Arcana
2008
9788862310031
Diceva Kurt che l’America era piena di cittadine come Aberdeen. Krist Novoselic spiegava meglio: “In tutto il mondo, davvero. Piccoli posti isolati con una specie di coscienza collettiva: la gente tira avanti e non sa assolutamente che cosa stia succedendo nel mondo, nella vita… in ogni campo” (p. 110). È da una città come quella, dimenticata da Dio, costretta alla sopravvivenza da periodiche recessioni economiche, anestetizzata dall’alcol e dalla propaganda liturgica della speranza, che ha avuto origine il fenomeno musicale e mediatico dei Nirvana di Kurt Cobain. Da una di quelle oscure o dimenticate periferie statunitensi, che senza romanzi o film laterali e sparatorie nei campus non sentiremmo nemmeno nominare, da una comunità wasp relativamente povera, machista e ipocrita, culturalmente nulla; è in quel contesto che Kurt sviluppò la sua idea di punk, e decise di accostarlo al Nirvana: liberazione dal dolore e dalle sofferenze del mondo esterno.
L’opera di Polverari e Prevignano viene a colmare un vuoto, quello relativo all’interpretazione dei testi dei Nirvana integrata da approfondite ricerche biografiche e letterarie specifiche (diari, interviste, articoli, monografie), sino ad ora occupato parzialmente dalla prima, bella biografia di Thompson (“L’angelo bruciato”, Mondadori 1995), da una serie di opere analoghe e migliorative pubblicate negli anni (cfr. “Cobain. Più pesante del cielo” di Cross, Arcana 2005) e dai fondamentali “Diari” (Mondadori, 2004). Il risultato è appassionante e intelligente; non solo un amarcord e una rivisitazione dell’opera omnia della band, ma un ritratto generazionale fondato sui testi di Kurt, sulle sue vicende bio-discografiche e sui topoi dei suoi brani.
Il libro è strutturato in quattro capitoli: tre dedicati all’analisi dei pezzi contenuti negli album incisi in studio (Bleach, Nevermind e In Utero) e uno consacrato ai brani “extravaganti”: cover, b-side e registrazioni rare ma emblematiche. Fan e cultori del genere troveranno pane per i loro denti: una ricostruzione filologica maniacale delle varie stesure dei pezzi, titoli scartati inclusi, lettura delle lyrics collazionata con interviste o pagine dei diari, retroscena dei tour e dei primi passi della band (incluse notizie sul mecenatesco supporto del precario quarto Nirvana, quel Jason Everman chitarrista e finanziatore di Bleach), rilievi sull’infanzia e sull’adolescenza di Cobain (con particolare sensibilità nei riguardi del traumatico divorzio dei genitori, e della sua precaria integrazione sociale e professionale) e del dalmata Novoselic, acute osservazioni sul caratteristico contra omnes di Cobain: cultura bianca dominante e hippies, etichette discografiche piccole e grandi.
Non senza nostalgia si ritorna ad ascoltare i vecchi dischi di una band che ha caratterizzato la formazione di almeno due generazioni, interpretando il malessere, la rabbia e il desiderio di disintegrazione di chi assiste, furioso e impotente, alla decadenza di una società e alla resistenza in vita di un sistema assurdo. Scoprire quante stesure si nascondevano nelle versioni ufficiali di brani che probabilmente avevamo sinora sottovalutato, dal punto di vista contenutistico e concettuale, aiuta a decifrare l’intelligenza e l’ambizione di Cobain: vivere di Rock rinnovando quando modelli mainstream (Beatles, Bowie) quando underground (Vaselines), studiare metodicamente ogni aspetto organizzativo ed esecutivo della band, entrare nel sistema per sgranarlo e rovesciarlo. Facendo della propria vita un’opera rock: trovando ispirazione in ogni esperienza, sentimentale o estetica, ribadendo le proprie difficoltà esistenziali e la propria ricerca di quel litio capace di uniformare lo stato d’animo. Di dare pace a chi non ne aveva mai avuta, sin dalla famiglia e dalla scuola, e aveva passato l’adolescenza tra un lavoretto e l’altro, fuggendo dalle responsabilità e da se stesso, inseguendo il sogno di vivere di musica sopportando i pesanti problemi di salute e il disastroso stato d’animo.
Una scrittura non sempre immediatamente decifrabile, quella di Cobain, rivelata e condivisa con stile e passione: negli inneschi, nelle reminiscenze, nelle contaminazioni. “Kill Your Friends” è una lettura fondamentale per tutti i fan dei Nirvana, importante per gli appassionati di pop e rock, necessaria per chi, adolescente, sentiva quella musica per riconoscere rabbia, alienazione, disperazione e isolamento, masticando un inglese appena scolastico: adesso può finalmente comprendere, adesso può ascoltare.
EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE
Gianluca Polverari, giornalista romano. Collabora con “Il Mucchio Selvaggio”, “Rockstar”, “Kult” e “kwmusica.it”. Speaker di Radio Città Aperta.
Andrea Prevignano, giornalista e saggista. Lavora per Radio Deejay.
Gianluca Polverari, Andrea Prevignano, “Nirvana. Kill Your Friends”, Arcana, Roma 2008. Presentazione di Ernesto Assante e Gino Castaldo. Collana TXT, a cura di Stefano Scalich. Progetto grafico, illustrazione di copertina e logo design: Maurizio Ceccato.
Gianfranco Franchi, febbraio 2008.
Prima pubblicazione: Lankelot.