura auto-terapeutica: è la storia d'una ferita del corpo affrontata, accettata e sconfitta.

Massimiliano Felli (Roma, 1984) si dedica alla via Appia, in “Contro ignoti”. È la sinistra vicenda d'un assessore destro. Subplot, la farsesca questione della “sicurezza” e della filosofia della paura (cfr. almeno Lars Svendsen, “Filosofia della paura”, Castelvecchi 2010).

Buona lettura, allora, e buone passeggiate romane.

EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE

Massimo Maugeri (Catania, 1968), scrittore italiano. Ha pubblicato racconti sul mensile di Letteratura “Lunarionuovo”; collabora con diverse riviste e quotidiani. È il curatore del popolare blog letterario “Letteratitudine” dal 2006.

Massimo Maugeri (a cura di), “Roma per le strade 2”, Azimut, Roma 2009.
Gianfranco Franchi, febbraio 2010.

Prima pubblicazione: Lankelot.