Mattioli 1885
2010
9788862611190
2010. L'artista capitolino Filippo Tuena, cinquantasettenne, pubblica il primo vero libro-giocattolo della sua onorata carriera: un divertente manuale di self-help destinato alle legioni di manoscrittori italiani, parte memoir, parte pamphlet, parte amara iniziazione ai misteri dell'editoria nostrana. “Manualetto pratico a uso dello scrittore ignorante” [Mattioli 1885, 2010] è un libello di manforte e di conforto: autoironico e sarcastico, lineare e molto razionale. Non solo: il “Manualetto” di Tuena è un tributo a chi è stato manoscrittore, o neo-scrittore, negli anni Ottanta, negli anni Novanta, nei primi anni Zero: tutta una serie di memorie e di consigli sembrano provenire direttamente da quegli anni in cui s'andava a fotocopiare il proprio manoscritto in una delle tante copisterie che puntinavano i rioni e i quartieri delle nostre città, con aria circospetta e non senza rossore, e ci si domandava con perplessità come rilegarli, e come più economicamente spedirli, e come più degnamente presentarli. Erano gli anni in cui ci si presentava agli uffici postali con una borsa o una sacca piena di pacchi, già mezzi rotti dal peso del manoscritto, e si finiva per affrontare lo sguardo severo o divertito [molto] degli impiegati con una certa nonchalance, non sempre capace di mascherare l'imbarazzo, la vergogna e il senso del ridicolo. Tuena ha impresso a fuoco nella sua memoria quel periodo in cui si sceglieva di darsi alla letteratura come entrando in clandestinità, vivendo una doppia o tripla vita, scavallando dalle abitudini lavorative e famigliari, scegliendo con timidezza la carta o una tastiera per sprigionarsi. E questo libro è intriso di questo divertente mood, un po' rétro.
Un buon punto di partenza si legge in quarta di copertina: è un frammento che si trova a pagina 42. Probabilmente è questa la porta maestra del libro: “Ovviamente il tuo è un desiderio irrealizzabile. Dovrai infatti spedire molti dattiloscritti, pari quasi a quelli degli editori di cui hai notizia. Col tempo, ne conoscerai anche molti di più. Stai entrando in un labirinto. Un mondo oscuro. Neppure sai quanto”. In questo mondo oscuro raccontato da Tuena, lo scapestrato e incosciente neo-scrittore dovrà scoprire che una delle cose più importanti sarà saper spedire il proprio dattiloscritto, tenendo presente che “una lettera di presentazione deve essere perfetta, possibilmente anche avvincente. Gran parte della tua fortuna dipenderà da quel foglio di presentazione” [p. 48]; e un'altra cosa abbastanza fondamentale sarà accantonare ogni paura di farsi fregare l'idea da un oscuro lettore editoriale, o da un improvvido postino: “Occorre subito dire che l'eventualità che un evento simile si realizzi è pari quasi a zero. Sebbene questa sia la verità, stenterai a crederla. La rifiuterai così come molte altre verità dolorose […]. Com'è possibile che nessuno s'interessi a una storia come la tua e che non ne colga le straordinarie qualità artistiche e le sconfinate possibilità economiche? È possibile” [p. 58].
Il povero e ingenuo neo-scrittore s'accorgerà che la segnalazione di un amico scrittore già pubblicato, e magari già apprezzato dalla critica a un certo livello, molto spesso non serve a niente, e non schioda i direttori editoriali dalle loro convinzioni: “Lo scrittore rappresenta l'ultimo gradino della scala gerarchica che conduce alla pubblicazione. Di solito è un velleitario, predilige la buona scrittura rispetto alla facile scrittura” [p. 72]. E intanto, man mano, il neo-scrittore dovrà prendere che atto che pubblicare non significa molto: non dovrà attendersi niente di particolare dall'esperienza, perché “pubblicare vuol dire soltanto rendersi pubblici. Far conoscere quel che si è capaci di fare. Non vuol dire rendersi migliori. Né migliori amanti, né migliori scrittori” [p. 89]
Sarà saggio tenere presente che un romanzo italiano che vende 1500, 2000 copie non può essere considerato un fallimento editoriale: i numeri sono questi. “Distribuite in un migliaio di punti vendita fa una media di due copie a libreria”, ricorda Tuena in una triste nota [p. 76]. Insomma, l'improbabile neo-scrittore deve cominciare a entrare nell'ordine d'idee che questo è un mondo piccolo, fragile e provinciale; che la nostra lingua è poco parlata nel mondo, e più ancora in Italia; e che la nostra letteratura è scarsamente considerata nel mondo, ma spesso più ancora in Italia. Questo lo aggiungo io.
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Tuena avverte il neo-scrittore: per quanto entusiasmante e appassionante, l'avventura della scrittura di un romanzo sarà “una faticaccia spaventosa”. Perché “sarà un combattere coi mulini a vento, sarà un perderti con pochissime possibilità di ritrovarti. Sarà un costeggiare l'abisso e nessuno potrà darti una mano. Sarai drammaticamente solo con te stesso. Dovrai abituarti” [p. 13]. Scrivere un romanzo domanderà determinazione: è necessaria una grande determinazione. E forse è necessaria una discreta riservatezza: l'attività può richiedere così tanto tempo che nessuno dovrebbe dire ad alta voce 'sto scrivendo un romanzo', soprattutto se neo-scrittore.
Scrivere un romanzo richiederà notti intere. “Ritroverai quel senso di libertà quasi adolescenziale che con gli anni avevi smarrito e la notte per te sarà lunga e bellissima e, come un rettifilo lungo il mare, ti sembrerà facilissima da possedere […]. Dio mio che bello ritrovarsi, penserai, a tanti anni di distanza, ancora qui a giocare al grande gioco del prendersi sul serio, col bicchiere di whisky e il posacenere sporco […]. Sarai ancora una volta il burattinaio, il cerimoniere, il dominatore della notte” [pp. 30-31].
I tempi dell'editoria sbalordiranno il neo-scrittore: “Come l'andare di una lumaca su un terreno sabbioso, arido, impraticabile” [p. 46]; le lettere di rifiuto, quando arriveranno, peggioreranno l'ansia e l'angoscia, e il senso di inadeguatezza [p. 81]: le compagne [o i compagni] cominceranno a nutrire istinto da crocerossina, e molte dinamiche sociali cambieranno, perché il neo-scrittore, per giustificare i tanti fallimenti e il completo scollamento dalla realtà, comincerà ad assumere pose scontrose, a fare il gran lunatico.
Ma la morale della favola Tuena è comunque solare: il neo-scrittore imparerà, fallimento dopo fallimento, rifiuto dopo rifiuto, che se davvero la sua ossessione è santa, allora sarà una dannazione che lo costringerà a procedere, “con questa voglia di opporti alle avversità e che ti fa sentire vivo come mai avevi creduto di poterlo essere” [p. 95].
Aiuterà a vivere con allegria ogni avversità qualche verso di Lorenzo Da Ponte, il papà del “Così fan tutte” mozartiano: mastro Filippo suggerisce questi: “Fortunato l'uom che prende / Ogni cosa pel buon verso. / E tra i casi e le vicende / Da ragion guidar si fa. / Quel che suol altrui far piangere / Fia per lui cagion di riso / E del mondo in mezzo i turbini / Bella calma troverà”. Amen.
EDIZIONE ESAMINATA E BREVI NOTE
Filippo Maria Tuena (Roma, 1953), scrittore e antiquario italiano, laureato in Storia dell'Arte alla Sapienza.
Filippo Tuena, “Manualetto pratico a uso dello scrittore ignorante”, Mattioli 1885, Fidenza, 2010. ISBN, 9788862611190.
Approfondimento in rete: Oblique + Wiki it
Gianfranco Franchi, aprile 2013.
Prima pubblicazione: Lankelot.
2010. L’artista capitolino Filippo Tuena, cinquantasettenne, pubblica il primo vero libro-giocattolo della sua onorata carriera: un divertente manuale di self-help destinato alle legioni di manoscrittori italiani, parte memoir, parte pamphlet, parte amara iniziazione ai misteri dell’editoria nostrana.