Musica rock da Vittula

Musica rock da Vittula Book Cover Musica rock da Vittula
Mikael Niemi
Iperborea
2002
9788870911077

Col tempo capimmo che la nostra regione in realtà non faceva parte della Svezia. In un certo senso, vi eravamo stati inclusi per caso. Un’appendice settentrionale, un terreno paludoso e deserto dove viveva della gente che riusciva solo in parte a essere svedese. Eravamo diversi, un tantino inferiori, un tantino incolti, un tantino poveri di spirito. Non avevamo caprioli, né porcospini, né usignoli. Non avevamo celebrità. Non avevamo montagne russe, né semafori, né castelli e manieri. Avevamo solo un’infinita quantità di zanzare, di imprecazioni finlandesi e di comunisti. Fu un’infanzia di carenze. Non in senso materiale, da quel punto di vista non avevamo di che lamentarci, ma nel senso d’identità. Non eravamo nessuno” (Niemi, “Musica rock da Vittula”, capitolo 4)

Mikael Niemi è un romanziere di grande talento: “Musica rock da Vittula” è un esordio che manifesta una straordinaria fluidità espressiva, una freschezza e una brillantezza non comuni, una profondità e una dolcezza almeno inconsuete. Poeta, drammaturgo e autore di libri per ragazzi, l’artista svedese, scrive la De Marco nella postfazione, scrive storie “legate dal filo rosso del Tornedal, la valle del fiume Tornio che segna un tratto del confine tra la Svezia e la Finlandia e che, come i lettori di questo libro ormai sapranno, tra Svezia e Finlandia è dolorosamente sospesa”. Niemi, in altre parole, è il cantore di una terra abbandonata, isolata e incompresa: come il Simone de “Gli dèi torneranno” di Sgorlon, è la voce di un popolo che, fino ad ora, era stato eccessivamente trascurato. Storia di una terra di frontiera, allora, e di un popolo senza definita identità: sintetizzata e sublimata in un romanzo di formazione non convenzionale e appassionante.

Pajala, anni Sessanta. Quartiere popolare di Vittulajänkkä, “la Palude della Passera”: l’etimo del toponimo, suggestivo e misterioso, è forse legato all’impressionante crescita demografica. Stanno asfaltando le strade: gli abitanti di Vittula stanno finalmente assistendo alle prime innovazioni dovute al boom economico. Il benessere agognato è una realtà che lascia increduli e storditi. Il piccolo Mattias, cinque anni, è testimone di una fase di trasformazione della sua terra: il principio, si spera, della fine dell’isolamento del Tornedal. La sorellina ha comprato il primo giradischi: come una reliquia, custodisce il suo primo e unico 45 giri, “Jailhouse Rock” di Elvis. Mattias ascolta la musica del genio di Memphis, pietrificato, in estasi: c’è qualcosa di nuovo e di straordinario in quella canzone, “il suono del futuro”. Il primo amico di Mattias è un bambino di nome Niila: è trasandato e sporco, ma ha una sua poesia. Non parla né in svedese, né in finlandese: dapprincipio comunica per segni e per gesti. I piccoli si intendono comunque: fin quando, estenuato dai silenzi di Niila, Mattias non riesce a sbloccarlo, provocandolo con qualche infantile volgarità. Niila gli insegna la “sua” lingua: gli altri bambini sono un po’ gelosi della segretezza delle comunicazioni tra i due marmocchi, ma il mistero è destinato a risolversi; Niila aveva imparato l’esperanto alla radio, e solo in esperanto si esprimeva. Poco a poco, inizia a parlare in svedese e in finlandese: ma sempre con varie difficoltà di pronuncia.

Gli eventi che segnano l’infanzia dei bambini, al di là dell’apparizione del giradischi e della musica di Elvis, sono il primo incontro con un negro, in chiesa (parla bantu, swahili, creolo, arabo e fiammingo: nessuno capisce. Fin quando tenta con l’esperanto, e allora Niila…), le rappresaglie a suon di palle di neve contro le ragazzine più grandi, il sistema dei pestaggi a catena, un’autentica faida che coinvolgeva i più giovani fino ai quindici anni d’età, e l’ingresso nella scuola: Mattias e Niila sono inseparabili, e incarnano la metamorfosi del loro popolo. La musica è il primo e il più chiaro segno del cambiamento: superba la descrizione dell’ascolto d’un 45 dei Beatles, innesco della rivoluzione.

L’infanzia e l’adolescenza dei ragazzi vengono narrate con tono a volte onirico, a volte iper-realistico: i dialoghi costituiscono una fedelissima trasposizione del parlato, e nei ritmi, e nelle argomentazioni, e nel colore delle parole dei piccoli.

Questa felicissima alternanza tra realtà e sogno corrisponde a una accattivante interpretazione del mondo degli adulti: filtrate dagli occhi di un bambino, le discussioni per l’eredità e le rivalità tra clan mantengono una freschezza e un’innocenza che meravigliano e stupiscono. Soltanto nel romanzo “Cristalli sognanti”, di Theodore Sturgeon, si è riconosciuto con tanto nitore un mondo raccontato da un bambino. Un insperato ritorno alle emozioni e alle sensazioni fortissime dell’infanzia – al senso di fragilità e di candore e di grandezza che tutto pareva poter assumere. Assai spesso l’aggettivazione ci conduce in quel mondo di purezza e innocenza irrimediabilmente perduto; e nei brevi e intensi dialoghi tra i ragazzi, sembra quasi al lettore di percepire una naturalezza edenica nella comunicazione. La spontaneità perfetta dei primi anni di coscienza di sé.

Deliziose le pagine dedicate al culto della sauna e a una micidiale sfida etilica (probabilmente la miglior indianata della storia della Letteratura: capitolo 14), commoventi e umanissimi i primi scontri con la morte, toccante la malinconia del narratore, nostalgico professore di svedese a Sundbyberg, che ha voluto, con questo libro, soffiare l’immortalità su un amico perduto e spiegare la bellezza e la storia del suo popolo.

Un romanzo di formazione capolavoro: e non solo per la straordinarietà dell’ambientazione. Una simile facilità di scrittura e una sensibilità del genere impongono d’accostare Niemi a Jonathan Coe: due romanzieri che sembrano conoscere le segrete porte del mondo delle favole, e che con l’immaginazione trasfigurano il dolore più impronunciabile, e tingono di vita la morte e il passato. Da leggere, assolutamente.

Doveva essere successo qualcosa di strano. Nel suo mutismo, nella sua paura solitaria, Niila si era creato una lingua tutta sua. Senza parlare con nessuno, senza mai una conversazione, aveva inventato delle parole, le aveva unite a formare delle frasi. O forse non era solo lui? Forse era qualcosa di più profondo, sepolto nei meandri più remoti della mente. Una protolingua. Un’antica memoria prigioniera dei ghiacci che a poco a poco si andava sciogliendo” (Niemi, “Musica rock da Vittula”, capitolo 2).

EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE

Mikael Niemi (Pajala, Norrbotten, Svezia 1959), romanziere, poeta e drammaturgo svedese. “Musica rock da Vittula” è il suo primo romanzo.

Mikael Niemi, “Musica rock da Vittula”, Iperborea, Milano, 2002. Traduzione di Katia De Marco. Postfazione di Katia De Marco.

Prima edizione: “Populärmusik från Vittula”, Stoccolma, 2000. Caso letterario in patria, “Musica rock da Vittula” è in via di pubblicazione in quattordici lingue. Niemi sta lavorando alla trasposizione cinematografica del libro.

Gianfranco Franchi, ottobre 2003.

Prima pubblicazione: Lankelot.