Tranchida
1993
9788880030256
“Oltre la soglia” è un’antologia di nove racconti dell’incompreso letterato gallese Arthur Machen, composti tra 1897 e 1935. Così Franco Basso presenta l’artista, nell’introduzione: «(…) questa figura rara di letterato ed erudito spazia ben al di là degli asfittici ambiti del fantastico: era un mistico, un visionario fermamente convinto che la percezione del mondo esterno sia pura illusione e che dietro gli eventi quotidiani e gli oggetti comuni vi sia un segreto che è la chiave del grande enigma dell’esistenza umana». Mi permetto di contraddire il curatore per un solo aspetto: non ritengo che gli ambiti del fantastico siano «asfittici»: all’opposto, mi sembra che l’accostamento tra i concetti di «asfissia» e «fantastico» risulti ossimorico. Dunque, un mistico e un visionario come Machen può serenamente essere accolto in quel filone della letteratura fantastica che ospita artisti fascinosi e contraddittori come Gustav Meyrink: egualmente mistico, egualmente visionario, egualmente sensibile al gotico.
Se si vuole invece instillare nel lettore il dubbio che solo un “iniziato” possa comprendere in profondità i significati dei racconti di un altro “iniziato”, il discorso è differente e va impostato con altro tono e altre argomentazioni: e rivolto ad altro e assai più ristretto pubblico. Altrove.
Torniamo all’opera. Si va da “La cerimonia”, del 1897, all’eponimo “Oltre la soglia” del 1931: racconti fino a questo punto inediti in Italia. Plaudiamo alla generosità dell’editore e all’intuizione del curatore: considerando quanto lacunosa e irregolare sia stata la traduzione delle opere di Machen in Italia, questa raccolta va considerata come autentica manna. Spiace certamente che l’ordine dei testi non rispetti un’originaria volontà dell’autore (se così è, non ne ho trovato prova) e non consideri neppure, come flebile filo rosso, una sequenza cronologica. A questo proposito, ho provveduto a fornire nel paragrafo intitolato “edizione esaminata e brevi note”, una datazione che dovrebbe, approssimativamente, corrispondere alla data di stesura dei testi.
I mondi di Arthur Machen sono popolati di segreti, misteri e antiche tradizioni: presenza costante è quella di una natura selvatica, porta d’accesso a dimensioni nuove o dimenticate, albergo del piccolo popolo (“I Turaniani”) o destinazione di chi vaga «in cerca dell’estasi della vera conoscenza» (“Il roseto”). Un’antica pietra è custode e testimone d’un antico rito iniziatico, tra gigli e orchidee (“La cerimonia”): si tratta di un unicum, il mondo minerale è altrimenti trascurato. Il tema del rito torna invece, in altro contesto, nello spettrale “I bambini felici”, incontro col Bianco Ordine degli Innocenti a Banwick.
La visione del mondo e delle cose di Machen è felicemente sintetizzata in questo frammento, tratto da “Il roseto”:
«(…) guardò ancora fuori per assicurarsi che la vista e gli occhi non rivelassero nulla tranne un velo tremolante, una cortina di singolari luci e figure, e che in essa non c’era realtà o sostanza. Lui le aveva sempre detto che c’era solo un’esistenza, una scienza, una religione, che il mondo esteriore era soltanto un’ombra variegata, che poteva sia celare che rivelare la verità; e adesso lei ci credeva.
Lui le aveva dimostrato che l’estasi fisica può essere il rituale e l’espressione di ineffabili misteri, di un mondo oltre i sensi, che deve essere penetrato tramite i sensi; e ora lei ci credeva».
Gli esiti migliori della raccolta si riscontrano nel momento in cui la splendida vena gotica di Machen zampilla: in particolare, “Il rifugio dei soldati” è un diamante grezzo, ambientato nell’estate «che non finisce mai» d’un eroe di guerra destinato a vedersi mescere il vino nuovo del Regno, il vino promesso.
Spicca la descrizione d’uno «sbuffo bluastro di legna fumante» che è il principio della visione e l’annuncio del passaggio: brillante la cristallizzazione della confusa percezione della realtà di chi non è più quel che era.
Fastidiosa ma comprensibile, considerando il contesto storico-politico, la vena patriottarda che emerge, prepotente, ne “Il tamburo di Drake”: vena neppure mitigata dalla presunta spiritualità della pagina, o dalla “spettralità” dell’accaduto.
In una dimensione d’incantevole fuoco freddo, dove la morte è solo transizione ad altra e più splendida vita, si stagliano i racconti del gallese Arthur Machen: maestro nella creazione d’atmosfere diafane ed evanescenti, dove sembra sfumare ogni differenza tra spiriti ed esseri viventi; sensibile al canto dei morti e al triste orgoglio della natura ferita e abbandonata, Machen scrive storie da esoterista, da leprechaun, da cronista gallese al fronte o da narratore gotico - sempre accattivante, sa imprigionare tra i suoi sogni; e non vorremmo uscirne più, tanto visionario e luminoso è questo nuovo mondo.
(Est enim magnum chaos).
EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE.
Arthur Llewellyn Jones, alias Arthur Machen (Caerleon-on-Usk, Gwent, South Wales, 1863 – Amersham, Buckinghamshire, England, 1947) romanziere, saggista, traduttore e giornalista gallese. Esordì pubblicando, anonimo, un poemetto titolato “Eleusinia”. Il suo primo libro, il singolare “The Anatomy of Tabacco”, fu stampato a Londra nel 1884.
Arthur Machen, “Oltre la soglia”, Tranchida, Milano, 1993. Traduzione e introduzione di Franco Basso.
Racconti contenuti: “L’albero della vita” (The Tree of Life, 1935); “I Turaniani” (The Turanians, 1924); “Il roseto” (The Rose Garden, 1908); “La cerimonia” (The Ceremony, 1897); “Il rifugio dei soldati” (The Soldiers’ Rest, 1914); “I bambini felici” (The Happy Children, 1920); “La stanza accogliente” (The Cosy Room, 1928); “Il tamburo di Drake” (Drake’s Drum, 1914? 1924?); “Oltre la soglia” (Opening the Door, 1931).
Gianfranco Franchi, gennaio 2004.
Prima pubblicazione: Lankelot.
Raccolta di racconti del letterato gallese Arthur Machen…