1910
9788804514312
“Io ho fede nella tua potenza, fratello!”. “Abbi fede, piuttosto, nella tua, e obbedisci soltanto alla tua anima che arde dal desiderio di domare il tuo destino! Sii il figlio devoto della tua ambizione. È lì, nei tuoi occhi, l'idea unica che sempre fiammeggia quando tutto dorme nella tua anima! Io la vedo! Si chiama Dominazione!” (Marinetti, “Mafarka”, p. 20).
“In 'Mafarka' la forza di creazione è veramente straordinaria. Quel mondo – uomini e paesaggio – gigantescamente barbarico vi si afferma come realtà, si spiega senza reticenze, senza quegli sciocchi pudori che diventano, se si guarda bene, ipocrite e vigliacche spudoratezze” (Luigi Capuana).
Racconta Luigi Ballerini, nell'introduzione, che quando venne alla luce, nel 1909, il “romain africain” Mafarka parlava francese: venne tradotto in italiano da Decio Cinti, sotto lo sguardo diretto dell'autore. “Ciò è perfettamente in regola con la formazione scolastica, i gusti e le competenze linguistiche del suo autore negli anni che precedono (o seguono di poco) la nascita ufficiale del Futurismo, che, com'è noto, verrà anch'essa annunciata in francese” (p. VII; ma in realtà Guerri ha già dimostrato che non è stato così, cfr. “FTM”, p. 67, laddove leggiamo che il manifesto non apparve per la prima volta sul "Figaro" del 20 febbraio 1909: era già uscito sulla "Gazzetta dell'Emilia", sul "Piccolo" di Trieste, sulla "Gazzetta di Mantova", sul "Giorno di Roma" e su diversi altri quotidiani; addirittura in uno rumeno, "Democratia" di Craiova).
Questa edizione, salvo “qualche piccolissimo intervento inteso ad ammodernare la grafia, a snellire la punteggiatura o a correggere alcune sviste tipografiche” (p. XXXVII), è quella originale del 1910; famosa per essere stata sequestrata per “oltraggio al pudore”, e per essere stata processata. FTM sosteneva, piuttosto che oltraggioso, che il suo fosse “un grande poema in prosa, lirico e drammatico”, nel quale dava vita “a una superba figura d'Uomo ideale, esaltando l'Eroismo e la Volontà come elementi di un trionfale Avvenire della nostra razza” (p. 233). In appendice, Ballerini ha pubblicato “Il processo e l'assoluzione di Mafarka il futurista”, per quanti fossero interessati all'esito della vicenda, e alle ragioni di entrambe le parti.
Il magnifico Mafarka-el-Bar, re di Tell-el-kibir, da qualche parte in Africa del Nord, festeggia – nelle prime battute – la sua vittoria: diecimila prigionieri negri, seimila uomini e quattromila donne; e poi un ricco bottino. È disinvolto e robusto, ha un corpo “troppo compatto, troppo vivo e quasi frenetico sotto una peluria fulva e una pelle chiazzata (…) sembra dipinto coi colori della fortuna e della vittoria”. Pettorali ampi, bicipiti come di quercia, “inquietante” la muscolatura delle gambe (p. 10). Il volto è franco, le mascelle quadrate, i muscoli di catapulta (p. 19); lo sguardo tenace, gli occhi d'un bel nero dorato di liquirizia. Tutto rivela in lui un possesso sereno delle proprie forze: “la chiarezza sonora dei comandi, l'audacia disinvolta dei passi, la varietà elegante e la sicurezza dei gesti” (p. 82). Lui si sente l'archetipo del maschio arabo. Adorato dal popolo e dai soldati, ama la guerra – come i suoi sudditi – e odia i nani. Non ha paura se i nemici sono infinitamente più numerosi dei suoi uomini, e se stanno tornando non è un problema. Il Sole è con lui.
“Un gran soffio di felicità gonfiava i polmoni a Mafarka, mentre egli andava contando le legioni dei suoi soldati, ancora polverosi e fumanti, dopo la battaglia, ma tutti allineati, alto e diritto il cuore come le loro lance che fiammeggiavano al sole” (p. 23). Peccato che i soldati preferiscano spassarsela con le prigioniere, nel cuore della battaglia; e che a lui non rimanga che sfidarli e provocarli tutti. Più tardi, travestito da mendicante, si infiltra nell'esercito nemico e racconta la sua storia, per incantarli. La storia di Mafarka. Commerciante famoso e apprezzato e invidiato, dopo aver mangiato – per errore – lo zeb di un cavallo, spacciato per pesce speziato, e aver fottuto venti domestiche, egli ha un sesso interminabile, lungo undici metri, che deve arrotolare; può navigarci in mare, servendosene come d'un albero maestro; grazie a quell'enorme zeb, si impadronisce del potere, rovesciando – in tutti i sensi – il vecchio Re. Non è che il principio di un romanzo d'avventura, maschio e delirante, straripante di testosterone e di prepotenza, che va alternando a dure mischie belliche altrettanto dure mischie amorose; fino a un impressionante manifesto di poetica Futurista.
Semplicemente, il libro più maschio della storia della letteratura italiana: inarrivabile, nella sua “lussuria egoista e rapace”, accompagnata da un fiero distacco dalla “schiavitù della vulva”: è inutile che le donne si offrano a Mafarka, a dispetto delle tentazioni...
“Io vi voglio tutte, o figlie succose della mia vittoria! Vergini dagli occhi di mèsse felice! Vergini dagli occhi di battaglia vinta!... Premio del sangue sparso!... Dono magnifico della mia diletta città!” (p. 95)
Mafarka deve resistere; non può cedere al potere della donna. Il Re sarà ferito e sconvolto dalla morte del fratello, Magamal, guerriero adolescente che sognava una corona; fuggirà via, portandolo con sé in un sacco, in cerca di una sorta di rigenerazione dalla sua morte. Quella rigenerazione sarà un figlio che potrà, un giorno, detronizzare il Sole: Gazurmah, nato dalla sua volontà e non da una donna, in perfetto stile Futurista.
La ridondante e ampollosa lingua letteraria di Marinetti sta invecchiando molto male, purtroppo: questo suo stile ricercato sembra, allo sguardo di chi è nato cento anni più tardi, semplicemente perifrastico; la sua enfasi e la sua esasperazione sembrano più figlie d'un'eccitazione da droga che d'una personalità consapevole. Leggendolo, si pensa oggi a un accademico caduto nel tranello della necessità degli esperimenti lisergici. E tuttavia, almeno nelle prime cento pagine, “Mafarka il Futurista” è un romanzo semplicemente divertente, trascinante, seducente: un trionfo di virilità e di mascolinità, addirittura ridicolo per quanto è parossistico; una magnifica, abnorme masturbazione del proprio ego, con tanto di esibita adorazione del proprio fallo. Abbastanza per non passare inosservato – giochi femminini inclusi – a distanza di tanto tempo, abbastanza per giustificare l'odierna natura di curiosità letteraria o di stravaganza dell'opera, originariamente tanto potente da suonare scandalosa, quando al limite doveva – ecco – strappare più d'una chiassosa risata sia nelle osterie che nei caffè letterari.
EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE
Filippo Tommaso Marinetti (Alessandria d'Egitto, 1876 – Bellagio, 1944), poeta e scrittore italiano, padre del Futurismo.
Filippo Tommaso Marinetti, “Mafarka il futurista”, Mondadori, Milano 20. Traduzione dal francese di Decio Cinti. A cura di Luigi Ballerini. In appendice, “Il processo e l'assoluzione di Mafarka il futurista” e un Glossario dei termini arabi e pseudoarabi, a cura di Mario Casari. Collana Oscar Scrittori Moderni.
Prima edizione: Francia, 1909. Italia, 1910.
Approfondimento in rete: WIKI It.
Gianfranco Franchi, dicembre 2009.
Prima pubblicazione: Lankelot.
Questa edizione è quella originale del 1910; famosa per essere stata sequestrata per “oltraggio al pudore”, e per essere stata processata.