Stampa Alternativa
2007
9788862220163
Psicodramma d'un disadattato, ultrasensibile e irrequieto, inadatto alla vita e fragilissimo, “Pit Bull” [Stampa Alternativa, 2007] è un romanzo capace di coniugare realismo, denuncia e sentimentalismo. È uno spaccato di sofferenze e di vuoti: sofferenze spirituali, vuoti intellettuali. Assenza di prospettive individuali: incredibile disintegrazione sociale. È crudele ma non è bugiardo.
Prima d'entrare nel vivo della narrazione, a uno sbuffo di distanza dal frontespizio, Giuseppe Casa sintetizzava: ogni anno in Italia si disputano ventimila combattimenti di cani, che coinvolgono circa ventimila persone. Il denaro che balla attorno a questi scontri è parecchio: ottanta milioni di euro, o giù di lì. I cani che muoiono combattendo sono circa diecimila. I cani combattono più o meno per cinque anni. Il costo di un campione va dai cinquantamila ai centomila euro. Le cosche coinvolte in questo scempio sono una ventina. Memorizzato? Avanti.
Il narratore è un ex musicista punk. Una persona solitaria. Non si sente malato, è differente: si sente vuoto, si sente incompleto. Non crede in niente. Non si sente a casa da nessuna parte. Ha una storia con una donna di trent'anni, ma spera che finisca. Sono troppo diversi. Lui ha poca coscienza. Ha quarantatre anni e un vizio assurdo. Alleva cani da combattimento. Ci scommette su, gioca d'azzardo. Con quei soldi ci si mantiene. Ha tre pit bull, Siouxsie, Sid e Joe. E ha imparato a farli combattere in un centro sociale, ha imparato da due punkabbestia. Un pit bull di trenta chili regge un combattimento di due ore. Lui ha un campione e due buoni gregari.
“Ero cresciuto ascoltando predicozzi quotidiani sulla responsabilità personale. Mi avevano insegnato che il lavoro, l'onestà, la volontà, l'applicazione allo studio, erano alla base del successo nella vita, e quindi della felicità. E tutto questo, dicevano, era espressione di libertà” [p. 24]: già, ma il problema era che lui aveva rifiutato tutto questo. Non ci aveva mai creduto. “No future” era il mantra.
“Pit Bull” è la storia della discesa agli inferi di questo ex musicista, estraneo all'equilibrio e alla serenità. È una vicenda che si tinge di sangue, di pazzia e di ferocia, rovinando ogni speranza superstite. La passione per i cani si disintegra, il dolore sfocia nell'autodistruzione. L'amore per una donna non basta, e piuttosto ripiega nella barbarie. La realtà diventa allucinante. Buio pesto.
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Altre cose da tenere a mente. I cani che si ritirano dai combattimenti non hanno vita lunga: “spesso i padroni li accoppano sul posto”. I cani che combattono sono, tendenzialmente, stati drogati. O tenuti a digiuno da giorni. Qualche padrone sparge veleno sul pelo del suo cane, per intossicare il cane nemico. C'è chi mozza orecchie e code perché l'avversario abbia meno punti di presa. Altra cosa da tenere a mente. Chi riduce i cani a bestie da combattimento ha un inferno dentro. E non è detto che possa essere redento. E non è detto che voglia, essere redento. La lezione di Giuseppe Casa è che può non esistere salvezza dal male. La letteratura, al limite, può mostrarsi capace di rappresentare la dannazione. Non di curarla.
EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE
Giuseppe Casa (Licata, 1963) scrittore italiano. Ha esordito pubblicando la raccolta di racconti “Veronica dal vivo” per Transeuropa, nel 1998. Ha collaborato con “Vogue”, “Repubblica”, “L'Unità”, “Stilos”.
Giuseppe Casa, “Pit Bull”, Stampa Alternativa, Viterbo, 2007.
Approfondimento in rete: Wiki
Gianfranco Franchi, gennaio 2012.
Prima pubblicazione: Lankelot.
Psicodramma d’un disadattato, ultrasensibile e irrequieto, inadatto alla vita e fragilissimo…