Ricordo di Anna Paola Spadoni

Ricordo di Anna Paola Spadoni Book Cover Ricordo di Anna Paola Spadoni
Giuseppe Mazzaglia
ISBN Edizioni
2011
9788876382864

“Misericordia, chi era? Dove, dov'era stata fino allora, cioè per cinque mesi, costei? Deglutii con molto indescrivibile sforzo. Lieve, sul palco, la dea snodava le membra secondo una concordanza ineguagliabile di misure e di ritmo. Le braccia lunghe opulente, dolci nell'andare; le gambe altissime, strette alle ginocchia, magre esili alle caviglie quanto pingui enormi all'inguine, colossali. Doveva costei tra l'altro essere molto giovane, considerato che il suo corpo appariva, pur nei movimenti, dotato di una straordinaria compattezza e di una straordinaria armonia: appunto solidissimo...” [p. 22].

Patrocinato da Giorgio Caproni nel 1969, in Rizzoli, “Ricordo di Anna Paola Spadoni” torna nel 2011 a disposizione del pubblico nella nuova edizione ISBN, “rivisto molecolarmente dall'autore” - come scrive Silvio Perrella. Perrella considera Mazzaglia, assieme a Fiore, Pizzuto, Ripellino e Samonà, parte di quella “genia di autori siciliani che hanno fatto esplodere la loro origine in un cosmo più ambiguo e scuro. La loro è una Sicilia abrasa”. E in ogni caso, secondo il grande critico, Mazzaglia, Fiore e Pizzuto vanno “collocati accanto ai Brancati, agli Sciascia, ai Consolo, ai Bufalino e ai D'Arrigo, per ricordarci di quanti lati ha il mondo di un'isola davvero universale”. Questo di Giuseppe Mazzaglia è il lato più disimpegnato, sensuale ed erotico. L'artista non ha mai avuto paura di essere incasellato in un genere soltanto: in un'intervista rilasciata a Matteo Collura, sul “Corriere della Sera” del 30 dicembre 1993, dichiarava: “Spero risulti evidente che io uso l'erotismo – la moda del mio tempo – come una clava, in modo ironico e rodomontesco. Il sesso favorisce enormemente il grottesco, avvantaggia il mito e aiuta a penetrare nell'animo profondo, mettendolo a nudo. L'erotismo, per contrasto, rende fosforescente la corrente lirica della mia prosa”.

Con questi presupposti, e con gli ottimi auspici espressi da un letterato come Silvio Perrella, avallati dal raffinato direttore della collana “Novecento Italiano” di ISBN, Guido Davico Bonino, nella sua ricca postfazione, torniamo a leggere la grottesca e stravagante vicenda del professor Savasta, borghese (“io ho tre giardini di cedri”), erotomane, ossessionato da una femminilità giunonico-felliniana; un esteta sempre febbricitante, forse simbolicamente forse no, che si ritrova a insegnare francese in provincia, a Màgali. E là, in quella provincia che somiglia a tutte le province, s'innamora d'una diciottenne, figlia d'un muratore – e per il suo classismo questo è un affronto indicibile...

“Ahimè, l'aver appreso che non di una ragazza borghese si trattava ma di una popolana, anziché disincantarmi mi aveva piegato le ginocchia. Il baratro m'appariva e m'attirava, mi sbarrava gli occhi; lentamente mi perdevo nello sforzo di coglierne il fondo mobile, vertiginoso. Aiuto, gemevo, rabbrividivo. A grado a grado la paura crebbe e sentii che mi ingrossavo ancora” [p. 44].

Affronto indicibile ma non bastevole a liberarlo dall'ossessione: Anna Paola Spadoni infesta il suo immaginario e inquieta le sue giornate, e non c'è dettaglio o sfumatura del suo corpo e del suo stato d'animo che non finisca per essere trasfigurata con grande artificiosità e divertimento. La Spadoni è “grande, maestosa, bellissima”. Solare, incredibilmente solare, e piena di vita. Alta e sensuale, è gigantesca: una “dea bellissima, superba, aspra”, allegra e disinvolta, spiazzante e disorientante. Accetta inviti in separata sede, e ascolta dichiarazioni d'amore. Non soltanto non respinge, ma risponde. Risponde e sembra voler corrispondere. Il professore è elegante. Il professore è molto simpatico. È già gelosa del professore, da un pezzo. Il dialogo tra i due diventa un cinguettio, tenero morboso e balbettante, smozzicato e spezzettato, quando comincia una prima, serrata lotta per vincere la resistenza di lei. Intervallata da strappi come questo:

“Morivo. Mi sentivo mancare. Sentivo il grosso peso insolente dei lombi della donna sulla corteccia ruvida. Colsi il momento in cui lei mi guardava. 'Ma è abbastanza buio qui, comprende?', spiegai col fiato arso. Distolsi gli occhi, dato che lei seguitava a fissarmi. 'La prego...'.” [p. 121].

È una resistenza destinata, paradossalmente o forse no, a strapiombare nel momento in cui può farsi incredibilmente reale – con tanto di sigillo famigliare. È allora che il mito smette di stuzzicare e di sedurre: quando, a un tratto, l'esteta capisce che si può incarnare. La realtà non è adatta agli ideali. La realtà è fatta a posta per sporcarli, e per falsarli, e per rinnegarli. Meglio che il sacro rimanga sacro: profanare è distruggere.

Secondo Giorgio Caproni, il professore “subito e dolorosamente soggiace al dominio del proprio eros e nel contempo, disfatto dall'alterazione morbosa, e tra bollori e geli indicibili, e nausee insostenibili, è portato a vivere in una abnorme dimensione del mondo tutta viscerale, umorale, glandolare, direi, dove ogni presenza femminile, nella sua pura carnalità, è dilatata, gonfiata, ingigantita fino all'assurdo [...]”. E sembra proprio che sia l'assurdo, che siano l'assurdo e la paradossalità, a dare “forza di persuasione all'intera avventura”.

Potremmo e dovremmo aggiungere che è difficile immaginare quanto potesse suonare disimpegnato e lascivo questo romanzo negli anni della grande ribellione giovanile e dell'utopia rivoluzionaria in cui è stato pubblicato, a una manciata di passi dal Sessantotto. Ma Mazzaglia aveva idee diverse: a lui interessava il mito – la donna, nei suoi romanzi, era “organizzata” come mito. E non c'era mito altro – niente che potesse salvare un individuo.

Davvero affascinante. Un recupero da non perdere.

EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE

Giuseppe Mazzaglia (Catania, 1926), scrittore italiano. Vive a Roma. Laureato in Giurisprudenza, ha lavorato come giornalista parlamentare e nel servizio legale di un istituto di assicurazioni. Ha collaborato con “Nuovi Argomenti”, “L'Europeo” e “Linea d'ombra”.

Giuseppe Mazzaglia, “Ricordo di Anna Paola Spadoni”, ISBN, Milano, 2011. Con uno scritto di Silvio Perrella e una nota biografica di Guido Davico Bonino. Collana Novecento Italiano, 12.

Prima edizione: Rizzoli, 1969.

Gianfranco Franchi, aprile 2011.

Prima pubblicazione: Lankelot.