Artemide
2017
9788875752965
Quindici scrittori austriaci contemporanei, scelti da una commissione promossa dal Ministero degli Esteri austriaco nel 2016, ingiustamente dimentica del talentuoso poeta tirolese Thomas Schafferer, vengono oggi presentati al pubblico italiano in una piccola antologia curata e presentata dal professor Giovanni Sampaolo [Roma III], prefata da Elke Atzler [Direttrice del Forum Austriaco di Cultura, Roma] e ottimamente introdotta dal professor Francesco Fiorentino [ordinario di Germanistica, Roma III]. Fiorentino osserva che parecchi di questi scrittori hanno le loro radici altrove: Slovacchia, Bulgaria, Polonia, Moravia, “e portano nel tedesco altre lingue, altre memorie, spesso inconsapevoli, mentre scrittrici e scrittori nati in Austria si scoprono a dover affrontare in modo nuovo il rapporto con il mondo esterno, con un'alterità che non può più essere tenuta fuori i propri confini”. Direi che, almeno in questo senso, la Repubblica d'Austria va eternando la sapiente tradizione imperiale asburgica, accettando un'eredità fondamentale e complicata, unica credibile antesignana dell'Europa contemporanea – un'antesignana che sin qua, per supremo e seccante paradosso, a Bruxelles e dintorni non è mai stata riconosciuta e rivendicata come modello. Quale sia il modello che i nostri governanti abbiano deciso di adottare è anzi, a dirla tutta, un mistero per tutti i popoli europei confederati, ad oggi (non è detto che sia un bene; o forse sì). Torniamo al libro.
“Nuove scritture dall'Austria” [Artemide, 2017; pp. 142] è l'esito di un paziente [non so dire quanto “completo”, mi spiace] lavoro di scouting: un libro destinato a fare la gioia di quei germanisti e di quegli appassionati di letteratura austriaca che vogliano scoprire cosa si sono persi e cosa potrebbero apprezzare in lingua originale e magari, di qui a breve, in traduzione italiana. Bobi Bazlen se ne è andato da un bel pezzo e non abbiamo più un austro-ponte di quella classe e di quella intelligenza, da Trieste in giù, da quel terribile momento; difficile che nel 2018 gli italiani sappiano nominare tre scrittori austriaci contemporanei viventi, perché dopo Peter Handke [Griffen, 1942] e forse Martin Pollack [Bad Hall, 1944: è quello del “Morto nel bunker” venerato da Magris] la tentazione per parecchi sarebbe dire Niki Lauda [Vindobona, 1949] o al limite Herbert Prohaska [Vienna, 1955, campione d'Italia 1982-83]. Sbaglio? Thomas Bernhard è morto nel 1989. Ahi.
Allora questo lavoro, per quanto sintetico e probabilmente parziale e provvisorio, va salutato con curiosità e con gratitudine. Qualche nota su tutti gli artisti, in ordine alfabetico. Si parte da Thomas Arzt, classe 1983, da Schlierbach, Alta Austria; ha studiato cinema, teatro e letteratura a Vienna, ha esordito come autore teatrale con “Grillenparz”, nella città cara a Joseph Roth, nel 2012; diversi suoi lavori sono stati già tradotti in inglese, spagnolo, lituano e ceco. Qui possiamo apprezzare un frammento di “Grillenparz”: per Fiorentino, “l'idillio di una piccola patria provinciale è richiamato soltanto come oggetto di una nostalgia obsoleta. Non c'è heimat campagnola che regga di fronte al pragmatismo spietato dell'economia globalizzata”.
Poi ecco un bulgaro naturalizzato austriaco: Dimitré Dinev, nato nell'antica Filippopoli, odierna Plovdiv, cresciuto a Pazardzhik, classe 1968, germanista, riparato in Austria nel 1990. Poeta, scrittore e sceneggiatore, già tradotto in quindici lingue, è legato fondamentalmente al tema dell'emigrazione. Nell'antologia, possiamo apprezzare un frammento tratto dal suo romanzo “Engelszungen” [Deuticke Verlag, Vienna 2003]: nelle parole di Fiorentino, spaccato di un mondo “plebeo e orientale, pieno di vita e temperamento”.
Passiamo a Erwin Einzinger, classe 1953, da Kirchdorf an der Krem; poeta, tradotto in italiano da un microeditore nel 2015 [“Scalzi al cinema”], ha studiato anglistica e germanistica a Salisburgo. Per Fiorentino, “la lirica di Einzinger è affascinata dalla coesistenza dell'eterogeneo […]. Piccole cose che evocano grandi questioni: la profondità della contingenza, la molteplicità stupefacente e inafferrabile del mondo, le connessioni che legano i fatti più disparati”. Nell'antologia, possiamo apprezzare una sua poesia [“Flash d'ambiente sulla piazza di Hartberg”] e una prosa [“Foto di tappetini da bagno”].
Veniamo a Susanne Gregor, slovacca di Žilina, classe 1981: austriaca dal 1990. Ha studiato giornalismo e germanistica a Salisburgo; insegna tedesco nella University of New Orleans. Ha pubblicato due romanzi. Qui possiamo apprezzare un frammento tratto da “Territorien” [2015] – altra meditazione sulle migrazioni. Secondo Fiorentino, nell'austro-slovacca Gregor respiriamo “la difficoltà di integrarsi in un ambiente che si ritrae, la perdita di riferimenti, la sottrazione del linguaggio, la scoperta della labilità di ogni identità, ma anche la possibilità di un altro modo di sentirsi a casa”.
Ecco poi Alois Hotschnig, da Berg im Drautal, classe 1959: scrittore e poeta, alle spalle anni di studi universitari irrisolti [dalla germanistica a medicina, come niente fosse], già tradotto in inglese, francese, sloveno, croato e svedese. Possiamo apprezzare un racconto tratto da “Die Kinder beruhigte das nicht”: si tratta di “Forse stavolta, forse adesso”: forse uno dei pezzi migliori della raccolta, quasi beckettiano. Per Fiorentino, in Hotschnig “vediamo la letteratura percorrere i sentieri di una protesta sommessa e perciò tanto più credibile contro la discorsività dominante e le sue platealità. I suoi testi sono densi e misurati”.
Veniamo all'austro-coreana Anna Kim, classe 1977; ha studiato filosofia e teatro a Vienna; ha vissuto qualche anno a Londra; ha pubblicato diversi romanzi a buon livello con la prestigiosa, berliner Suhrkamp – uno dei quali è passato da queste parti per la vecchia Zandonai di Giuliano Geri, cioè “Gli anni di ghiaccio” [2014], meditazione sulla guerra del Kosovo. Nell'antologia c'è un frammento tratto da “Invasionen des Privaten”.
Poi c'è Karin Peschka, da Linz, classe 1967: romanziera, alle spalle una pluriennale esperienza nei servizi sociali, ha avuto buoni riconoscimenti in patria per il romanzo “FanniPold” - e in questa raccolta possiamo leggerne un piccolo frammento. Secondo Fiorentino, possiamo apprezzare nella Peschka una solidarietà e un'empatia rara nella letteratura austriaca.
Passiamo alla tirolese Irene Prugger, da Hall, classe 1959: giornalista e scrittrice, tra le firme del supplemento culturale “Extra” della “Wiener Zeitung”, in questa antologia ci viene presentata tramite un frammento tratto da “Letzte Ausfahrt vor der Grenze”, cioè “Ultima uscita prima del confine”. A dar retta al professor Fiorentino, nei suoi libri incontriamo “racconti di destini femminili, segnati spesso dall'incapacità di stare dalla parte del proprio desiderio, dall'esercizio del divieto come unica possibilità di contatto”.
C'è poi spazio per Kathrin Röggla, da Salisburgo, classe 1971, berlinese dal 1992; scrittrice, performer e drammaturga, da queste parti è stata apprezzata per il romanzo “Wir schlafen nicht” [2004], cioè “Noi non dormiamo” [Isbn, 2005]. Secondo Francesco Fiorentino, viene da pensare a Thomas Bernhard: “un'artista dell'iperbole surreale che si rivela in ultima istanza forma di rappresentazione più realistica di ogni altra”.
Tra le più giovani voci di questa raccolta istituzionale, Carolina Schutti, da Innsbruck, classe 1976, di sangue polacco: alle spalle un dottorato con tesi su Elias Canetti, già lettrice all'Università di Firenze, ha pubblicato diversi romanzi. Un frammento proposto nell'antologia viene da “Eulen fliegen lautlos”, cioè “Le civette volano in silenzio”, un altro da “einmal muss ich über weiches Gras gelaufen sein” [2012], cioè “Una volta devo aver camminato sull'erba tenera”.
Lisa Spalt, altra narratrice molto legata al tema delle immigrazioni, è una scrittrice nata nel 1970 a Voralberg; ha alle spalle diverse collaborazioni con fotografi, disegnatori e musicisti, è piuttosto portata alle sperimentazioni. Ci sono due suoi frammenti: uno tratto da “Dings” [“Cosa”], uno da “Die 2 Henriettas” [“Le 2 Henriette”].
Da Brno viene Michael Stavarič, austro-ceko: scrittore e docente universitario a Vienna, ha pubblicato romanzi di discreta fortuna. Secondo Fiorentino, “l'umorismo grottesco, lo stile splatter, orrorifero, satirico sono il segno della vitalità di una scrittura che sa evocare le molte facce che la pulsione di morte ha assunto nel Novecento, senza capitolare”. In questo volume possiamo leggere un frammento tratto da un romanzo del 2013, “Königreich der Schatten” “Regno delle tenebre”.
Anja Utler [Schwandorf, Germania, 1973], vive tra Regensburg e Vienna. Alle spalle un dottorato su quattro poetesse russe moderne (Zinaida Gippius, Elena Guro, Anna Achmatowa e Marina Cvetaeva), è una poetessa di fama internazionale: per Fiorentino, i suoi versi sono “una contestazione poetica contro l'incorporeità del digitale”.
Penultima autrice antologizzata è la giornalista e scrittrice Anna Weidenholzer, la più giovane dei 15 artisti scelti [1984]; viene da Linz, ha studiato letterature comparate a Vienna e a Breslavia. Del suo romanzo “Der Winter tut den Fischen gut” [“L'inverno fa bene ai pesci”, 2012] sono state tradotte parti in inglese, russo, ceko, cinese, bulgaro e ungherese.
Infine c'è Daniel Wisser, scrittore, musicista e poeta nativo di Klagenfurt, classe 1971. Il pezzo antologizzato è un frammento tratto da “Ein weisser Elefant”, “Un elefante bianco”, storia di dissociazione e alienazione di un manager licenziato.
Last but not least. Le traduzioni sono state opera degli studenti di Letterature e Traduzione Interculturale di Roma III e di Anna Chiaratti, Federica Fellico, Antonio Locuratolo, Edoardo Marconi, Daniele Nuccetelli, Sandra Paoli, Sara Pozzer. Revisori delle traduzioni, il curatore dell'edizione, professor Giovanni Sampaolo, e Melanie Panettieri.
Gianfranco Franchi, aprile 2018.
Quindici scrittori austriaci contemporanei, scelti da una commissione promossa dal Ministero degli Esteri austriaco nel 2016…