Passo di danza

Passo di danza Book Cover Passo di danza
Aldous Huxley
Dall'Oglio
1967
9788877180773

Il secondo romanzo di Aldous Huxley, “Passo di danza”, è un’operetta traballante e incolore. Nonostante l’apprezzabile chiarezza espositiva, nonostante la (pur abbozzatissima) satira, nonostante l’elegante e cerebrale cura formale, si fatica a entrare nel vivo della narrazione e si stenta a stabilire sintonia con un mondo di personaggi che risultano stanchi clown e macchiette stereotipate e annoianti.

Huxley bersaglia la sua stessa classe sociale: rampollo d’una famiglia d’intellettuali e scienziati, d’autentica e agiata estrazione borghese, l’ancora acerbo romanziere si diletta a pizzicare, graffiare o titillare il suo ceto. Non si percepisce rabbia, non si riconosce autentico dissenso, non si evidenziano alternative: il narratore ha quel distacco vagamente snob di chi vuol affermare (o forse: assicurarsi) d’essere foglia diversa dalle foglie che pendono dalla sua stessa fronda. Fronda d’un albero che non marcisce mai, perché ha le radici assuefatte a ogni veleno. In altre parole: c’è qualcosa dello spirito e dei toni del Wilde più deteriore, primadonna dei salotti che poi ridicolizzava. Nient’altro che una divertente e ridicola figura d’annoiato vampiro d’un sistema che, sotto sotto, non nega e non rinnega. Perché appartiene a quel salotto, come una vezzosa e superflua pianta ornamentale.

Il libro non può che deludere i cultori de “Il Mondo nuovo”: c’è un unico frangente che strappa un sorriso al lettore contemporaneo, a questo proposito. Alludo a questa promettente riflessione sull’incremento demografico, ospitata nel capitolo XVII. Elaborata dieci anni prima del capolavoro, per intenderci. “Tanto più in quanto questo spaventoso aumento di popolazione costituisce il più formidabile pericolo per il mondo al momento presente! Con una popolazione che, soltanto in Europa, cresce a milioni ogni anno, nessuna previsione di carattere politico è più possibile! Ancora pochi anni di questa propagazione veramente bestiale saranno sufficienti a rendere assurdi i più saggi piani odierni”. Seguono frammenti contenenti arguzie varie rivolte alla “neo-aristocrazia” borghese e al clero, che non brillano per originalità né per cattiveria, purtroppo. I prodromi del Brave New World terminano qui. Veniamo allora, delusetti, ammettiamolo, ad accennare alla trama e a qualche altro aspetto notevole.

Teodoro Gumbril junior (Mr. Huxley, I presume), una laurea in lettere a Oxford, una assai poco edificante esperienza d’insegnamento appena gettata alle ortiche (sempre Mr. Huxley, ma a Eton), è un giovinastro cui “tutto interessa” ma poco stringe. Specula, “nella sua rapida sconnessa maniera”, sull’esistenza di Dio e sul suo passato, inevitabili drammi d’infanzia compresi; salvo poi trovarsi a voler brevettare dei calzoni che così descrive: “Pantaloni col sedere pneumatico, gonfiabile per mezzo di un tubo fornito di valvola; il tutto fatto di un solo pezzo di resistente caucciù rosso foderato di stoffa”. Se questa descrizione non vi ha fatto propriamente sganasciare preparatevi al peggio: l’ironia libresca del romanziere inglese tocca in queste righe uno dei suoi apici.

Insomma: mentre l’astuto Gumbril s’aggrappa al parentado e al clan d’eletti amici per trovare sostegno e finanziamento al suo geniale prodotto, si presenta al lettore l’allegra brigata che popola il romanzo. Richiamo a questo punto un utile frammento. “Io sono quel che sono – pronunziò Coleman – ma ho con me – additò Shearwater, Gumbril e Zoe – un fisiologo, un pedagogo e un priapagogo, tralasciando semplici artisti e giornalisti i cui titoli non terminano con la magica sillaba. E finalmente – indicando se stesso – il puro Logo, o verbo di Dio. Tutti a vostra disposizione” (cap. V).

A questa sommaria ma lineare presentazione si può aggiungere che l’artista è un pittore innamorato d’ogni arte e accecato dal suo integralismo, e che nella stramba galleria dei personaggi si contano anche un sarto rivoluzionario (perché “la rivoluzione è una novità”) e il disincantato e cinico padre di Gumbril, architetto elitista, cultore dell’Alberti.

Gumbril s’avvierà, abbandonata ogni velleità pedagogica, a una grottesca “tras-formazione”, non scevra da avventurette erotiche e involontarie goliardate di vario e non sempre ameno genere. Anime invano in cerca di armonia e stabilità: al limite tra nonsense, assurdo, grottesco e bozzettistico, lentamente vengono colti in un interludio della loro esistenza, simboleggiato forse da questo dialogo. “Ma la vita è quasi tutta un intermezzo – osservò Gumbril, il cui umore, frivolo e depresso, sembrava favorevole agli aforismi. - Risparmiatemi, vi prego, le vostre profondità! – protestò Myra”.

Assieme a Myra protesta il lettore. È bene non eccedere con le commistioni. Soprattutto in un libro come questo, che risulta, fondamentalmente, amorfo e non polimorfico come forse s’auspicava l’autore. La quarta di copertina dell’edizione indicata in bibliografia accennava a una “satira brillante e caustica dei costumi della borghesia, in particolare di quella inglese e dei suoi personaggi delineati con un sottile gioco di contrasti psicologici e finissimo humour”. Traduco: satira borghese intermittente e civettuola. Personaggi di superficie profonda e nessuno spirito, ironia da sartina.

Riservato a chi muore di curiosità nei confronti dell’Huxley reputato, giustamente, “minore”. Il lettore sano di mente si rivolga altrove.

EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE

Aldous Huxley (Godalming, Surrey, 26 luglio 1894 / Hollywood, California, 22 novembre 1963), poeta, saggista e romanziere inglese.

Aldous Huxley, “Passo di danza”, dall’Oglio, 1965. Traduzione di Luciano Foà.

Prima edizione: “Antic Hay”, 1923.

Gianfranco Franchi, novembre/dicembre del 2003.

Prima pubblicazione: Lankelot.