Keller
2012
9788889767252
Una dozzina d'anni fa, lo scrittore nordamericano Joe Lansdale è riuscito nell'impresa di pubblicare un grande romanzo, allegorico e intelligente, sulla noble art: si tratta di “The Big Blow” [“L'anno dell'uragano”], ambientato a Galveston, Texas, nel settembre del 1900. Un libro intenso, spettacolare e politico, davvero difficile da dimenticare. Una pietra miliare, un punto a capo. Forse insuperabile.
È appena il caso di ricordare che il pugilato, clandestino e non, negli ultimi quindici anni ha ispirato diversi narratori nordamericani e canadesi di buon livello: segnalo almeno Thom Jones, Chuck Palahniuk, Craig Davidson. Qui in Italia, a un livello leggermente diverso, vanno ricordati, nello stesso lasso di tempo, “Cento per cento” di Sacha Naspini e il drammatico “La guardia” di Andrea Caterini, omaggio al pugile triestino Tiberio Mitri. Con leggera differita arriva adesso l'interpretazione di un giovane francese di belle speranze e discreta prospettiva, David Fauquemberg, classe 1973, autore di “Mal tiempo” [2009; IT, Keller, 2012]. Estremamente più semplice e lineare di Lansdale, propone un libro di poesia in prosa, ultrarealista e malinconico, giocato su una trama esilissima e su una apprezzabile letterarietà.
Questa sua è una storia di combattenti – di combattenti sconfitti dalle cose della vita, dalla vecchiaia o dalla sfortuna; predestinati e onesti – ambientata in larga parte nella polverosa e gretta Cuba dei giorni nostri, rappresentazione della decadenza e della triste sconfitta dell'utopia socialista. Protagonista e narratore è un vecchio pugile, uno a fine carriera. Uno che si sente semplicemente stanco. Cosciente che il tempo ha finito per passargli davanti, non vede più futuro. Sente di non avere più niente – più nessuna prospettiva. Il suo vecchio maestro, Rouslan, fiuta l'aria e gli domanda un ultimo favore. Partire con lui e con due ragazzi della palestra, giovani e promettenti, per Cuba. Sono due pugili già conosciuti a livello nazionale. Uno è un peso massimo, Toufik, l'altro un leggero, Fred. Hanno stoffa. Non sono campioni. Ma hanno testa.
Nell'isola del Che non saranno protagonisti di nessuna particolare avventura, perché da quelle parti il vecchio pugile pizzica uno che è un campione vero. Un campione ragazzino, mezzo incosciente e scombinato, Yoangel. Uno che crede di non avere possibilità diverse dalla boxe. Che il ring sia la verità. Uno che combatte contro tutto, come niente fosse. Come dire: perché è nelle cose.
Yoangel è uno che, come ha scritto Gianotti su “D”, “è l'ultimo prodigio cubano, un massimo che ha la dominante presenza di Robinson e il destro fulminante di Savón, e una ferita più profonda di quella che gli solca il bicipite sinistro: è un écorché vif dalla sensibilità 'scorticata' e, refrattariamente, fervente”.
Non è più l'epoca per gli eroi popolari, sembra suggerire Fauquemberg. Rimane solo la possibilità di fare buona letteratura per una sconfitta che sembra scritta. Una sconfitta che avviene, almeno, combattendo. Combattendo e danzando sul ring, con classe. Fermiamoci qua.
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Vale la pena segnalare, come invito alla lettura, qualcuna tra le diverse buone descrizioni di Fauquemberg. Neanche l'ombra di Hemingway, come qualche buontempone transalpino ha provato a scrivere, ma non se ne sentiva il bisogno, in ogni caso (ma quanti epigoni ha avuto, il povero Ernst? E basta...). Comunque: sentite qua. Esterno. “Rouslan viveva in fondo a un vicolo cieco, al primo piano di un edificio. Aveva piovuto. Dei ragazzini giocavano a baseball a piedi nudi nel fango. Nell'aria della sera aleggiava odore di cibo, delle donne conversavano attorno a una marmitta posata su un braciere in mezzo al marciapiede. Sarbelio viveva da solo in un bilocale” [p. 56].
Interno giorno. “Un frigorifero sovietico, posato sull'argilla pressata, ronzava in cucina. In sala, un televisore ultimo grido appena sballato. La zia seguiva una telenovela cubana, inginocchiata per terra. Tailleur a quadretti, il viso gonfio, curata. Si è alzata, commossa, profumo di gelsomino e scorza d'arancia. Ha abbracciato Yoangel, gli ha preso il viso tra le mani cariche di anelli d'oro, poi è indietreggiata per ammirarlo meglio” [p. 64].
Esterno. “L'aria era pesante, appiccicosa. Lampi nel cielo nero, la bufera si avvicinava. Martello soffocato delle gocce sulle palme del tetto. Per diversi secondi nella capanna ha fatto giorno, e subito dopo l'impatto di un fulmine ha fatto tremare la terra” [p. 75].
Interno giorno. “La ballerina è riapparsa, portava un abito scollato sulla schiena. Aveva tenuto i tacchi. Ballava da sola, un pendaglio afro all'incavo del seno, muoveva le spalle, inclinata in avanti, i lunghi capelli neri tenuti da una fascia. 'Bueno...'. Yoangel si è alzato. Si è sbottonato i primi bottoni della camicia, ha sollevato il colletto. Si è allontanato con passo lento, la sua statura prodigiosa gli apriva un varco tra i festanti. La ragazza lo aspettava, si è rannicchiata contro il suo corpo, gi dava le spalle, inarcava la schiena davanti a lui. Oscillavano in mezzo al tumulto. Attiravano tutti gli sguardi” [p. 109].
Che dire: niente male. Ma niente di immortale. Dignitoso.
EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE
David Fauquemberg (Francia, 1973), scrittore e saggista francese. Ha studiato Filosofia, ha viaggiato tanto. Ha esordito pubblicando il romanzo “Nullarbor” nel 2007.
David Fauquemberg, “Mal tiempo”, Keller, Rovereto, 2012. Traduzione di Tatiana Moroni. Collana “Passi”, 13.
Prima edizione: “Mal tiempo”, 2009.
Gianfranco Franchi, febbraio 2012.
Prima pubblicazione: Lankelot.
Libro di poesia in prosa, ultrarealista e malinconico, giocato su una trama esilissima e su una apprezzabile letterarietà.