Panda
2010
9788896753118
La quarta canta: nel cinquantesimo anniversario della stampa del suo primo libro, “L'angelo alle spalle” (Rebellato, collana Zecchini d'oro) Troisio decide di pubblicare le sue “molte poesie rimaste melanconicamente inedite, perché considerate cascame di insufficiente decoro, quindi scartate in diverse occasioni da soprannaturali riviste; respinte da cauti demiurghi redattori; da severi editori scrupolosi in quanto non adatte alla loro, peraltro non del tutto astemia, linea editoriale [...]”. Siamo dalle parti, insomma, delle celebrazioni bittersweet, amare e dolci: non dei bilanci della carriera, ma dell'assemblamento degli excerpta, degli schizzi, delle sperimentazioni, degli inediti. Il tutto, come sempre, con grande dedizione alla sovrana arte della miseria più pura: la poesia, tra tutte le scelte esistenziali la più rovinosa, la più incomprensibile, la più delirante (causa incomprensione: nullo ascolto: scarsa partecipazione: equivoca episodica adesione). Troisio viene da esperienze poetiche (stavo per dire: da una carriera poetica. Carriera? In Italia?) estremamente differenti: gli inizi sono stati caratterizzati da una franca ed entusiastica adesione alle avanguardie. Le sue prime pubblicazioni scintillavano di sperimentalismo assoluto, scombinato, iconoclasta. Man mano, l'artista patavino ha scelto un sentiero diverso, quello d'un respiro più misurato, più calibrato: gli argomenti sono rimasti, curiosa coincidenza, tendenzialmente gli stessi (senso e significati della scrittura; amorosi squarci; trasfigurazioni di viaggi; introspezione serrata, a scandagliare i segreti abissi), mentre l'espressione s'è fatta lineare, ragionevole (stavo per dire: razionale. Mai sia), accessibile. Compita, compiuta.
Doppia dedica, al lettore benevolo e a chi ha rovinato la maggioranza dei tramonti dell'artista, magari in buona compagnia. Ecco la prima sezione, “The helping hand”, caratterizzata da una manciata di componimenti dedicate alle mani: subito dopo, versetti autoptici “Alla maniera della postneoavanguardia”: leggiamo una satira dell'ostentazione delle reminiscenze della Waste Land, consacrata al rifiuto dell'accettazione della notte, ché rende fuorviante il termine della notte stessa, e qualche saluto ad artisti amati, come Tamburi. Buona la satira dell'ispirazione smarrita, e del disordine della scrittura digitale, in “È sufficiente un minuto”, laddove leggiamo:
“Tutto è modificato l'ira sbollita / il verso tornato banale allo stato laicale / normale il divo offeso nell'angolo cottura / la rarità non più concessa appagata compromessa / nella sghemba divisione di una crostata” (p. 25).
Terzo blocco di versi è quello, scanzonato e allegrotto, dei “Falsi etimi”. Calembour, giochi di parole a tutto spiano, vellicando (o guadagnando, fieri) il nonsense, rimasticando antiche e indimenticate letture teoricamente universali. E satire ancora e letterari balocchi nei versi giocosi di “Alla larga”, onesta e reiterata presa di distanza dal polveroso mondo delle patrie lettere, dalle poetesse che hanno confuso la poesia col volontariato e la musa con la ninfomania: dai critici d'accatto, dagli accademici tromboni, dai concorsi farsa, dalle pubblicazioni previo contributo autoriale: dalla fallocefalia imperante.
Quinta dimensione è quella del “Mercatino degli haiku in offerta”. Con dedica all'imbecille: “L'imbecille / ha letto il mio libro. / [biancheggiamento] / Gli è piaciuto”. Il mio preferito è “Allontanamento dal Giappone”.
“Discreto il cabernet / e il sole splende. / Le nuvole sul mare”. Ah. Qualcosa non va con il Sol Levante: in “Partenza dal Giappone”, infatti, “Puntuale l'aereo decolla / finisce la rottura / memorabile”. Ecco. Sesto mondo è “La pazienza dell'avvoltoio”: nuove e ostili liriche contro la tecnologia (che ruba i versi che uno ha appena scritto), e infine seducenti meditazioni sul Nulla:
“Mai che s'incontri un normale poveraccio / temo d'essere rimasto l'unico liquidato dal Nulla / che ha una vita da nulla / che non parla che del nulla con nulla / non conta e non vale (quasi) nulla / che [per farsi coraggio] gli basta un nulla / del mondo si spiega poco o nulla, / [insomma] un asimmetrico depresso / vecchio da nulla nell'unto scivolo / che a un dipresso annulla” (p. 69).
Più avanti, nuovo omaggio al mondo dei fumetti – caro alla poetica troiside – nel “Vero Parnaso dei fumetti”: e poi, “Il c. oltre l'ostacolo”, laddove scintillano versi sui marmorei fianchi e su un pareo d'oro trasparente ammirato a Lignano, nella nostalgica “Lettera dal Myanmar”, e nobile e rabbiosa inventiva contro chi simula l'accento lombardo (“spocchioso supponente assai concreto”) nel favoloso mondo dell'editoria. Infine, ultima sezione, “Kaskami”, protagonista assoluta l'elegia d'una delle ultime penne biro del poeta, appena fottuta, l'ultima era di tre che in viaggio avea; e diverse memorie di viaggio, non estranee a vaghi saluti pasolinidi, e alle solite, robuste fotografie di orientali mondi che molti di noi non vedranno mai (inventeranno soltanto). E questo è quanto.
EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE
Luciano Troisio (Monfalcone, 1938 - Padova, 2018), poeta, narratore e critico letterario italiano. Si è laureato a Padova con tesi sulla Metafora. È stato ricercatore dell'Università di Padova. Ha tradotto quattro inediti di Marx.
Luciano Troisio, “Papera Omnia”, Panda, Padova 2010. Collana “L'orto dei semplici”, 2.
Gianfranco Franchi, luglio 2010.
Prima pubblicazione: Lankelot.