Mondadori
2002
9788804510833
“Dopo anni e anni di cure e interventi, assomiglio ancora troppo a un fantoccio di stoffa dal volto rappezzato. Se vivessi in un mondo senza superfici riflettenti, forse potrei anche dimenticare per qualche attimo la mia condizione. Anche gli occhi del prossimo, tuttavia, non sono altro che specchi, a volte ustori, ai quali è impossibile sottrarsi, sicché dovrei vivere in un mondo privo di esseri umani, o in un mondo di ciechi. Solo qui, in clinica, mi sento a mio agio. Altrove cerco di coprirmi, di mascherare il mio volto, di evitare il disagio al mio prossimo” (Maurensig, “L’uomo scarlatto”, Bobina n. 2)
L’inquietante e fascinosa narrativa di Maurensig si mantiene fedele a un nucleo di topoi fondamentali: la memoria, l’immaginazione, l’identità, l’agnizione. È una narrativa che indaga l’esistenza: capace di scavare nei più remoti recessi della psiche umana e di solcare nuovi confini tra quel che si giudica reale e quel che si ritiene sognato o fantasticato. Mai torbida, mai morbosa, mai opprimente: è insinuante, suggestiva, intelligente.
Il quinto romanzo dell’artista originario di Gorizia, “L’uomo scarlatto”, è l’esemplare storia d’un’immersione nella mente d’un uomo che non ricorda più d’avere avuto un passato, se non per “premonizioni” dove “intuisce l’esistenza d’un’altra vita”: un uomo che crede a volte di consumarsi “nell’esistenza di un altro”, “brancolando nella memoria di uno sconosciuto”. Ha perso la memoria a seguito di un incidente, avvenuto tempo prima. Da molti anni, egli suppone, si trova a soggiornare, per quattro volte l’anno, presso la confortevole clinica Neuhaus, sottoponendosi al trapianto della pelle. A seguito della disgrazia, ha infatti il volto distrutto dal fuoco. La clinica gli appare come un elegante albergo: costruita sulle rovine d’una abbazia, è circondata da un parco di duecento ettari. È il luogo ideale per una rigenerazione. Per un rinnovamento totale dell’identità.
Ascoltiamo la sua storia mediante cinque nastri magnetici, ricevuti da un misterioso primo narratore della vicenda (che adotta una prima persona forse illusoriamente corrispondente all’autore) nel corso della sua permanenza a Buenos Aires, per mano di un uomo che “in seguito all’incidente in cui moglie e figlia avevano trovato la morte”, aveva vissuto una terribile esperienza che “lo aveva convinto a percorrere la via della conoscenza”.
Il contenuto dei cinque nastri costituisce il libro. Ma attenzione: si badi alla premessa del narratore. “La registrazione, originariamente in lingua castigliana, è qui di seguito riportata quasi integralmente. Per agevolare la lettura, alcuni brani sono in parte modificati, così come non sono stati segnalati tutti i silenzi e le pause, lunghi a volte parecchi minuti”.
In sostanza: il consueto espediente del manoscritto ritrovato vede, in questa circostanza, nuova forma – la trascrizione di cinque bobine, consegnate da un individuo a un altro. Curiosamente, conosciamo il nome di chi consegna (José Maria Kokubu) e non di chi riceve e trascrive. Il ricettore è però un testimone infedele: riporta “quasi integralmente” e s’assume la libertà di modificare parte dei brani. Abbastanza per sollevare, nel lettore, sospetti sull’attendibilità del testo. Che non a caso è uno dei più complessi e difficili rompicapo nella storia della letteratura italiana. Le cinque bobine, conclude il primo narratore, prima di dileguarsi definitivamente dal libro, sono “contrassegnate da un ideogramma arcaico che simboleggia un uomo di colore rosso vivo, un uomo fiammeggiante o, in una libera traduzione, l’Uomo Scarlatto”.
Nelle bobine un uomo sta confidando al Dottor Klein la sua storia. Dapprincipio è senza nome. Ha circa trenta anni, pare. È giornalista, e disegnatore di successo. Il suo personaggio è un indagatore, che ha battezzato “L’Uomo Scarlatto”. Si chiama così in omaggio a un racconto di Wells. L’Uomo Scarlatto è il soggetto di un esperimento, e “si chiama così perché porta sul volto e sul corpo, come uno stigma, il ricordo dell’incendio nel quale è perito il suo demiurgo”. In parte, ammette il suo creatore, è una creatura autobiografica.
Il lettore sprofonda nelle scatole cinesi dell’autore: un racconto “in parte” rimaneggiato dal narratore-testimone, il cui protagonista ha creato un personaggio “in parte” autobiografico. Assistiamo a un gioco di specchi o siamo immersi in un oceano di menzogne e mistificazioni?
L’uomo senza nome ricorda, poco a poco, la sua storia. Sin dall’operazione di svolgimento delle bende che ricoprono il suo viso, compiuta dal patologo anatomista e ritrattista Sussex, nella clinica. Sussex è interessato all’influenza dei sogni nella realtà; alla percezione della realtà, in generale, e alla capacità di alterarla. Annuncia l’operazione che l’uomo senza nome subirà, per mano del sinistro chirurgo Hohen, accusato d’aver tentato “esperimenti genetici sui malati di mente” molto tempo prima (ma che significato ha il tempo in un romanzo come questo, raccontato da chi non ha certezza neppure della propria età?).
Poco a poco, l’uomo senza nome rivela e si svela, nel corso della narrazione. Depistando, appena possibile, e chiarendo confusamente, sovrapponendo altre storie e altre verità alla propria. Senza dimenticare che “percezione, immaginazione, memoria sono le pareti sottili con le quali si edifica la nostra persona, un’unità solo fittizia, un nucleo che molto spesso è solo un’illusione”: e che dunque niente di quel che stiamo leggendo ha un fondamento di credibilità. Non è allora un caso se, tra le pagine, s’intravede a un tratto una nuova incarnazione dell’archetipo del Kaspar Hauser di Feuerbach. Una citazione che ha il sapore dell’appropriazione: debita. “L’Uomo Scarlatto” è il Kaspar Hauser italiano: l’ambientazione contemporanea e la notevole e astuta sensibilità nei confronti dei nuovi studi di genetica non illudano. “In parte”, qualcosa è stato omesso. Dall’autore. La fonte.
“Che cos’è la memoria, dunque? Un’immanenza. Uno spazio mentale che potrebbe anche essere indotto artificialmente, dilatato o modificato con farmaci, droghe, o con l’ipnosi. A chi non succede di ricordare con chiarezza dei fatti la cui esistenza altri sono pronti a smentire? Quanta parte della nostra vita si perde nei sogni, non solo in quelli notturni, ma anche in quelli fatti a occhi aperti e che a loro volta si dissolvono senza lasciare traccia nella memoria. Chi può essere sicuro che del suo passato ogni cosa sia accaduta realmente?”
EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE
Paolo Maurensig (Gorizia, 1943), narratore mitteleuropeo.
Paolo Maurensig, “L’Uomo Scarlatto”, Mondadori, Milano, 2001.
Gianfranco Franchi, gennaio 2004.
Prima pubblicazione: Lankelot.