Principesse

Principesse Book Cover Principesse
Eduard von Keyserling
Adelphi
2001
9788845916212

Il conte Eduard Graf von Keyserling, elegante romanziere tedesco, pubblica nel 1917, soltanto un anno prima di morire, questo “Principesse”: è il segreto libro del crepuscolo dell’aristocrazia tedesca. S’inaugura con la morte del padre delle tre principesse Roxane, Eleonore e Marie – si conclude con il congedo della romantica e donchisciottesca figura del conte Donald Streith; e vive tuttavia per luminosi affreschi dell’ultimo valzer della nobiltà, tra splendidi parchi e musicali colazioni nei giardini, ultime educazioni sentimentali e primi segni dello sgretolamento delle antiche norme di convenienza, gentilezza e decoro.

È un’opera francamente reazionaria e fedele allo spirito dell’autore: che pur non negando apertura alla borghesia – si consideri a questo proposito l’amore del vecchio conte Streith, in punto di morte, per una diciottenne che sente appartenga a un altro mondo – si propone come epitaffio d’una classe sociale.

Non mancano momenti grotteschi: l’apparizione fugace d’un barone gottoso ha qualcosa di involontariamente esilarante; ed egualmente rocambolesca è la scena in cui la compagnia intona – a un tratto, nel parco – “Deutschland, Deutschland über alles” per ritemprare il cuore con un canto patriottico: “e il canto si levò così alto dal prato che dall’altra parte, al castello, i cani cominciarono ad abbaiare” (p. 48). Senza dubbio l’intento di von Keyserling era differente, in questa circostanza: prendiamo atto che la sensibilità dei contemporanei non può percepire senza sarcasmo una scena del genere, descritta tra un tè e l’altro, sotto i tigli, sul prato, tra cuscini e coperte; tra cavalcate e appuntamenti galanti. E non è necessariamente un male, intendiamoci.

Veniamo alla trama. La principessa Adelheid, vedova Neustatt-Birkenstein, si era ritirata con le tre figlie nel feudo di Gutheiden, in campagna, nella parte orientale dell’impero. Andava affrontando problemi economici non irrilevanti, per via degli impegni di società e del prossimo fidanzamento di Roxane, la primogenita, con un russo, Dimitri: del resto, questa era la sua logica: “Non posso non andare con loro (le figlie, n.d.r.) alle feste di Birkenstein e Karlstadt, devono pur sposarsi. Una principessa che non si sposa è sempre fuori posto. Le principesse nubili mi ricordano quei lavoretti con le perline che le governanti ci regalavano per il compleanno: centrini da mettere sotto le lampade o puliscipenne, tutte cose che non sapevamo mai dove nascondere” (p. 12)

Una simile immagine è d’un classismo odioso e imbarazzante: e vale la pena proporla per quanti possano – comprensibilmente – sentire una discreta antipatia per una così fedele espressione della visione del mondo degli aristocratici, per evitare loro una lettura che potrebbe, in più di qualche frangente, offenderli. Inutile speculare: questo libro non è affatto una favola, è un orgoglioso libretto revanscista e altro non propone che una fedele fotografia della forma mentis d’una classe sociale. Ma è onesto – almeno questo – e coerente, sin dal principio. E formalmente elegante – von Keyserling ha un discreto talento per le descrizioni, ha un tratto molto visivo ed efficace.

Torniamo alle vicende delle tre figlie della principessa Adelheid. Roxane, si diceva, è prossima al matrimonio; Eleonore è una giovinetta ancora incerta, fragile e vulnerabile; la più piccola, Marie, neppure sedici anni, è “irrequieta e imprevedibile” (p. 12), gracile e spigolosa; non è sempre fedele alla convenienza e alla decenza insegnate dalla famiglia, e guarda con istintiva simpatia all’emancipazione della donna borghese e alla prossima metamorfosi etica ed estetica della sua classe sociale. Le principesse, per la loro educazione, devono “andare sulle rotaie”, come locomotive, senza deviare: Marie non sembra estranea al concetto di “deragliare”.

Alle tre principesse, corrispondono – forzando un po’ la mano – i tre rampolli del conte Dühnen – primogenito, l’irresponsabile Felix, giovane ufficiale, amore della ribelle Marie. Ecco come vengono educati. È il padre a parlare: “Sono molto severo. Ho tre figli maschi, sono un bravo padre, amo i miei ragazzi, ma voglio farne delle persone per bene, dei buoni gentiluomini, degni del nome dei Dühnen. Se uno di loro non è d’accordo, beh, per quanto la cosa sia dolorosa, devo privarlo del mio appoggio. Solo così, mio caro, possiamo tenere alto l’onore della nobiltà in questi difficili tempi di democrazia. Selezione severissima, senza sentimentalismi. L’irresponsabilità, non capisco proprio come l’irresponsabilità sia entrata nella mia famiglia” (p. 99). Segue rapida riflessione sul primato della buona educazione sull’ereditarietà. È il conte Streith, l’aristocratico stravagante, a mitigare la rigidezza delle convinzioni del conte Dühnen: e il suo amore per la giovane Britta è più eloquente delle sue confutazioni di qualunque manifesto “d’onore nobiliare”.

Il libro costituisce una lettura docile, leziosa e irritante al contempo; la narrazione è ondivaga e l’intreccio non si sviluppa armoniosamente. I personaggi – con le blande eccezioni di Marie e Streith – vengono letti per superficie profonda, e risultano fondamentalmente sofisticati manichini. Ma “Principesse” ha una sua scontrosa e arrogante grazia; una tetra malinconia che sublima il distacco e la maniera aristocratica del narratore e delle sue creature; un sapore crepuscolare che può suscitare – nonostante tutto – dolcezza. Il rimpianto, a circa un secolo di distanza, è quello del giovane cittadino che non può celebrare la fine dei privilegi d’una classe sociale: che è stata semplicemente sostituita da un’oligarchia borghese. Bando dunque alle illusioni: l’aristocrazia non s’è dissolta, ha solo rinunciato agli stemmi, all’eleganza e al sangue blu. Più volgare, prevaricatrice e noiosa, l’alta borghesia ha corrotto irrimediabilmente l’unica ragione di fascino dell’antica nobiltà: lo stile. Eduard Graf von Keyserling ne aveva molto.

EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE

Eduard Graf von Keyserling (Schloß Paddern bei Hasenpoth (Aizpute) in Kurland, 1855 / München, 1918), romanziere tedesco.

Eduard von Keyserling, “Principesse”, Adelphi, Milano 1988. Traduzione di Anna Rosa Azzone Zweifel.

Prima edizione: “Fürstinnen”, 1917.

Carl Seelig, nelle “Passeggiate con Robert Walser”, scriveva: «Gli confesso la mia ammirazione per l’aristocratica malinconia del conte Eduard von Keyserling…Gli chiedo se lo ha mai conosciuto di persona. “Sì, l’ho incontrato qualche volta al caffè Stephanie di Monaco, dove veniva quasi ogni giorno a sedersi di fronte a un bicchierino di cognac, orgogliosamente solitario, quasi cieco: un uomo distaccato in mezzo a una massa d’indaffarati aspiranti alla più rapida carriera possibile. Mi faceva l’effetto d’uno splendido esemplare di leone”. In risposta alla mia occhiata interrogativa, Robert spiega: “Ma sì, il leone è re nel suo regno: un re che sta morendo. E tale era Eduard von Keyserling”. Si dice affascinato dalla maestosità della sua prosa. “I veri maestri non hanno bisogno di darsi le arie di maestri. Lo sono, e basta!”» (tratto dalla terza di copertina dell’edizione esaminata).

Gianfranco Franchi, Luglio 2004.

Prima pubblicazione: Lankelot.