L'arzanà
1984
“Lemmi stranieri e gergali cadono a far corpo con la lingua, ma della lingua si fanno gioco mettendosi ad ammiccare, trovando solidarietà nello sberleffo che portano i suffissali anaforici ad arte infittiti. La corsa, anche da intendersi nella sua accezione depredante e deprivativa, la corsa dei significanti non ha traguardo come nel loro alone non vuole pertinenza la mescita dei significati” – scrive, avanguardista ludico, parlando dell’incompiutezza come elemento essenziale di quest’opera, di “diario di un bordo”, il letterato Alberto Cappi. Qui – dice – parla la poesia che non può arrendersi alla verità, pena il suo arresto. Tutto chiaro? Perfetto. Sprofondiamo nel Troisio sperimentale e mai lineare della “Persistenza del cavallino” – il nome omaggia una poco nota favola mogul, se l’autore non sta mentendo: importa forse? – raccolta minore e irreperibile datata 1984. Il nostro letterato viaggiatore è nel pieno di una delle sue esperienze liminari ed esotiche: il primo verso include un “charter economico europide”, ecco “aventure / sopra ghiacciai giganti / sfolgoranti morene fotografabili”, sin quando “cala giù l’uccello / nella lunare pista” (“Persistenza del cavallino”: incipit); avanziamo in questa fabula “in tono minore”, accompagnando Troisio per “paesaggi su / laghi artificiali stranieri / causa di trote nel deserto” (…); badando alla “polizia apparente tra le dune” che preleva sorridendo “qualche nulla dalla macchina”.
Reminiscenze e deja-vù occidentali (magari filmici) annunciati e non descritti, e poi l’unica visione splendida è dormendo per terra incontrare “per tre lati un firmamento puro”; intanto un guru medita, eretto, “nella posizione della didaticca”, e “nude ragazze nell’acqua pura snelle dal petto / sferico mogul pettinano l’amore”. Una di loro viene cantata – a Kabul – ascoltando chitarre e incensi, e ancora memoria di stupende infermiere, altrove (quanti figli avrà il nostro bardo?). Si sente nostalgia della prosa solo quando si decide di smettere di assemblare come in un mosaico queste tessere d’esperienza e di mondi sconosciuti; allora si vorrebbe capire, non solo fantasticare. Succede.
Il cavallino trasporta alghe (“un’enorme leggera montagna”) lungo una riva nella città di Apollo e di Budda: c’è spazio a un tratto per ricordare le nostre perdute terre, Fiume e la Dalmazia, e mi piace evidenziarlo: “Bevevo ascoltavo l’ormai vecchio / raccontare Trieste Fiume / di ragazzette amate in campi di erba menta / tra case impagabili rosa rose nell’autentica Dalmazia (…)”; e intanto “nulla realmente accadeva” nel viaggio, povera gente che s’affanna e niente ricevimenti e cocktail come accadde ad Alberto e Pierpaolo (no, niente cognome: già sapete).
Sin quando “finisce l’alchimista / lingue aliene cordicelle annodate / orale compradora algebra / fottilcampo monnalisa / tutte le porticine sconnesse da ladroni / la vera lettre illeggibile introvab”. E andiamo. Più non leggemmo avante. Come si conviene.
Lucidità è percezione e condivisione della toccante sofferenza dell’altro (“Cronofazio”, III); e in versi cantarla si può, trasfigurando e scolorando le memorie, alterandole perché si facciano suono (che il suono soltanto detta la direzione: della direzione il viaggiatore ha bisogno).
Troisio poeta è – era, e rimane – capace di disorientanti cortocircuiti semantici e di stravaganti scelte lessicali; sembrano viaggi lisergici e non conoscitivi, a un tratto, sembrano astrazioni e non eventi accaduti. La menzogna scontiamo leggendo. Non è spiacevole. Si vede che era nelle cose.
Adesso m’arrendo. Alcol! Il mio confine è il Tevere: cerco di non andare oltre, al di là del fiume mi sento straniero. Kabul è una chimera, il mio cavallo non s’abbevera oltre il Gianicolo: fantasticare si deve, allora, ringraziando riconoscenti per tanti elementi nuovi (e per questi versi sparsi e frammentati, che delegittimano ogni canone; stupefacendo).
EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE
Luciano Troisio (Monfalcone, Gorizia 1938-Padova, 2018), poeta, narratore e saggista italiano. Ha esordito pubblicando “L’angelo alle spalle” (Rebellato, 1960).
Luciano Troisio, “Persistenza del cavallino”, L’arzanà, Torino 1984. Prefazione di Alberto Cappi. Postfazione di Raffaele Perrotta.
Gianfranco Franchi, agosto 2008.
Prima pubblicazione: Lankelot.