Maneggiare con cura

Maneggiare con cura Book Cover Maneggiare con cura
Joe R. Lansdale
Fanucci
2002
9788834708552

15 racconti, composti tra 1982 e 1994, assemblati in un libro soltanto qui in Italia; destinati a fare la gioia degli aficionado di Lansdale, dei collezionisti e dei bibliofili, e al contempo viatico ideale per famigliarizzare con la scrittura e gli argomenti principe dell'artista texano. In questo “Maneggiare con cura”, appaiono le ambientazioni preferite da Lansdale (ovviamente il Texas; in subordine, i drive-in e i quartieri poveri delle piccole cittadine); le solite classi sociali (proletariato o piccola borghesia), le ossessioni principe (sesso, violenza, automobili), velate appena da un irrisolto misticismo (mai centrale, sempre comprimario ed estraneo alla solarità, cristiano o amerindo poco cambia); talvolta appare lo spettro di un grande rapporto coniugale, o di una magnifica percezione della famiglia; in subordine, rispetto a questo macro-tema, l'adolescenziale abnorme desiderio della femminilità. A livello di generi, thriller, pulp, satira neo-realista (del razzismo, su tutto) sono i primi; minoritari, fantascienza e fantastico.

“L'arena” (“The Pit”, 1987) è una tetra allegoria delle rivalità, degli antagonismi e del voyeurismo di una nazione ferocemente individualista: cittadini delle campagne texane si radunano in un'arena all'aperto per assistere prima a uno scontro tra pitbull, quindi a quello tra due concittadini; lo scontro, va da sé, è all'ultimo sangue. Accidentalmente, in questo caso si fronteggiano un bianco e un nero. Chi perde si ritrova con la testa impalata assieme a quella dei precedessori; tutto benedice e supervisiona un Reverendo, Bibbia alla mano, serpente al collo. Lansdale racconta che, nei sei mesi successivi, il futuro vincitore (un bianco, stavolta) s'allenerà assieme al suo sfidante. Non rischiano di diventare amici, credo. Non fino in fondo. Il racconto potrebbe aver influenzato “Fight Club” di Palahniuk e – più ancora - “Fighter” di Craig Davidson.

“Girovagando nell'estate del '68” (“Steppin' Out Summer '68”, 1990) è una stravaganza grottesca. Tre ragazzi bianchi, piccolo borghesi, condividono due ossessioni: la fica e i negri. La prima è madre di leggende e di mitologie; i tizi disperano di riuscire nell'impresa di scoprire cosa sia. Uno dei loro punti di riferimento è il cugino Butch, che ha la macchina e bestemmia di fronte ai grandi; addirittura, ogni tanto s'accompagna a qualche donna (apprezzate la sfumatura diversa da “fica”). La seconda mania dà vita, nei loro dialoghi, a digressioni dedicate al comportamento dei negri: dai loro negozi sino alla loro etica, etc. Lansdale è magnificamente scorretto, libero di rappresentare lessico e dialoghi wasp americani sessantottini, nella provincia texana. Sesso, questioni razziali e vaga bramosia di ricchezza sono protagoniste di una vicenda che, simbolicamente, precipita uno dei tre ragazzi – mostri di superficialità – alla morte. Una morte grottesca: fallito l'adescamento di una ragazza creduta prostituta (il padre non è d'accordo), si ritrova torcia umana, investito infine da un camion (il bianco investitore fugge via) e piomba in un canale a un passo da un alligatore che prende e se lo mangia. Gli amici cercano di salvarlo, invano; infine, lasciano il cadavere dell'amico – assieme a quello dell'alligatore – sotto la porta di casa e vanno via, parlando delle sue scarpe. Di pelle: d'alligatore. Trofeo della serata di questi campioni di intelligenza yankee. L'artista texano si supera: la sequenza: padre della creduta puttana molto aggressivo e risentito, e con vistosa ernia inguinale – ragazzo torcia umana – torcia investita da pirata della strada – ex torcia (ragazzo bruscato) pappa dell'alligatore – alligatore cadavere e amico cadavere in macchina, come fossero mazze da golf, è praticamente senza precedenti nelle storie letterarie di tutti i tempi. Dimenticavo l'incontro con la comunità afroamericana, nel cuore della notte, con favolosi insulti etnici e reciproche minacce di morte e di violenza. Tutto totalmente credibile (a parte, forse, l'alligatore: davvero molto resistente e rapido).

“Godzilla in riabilitazione” (“Godzilla's Twelve Step Program”, 1994) è un racconto breve semplicemente geniale. Potrebbe – è solo una mia suggestione – aver influenzato il nostro Morici, per “Actarus”. La grottesca e paradigmatica vicenda di un supercattivo costretto a emigrare negli States e a vivere da operaio si tinge di politico: Godzilla, dopo aver ascoltato dischi e cercato di ballare tutto solo in cameretta, facendo finta di divertirsi, e dopo essere sprofondato nel dubbio per il suo stile di vita, incapace com'è di una relazione stabile e di evitare di dare fuoco a certi palazzi, si ritrova ingaggiato dal governo per bruciare i quartieri dei neri, dei cinesi, dei bianchi pezzenti e degli omosessuali; proprio mentre sta per darsi da fare, tutto felice per l'assegno in arrivo, ha un rimorso di coscienza e si ritrova, assieme a Kong (outing: lo scimmisione è bisex, ha sia Ken che Barbie; Ken è Priapo) ad attaccare i simboli del potere. Avranno entrambi vita breve, a differenza del racconto. Formidabile. Durerà nel tempo.

“La bambola gonfiabile: una favola” (“Love Doll: A Fable”, 1991) è un divertissement femminista e spiazzante. Quella che sembra la vicenda breve e allucinata di un tizio che aveva comprato una bambola gonfiabile e aveva assistito alla sua presa di coscienza della realtà (laurea, lavoro, emancipazione, fine del sesso) si rivela la stravaganza di un bambolotto gonfiabile che tutto a un tratto, un bel giorno, viene riposto nel cassetto. Si chiama “Il trombatore”. Piacerà alle donne.

Quinto racconto, “Un signor giardiniere” (“Mister Weed-Eater”, 1993), nuova incursione nel grottesco: un giardiniere cieco, spedito al posto di un negro storpio a falciare l'erba delle case borghesi, si ritrova a dialogare con una famigliola – protagonista di prese di wrestling e di buone conversazioni con la signora, ipocondriaca – perde il lavoro (il Reverendo s'accorge che forse non è in grado, e ripristina il negro) e si ritrova in fuga con moglie e figlio del padrone di casa, abbandonato tutto solo soletto nella casa ormai deserta.

Ci sono dei frammenti di un meraviglioso politicamente scorretto: “Quando finalmente il signor Harold lasciò la tavola per ritirarsi in bagno, senza aver avuto una sola fetta di torta, il cieco e la signora Harold stavano discutendo un piano per riportare tutti i negri in Africa. C'era qualche incertezza sul numero di navi necessarie e sulle misure sanitarie da prendere” (p. 95). Ahah.

Ecco “Piccole suture sulla schiena di un morto” (“Tight Little Stichtes in a Dead Man's Back”, 1986): è una lugubre fantasia apocalittica, fantascienza esistenzialista e sentimentale; una famiglia (marito, moglie, figlia giovane) viene distrutta e separata dal lancio delle bombe atomiche. La coppia si rifugia sottoterra, nei rifugi; anni dopo, quando torna alla luce, scoprendo che niente rimane dei milioni di anni di storia dell'uomo, si ritrova a fronteggiare la minaccia delle rose carnivore mutanti. Elegiaco il suicidio del marito, pur di ricongiungersi a chi aveva perduto, nelle ultime battute; il faro in cui s'era ritirato con la moglie, ormai circondato dalle perfide rose, è un simbolo troppo semplice per meritare glosse.

Veniamo a “Fish Night”, 1982, qui “La notte dei pesci”: è un racconto breve e poetico, reminiscenza dell'ancestrale religione amerinda e delle sue vaghe influenze nella contemporaneità; nel deserto, un tempo fondale marino, visioni realistiche di pesci (e squali...) che, spettri, tornano a nuotare, nella notte, ribadendo la nullità della civiltà contemporanea, e rivendicando il loro antico potere.

Ottavo lungo, e sicuramente meno riuscito racconto, è “Nel deserto delle Cadillac, con i morti” (“On the Far Side of the Cadillac Desert with Dead Folks”, 1989): un baloccone pulp, con retrogusto quando erotico quando blasfemo. Praticamente un esercizio di stile.

Quindi, “I treni che non abbiamo preso” (“Trains Not Taken”, 1987): pellirossa contro nippo-americani sono la cornice temporale d'un tentativo di restituire linfa e vitalità all'amore stanco d'una coppia, in viaggio in treno, in cerca di significati nuovi e di un senso profondo da dare alla propria vita. Lui è in piena crisi, e risolverà – scolastico – il problema scendendo dal treno mentre la moglie dorme, in cerca di una nuova primavera, guidato dall'avatar di una bella ragazza bionda.

Passiamo a “La notte che si persero i film dell'orrore”, (“Night They Missed the Horror Show”, 1988): ambientazione classica per Lansdale (drive in: cfr. 14° racconto del libro, “Hell Through a Windshield”, 1994; ma non solo. Per la località Mud Creek, cfr. romanzo “La morte ci sfida”), soliti personaggi ossessionati dai negri (“Non voleva vedere un film con un attore negro. I negri raccoglievano il cotone, aggiustavano le gomme e proteggevano le puttane negre, non aveva mai sentito che ammazzassero gli zombie”, p. 205), dalle macchine e dalle donne, omaggi a Steve McQueen; risse (per salvare un nero: quarterback), massacri odiosi (p. 218, pestaggio con omicidio. Atroce), involontarie violenze a un cane (giudicate terribili dagli wasp razzisti: un cane non è un negro): tutto per non aver voluto vedere un film con un attore di colore. I due protagonisti perdono tutto per via del loro razzismo. Nel tredicesimo pezzo, “Una serata al drive-in” (“Drive-In Date”, 1990), atmosfere non dissimili: “Negro è una brutta parola”. “Preferisci bingo-bongo, Martin Luther? Che te ne pare di melanzana o lustrascarpe? Personalmente mi sono sempre piaciuti scimmione o zulù” (p. 273). Ossessione per le donne e violenza i tratti distintivi.

Ecco “Non viene da Detroit” (“Not from Detroit”, 1988): la Morte pulp. Incontro con una morte in carne e ossa (“portava una maglietta nera, pantaloni e scarpe da ginnastica e naturalmente la bombetta, che non era stata spostata di un solo centimetro dall'impatto col carro attrezzi”, p. 234: ma poi la bombetta cade!), che accetta di portare via con sé una coppia di vecchi che non vuole essere separata per nessuna ragione. Lui, orfico violento, prova a scazzottare e ad aggredire la Morte, riuscendo a convincerla a prenderlo assieme alla moglie. Diciamo “romantico”. “Non viene da Detroit” è un riferimento al motore della macchina della Morte (sì, un po' come Babbo Natale, la Morte in Bombetta di Lansdale ha un suo carro. Non funebre). Carino.

“Incidente su una strada di montagna (e dintorni)” (“Incident On and Off a Mountain Road”, 1991) è un altro racconto pulp di discreta qualità; la miglior trovata del pezzo, a mio avviso, rimane l'iniziale descrizione dell'incidente. Tutto il resto è una confusa simbologia inconscia difficoltosamente restituita alla luce, contorta e non del tutto espressa. Ultraviolenza e poco più.

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Quanto agli illustri antecedenti, secondo Carratello e Briasco, eroi personali di Lansdale sono “In primo luogo, Mark Twain, per più di una ragione: una vis comica sempre venata di cattiveria e anarchismo; la dimensione totalmente orale del linguaggio e dello stile; la scelta di un regionalismo che non rinuncia a proporsi come universale. Poi Ambrose Bierce, per la contaminazione tra livello realistico e fantastico e per la controllata amarezza dello sguardo gettato sugli orrori di un mondo in costante conflitto. E gli anni Trenta e la Depressione di James Cain e di Erskine Caldwell, popolati di 'poveri bianchi' sbandati e incattiviti (…). E ancora, la tradizione del gotico sudista, da Faulkner a Flannery O' Connor fino a Cormac McCarthy, nella messa in scena del corpo a corpo tra bellezza e depravazione, tra civiltà e barbarie, tra natura e cultura, tra bianco e nero” (p. 324)

Incuriositi? È il libro ideale per cominciare a scoprire Lansdale. Partite da qui. L'autore predilige i racconti – questo testo vi aiuterà a capire perché.

EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE

Joe R. Lansdale (Gladewater, 1951), scrittore e sceneggiatore americano. Ha esordito pubblicando “Act of Love” nel 1980.

Joe R. Lansdale, “Maneggiare con cura”, Fanucci, Roma, 2005.
Traduzione di Umberto Rossi. Postfazione di Luca Briasco e Mattia Carratello. Collana Tascabili Immaginario Fanucci.

Prima edizione: Quest'antologia è soltanto italiana. Racconti antologizzati: “The Pit” (1987); “Steppin' Out Summer '68” (1990); “Godzilla's Twelve Step Program” (1994); “Love Doll: A Fable” (1991); “Mister Weed-Eater” (1993); “Tight Little Stichtes in a Dead Man's Back” (1986); “Fish Night” (1982); “On the Far Side of the Cadillac Desert with Dead Folks” (1989); “Trains Not Taken” (1987); “Night They Missed the Horror Show” (1988); “Not from Detroit” (1988); “Incident On and Off a Mountain Road” (1991); “Drive-In Date” (1990); “Hell Through a Windshield” (1994); “A Hard-On for Horror: Low Budget Excitement” (1994).

Gianfranco Franchi, marzo-aprile 2009.

Prima pubblicazione: Lankelot.