Adelphi
1994
9788845910982
Il secondo capitolo dell’ambiziosa saga fanta-teologica di Clive Staples Lewis è un romanzo complesso e destinato a vivere, nel tempo, come esempio d’uno straordinario equilibrismo su un filo molto sottile; questo filo è un trionfo di nodi d’una bellezza complicata e fragilissima, quella dei testi sacri del cristianesimo. Si può pensare d’integrare, in un’avventura interplanetaria, la favola di Adamo ed Eva, rinnovandola e riproponendola in chiave di cosmici problemi d’armonia, giustizia, libertà e progresso? Se non si sta proponendo un messaggio allegorico, e più direttamente si va a raccontare la Bibbia evolvendone sfondo, contesto e visione, non si rischia di precipitare nel ridicolo – peggio ancora: nel baratro del manierismo amatoriale, o nella foiba dell’integralismo religioso? Il rischio è piuttosto notevole: e “Jack” non sembra esserne del tutto cosciente, risultando mosso da sincero amore per la sua religione, per la scrittura e per la componente fantascientifica (qui, a dire il vero, decisamente ridotta rispetto al folgorante primo volume della saga).
Così ne è derivato un libro, questo “Perelandra”, che talvolta suona come un’omelia d’un prete innamorato dei mondi di H.G. Wells e del Libro di Enoch, talvolta s’eleva sino a stupenda stravaganza, capitombolando, ecco, in qualche descrizione della natura eccessivamente lunga e in uno sviluppo della trama ridotto piuttosto all’osso, a dispetto delle quasi 300 pagine.
L’autore – a ben guardare – struttura “Perelandra” in due parti: nella prima – chiaramente introduttiva, sicuramente brillante non meno della sua omologa in “Lontano dal pianeta silenzioso” e ben bilanciata – Lewis in persona va a visitare Ransom (e l’eldil che lo protegge) e viene incaricato di supervisionare il suo viaggio interplanetario, dal principio alla fine; nella seconda Ransom sbarca su Perelandra (Venere) e vive la sua iniziatica avventura.
È una neo-genesi, è l’albore della storia di Perelandra – la sua futura mitologia – l’argomento princeps del romanzo eponimo. Cinque sono i movimenti della trama: sbarco di Ransom e incontro con un docile e coccoloso draghetto, nel neo-Giardino delle Esperidi; incontro e dialogo con la Regina (la nuova Eva) d’un popolo che verrà; incontro-scontro con Weston, poi posseduto dal Maligno, e relativo conflitto dialettico tra Ransom e Weston per influenzare nel bene o nel male la Regina; drammatica sparizione di Weston; felice scioglimento della vicenda, con tanto di epifanie di Venere e Marte – gli oyarsa dei pianeti – al cospetto di Re e Regina, finalmente riuniti. La Terra è stata benedetta dall’avvento di Maleldil, Dio incarnato: Perelandra dal vittorioso confronto tra la sua Eva e le tentazioni.
Nella prefazione, Lewis rassicura e conforta il lettore: “Questa storia si può leggere da sola ma è anche il seguito di 'Lontano dal pianeta silenzioso', dove sono narrate le avventure di Ransom su Marte – o su Malacandra, come lo chiamano i suoi abitanti” – effettivamente, tuttavia, leggere “Perelandra” senza avere la visione cosmogonica del primo romanzo è un peccato; perché là non si eccedeva nell’evangelizzazione del prossimo, ma davvero si andava fondando un’opera letteraria di matrice cristiana; qui l’impressione è – ribadisco – che Don Jack sia salito sul pulpito e abbia inventato una predica nuova. Con classe, intelligenza e verve – non a caso molti frangenti del conflitto dialettico tra Ransom e “Weston posseduto” sono avvincenti e stuzzicanti – ma restando fedele all’abito talare (che pure in vita non indossò).
Benvenuti allora, una volta ancora, nello spazio – corrige: nel “Cielo Profondo”; gli Eldil (angeli o arcangeli che siano) finalmente v’appariranno e vi riveleranno come possano passare da un pianeta all’altro, nel nome del Dio Unico, per rispettare i suoi disegni e le sue volontà, contrapponendosi ai luciferini nemici del pianeta silenzioso, la nostra Terra. Qui gli Eldil sono ostili all’uomo e nemmeno comunicano con l’esterno; ma verrà un tempo in cui saranno sconfitti e il nostro pianeta risorgerà a vita nuova, finalmente benedetto da quel Dio che sembra – ma è apparenza, suggerisce Lewis – averlo abbandonato a se stesso. Viaggerete in una bara celeste tra la Terra e Venere, e incontrerete isole galleggianti, cieli fiammeggianti d’oro, acqua scintillante; e tenebrose e poderose ondate vi sbatteranno da una parte all’altra, mentre la futura madre d’un popolo vacillerà tra le parole del Bene e le promesse del Male, resistendo con splendida grazia alle tentazioni e alla menzogna.
Scoprirete come il grande scienziato Weston, prima di cadere posseduto, fosse giunto a una confusa visione dell’esistenza fondata sulla spiritualità – sorta di mostruoso panteismo assai postmoderno, fusione indiscriminata di Bene e Male a qualunque prezzo, perché Dio e Satana sono immagini della stessa Forza; Dio è la meta, il dinamismo è Satana, nell’incubo del fisico che aveva appena scoperto la biologia, innamorandosene e rimpiangendo il ritardo.
Vi ritroverete a parteggiare per l’uomo del Riscatto – Ransom, nomen omen – contrapposto a chi è giunto al di là del vizio, e non può che conoscere sconfitta; mentre Perelandra splendida s’apre al futuro, senza peccato, senza macchia, e senza coscienza d’altro che non sia grandezza di Dio.
EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE
Clive Staples Lewis, detto Jack (Belfast, 1898 – Oxford, 1963), romanziere, filologo, saggista e letterato irlandese. Insegnò Lingua e Letteratura Inglese ad Oxford: là, assieme a J.R.R. Tolkien e Charles Williams, fondò il circolo degli Inklings.
C.S. Lewis, “Perelandra”, Adelphi, Milano, 1994. Traduzione di Germana Cantoni De Rossi.
Prima edizione: “Perelandra”, 1943.
Gianfranco Franchi, aprile del 2007.
Prima pubblicazione: Lankelot.