Luigi Bartolini. L’amoroso detective

Luigi Bartolini. L'amoroso detective Book Cover Luigi Bartolini. L'amoroso detective
Luciano Troisio
Bagaloni
1979

“Destro mai, neppur sinistro / seppi, volli, esser mai. / Tu lo sai, Signor; per questo / io da tutti ne buscai” (Bartolini). Prima biografia dedicata a Luigi Bartolini (Cupramontana, 1892 – Roma, 1963), pittore, scrittore e poeta italiano, anarchico outsider, “freak ante litteram”, “L'amoroso detective” di Luciano Troisio (1979) è concentrata fondamentalmente sulla sua attività di letterato e poeta, con cenni sulla sua esperienza di incisore e pittore. Prepariamoci a riscoprire, con la solita differita, il vero autore di “Ladri di biciclette”: un artista irregolare, eretico e anticonformista, ecologista ante litteram, rivoluzionario e ribelle.

Bartolini amava teneramente il padre, d'un amore non corrisposto, forse per un sospetto di paternità altra, e pretesca; ne derivarono contrasti insanabili (“esagerato antagonismo” secondo Troisio), e fughe sempre meno velleitarie già prima dei dieci anni. Nel corso di queste fughe, il bambino Bartolini si rifugiava quando nella contemplazione della natura, quando – più prosaicamente – in un eremo, tra i frati. Il fiume e il bosco diventarono modelli di libertà, territorio prediletto per l'amore e per la caccia, la casa sinonimo di prigione. Troisio: “Il bosco è per Bartolini il sostitutivo del focolare domestico. La donna come amante-moglie è proprio cercata nel bosco” (p. 24). E nel bosco si entra come briganti, da lezione strapaesana. E tuttavia, in un momento storico in cui un regime domanda dinamismo e attivismo, andare al bosco significa il contrario: è un atto di esclusione e di protesta, civile e naturale: strapaesano, senza dubbio, ma niente affatto allineato.

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Il diavolo abita il bosco: è uno dei topoi della scrittura di Bartolini. Il diavolo è forse l'ombra del padre, l'angoscia della punizione possibile, da scampare con fantasia e creatività. Ma quando il poeta gioca a fare il satiro, punta dritto la tirannide fascista, “mordendola”. Perché “non si può non combattere” - scriveva Bartolini - “Non combattere significa lasciar crescere i mali. Ma combattere non significa ammazzarsi, deve significare l'opposto, ossia deve significare opporsi, ai mali, con delle idee sicure” (“Della sottomissione”, p. 55, citato nel libro a p. 54). Insomma: si protesta armati solo di intelligenza, di dialettica e di creatività.

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Allievo di Mancinelli, ex discepolo di Carducci, amava Leopardi e gli oggetti perduti: tanto da volerne fare un'arte, quella di dedicarsi al ritrovamento di ciò che di buono era stato perduto. Tutti conoscono “Ladri di biciclette” (1946), molti hanno dimenticato chi ne fosse l'autore, preferendo ricordare il lavoro di adattamento firmato Zavattini: Bartolini, in quelle pagine, insegnava che “Non si tratta, vivendo, che il ritrovare il perduto. Lo si può ritrovare una, due, tre volte, come io, per due volte, sono riuscito a ritrovare la bicicletta. Ma verrà la terza volta e ritroverò più nulla. Così è, ripeto, di tutta l'esistenza. È un correre a ritroso, per finalmente perdere o morire. Un correre a ritroso fin dall'infanzia! Si esce dalla matrice e si piange il comodo alveo perduto [...]” (p. 64).

Non frequentava i Vociani e i Lacerbiani, non volle mai esser presentato a Soffici e Papini; fu profondamente amico di Campana (“appartiene alla sua stessa sostanza primordiale”, chiosa Troisio) e conobbe Tozzi. Combatté valorosamente nella Prima Guerra Mondiale, volontario in prima linea sul Carso e sul Piave; fu medaglia di bronzo e croce al merito di guerra. Insegnò disegno e arte a Pola, allora naturalmente e felicemente italiana, tra 1926 e 1928; e là conobbe la sua futura moglie, e sua rovina, Adalgisa. Subito dopo, tornò nelle Marche. Contrastati, ma non infausti, i suoi rapporti col fascismo: a dispetto d'un confino-farsa, "L'antifascismo di Bartolini è perlomeno strano, dato che i veri antifascisti erano in carcere, ridotti all'impotenza, al silenzio, e comunque derisi, e non avevano certo come Bartolini intere pagine delle riviste fasciste a loro disposizione, tutta la loro opera diffusa, le incisioni riprodotte, le poesie pubblicate, le opere narrative recensite dagli organi del partito e pubblicizzate, non venivano ricevuti dal ministro Bottai per 'leticare alla brava e alla buona, con fraternità d'affetto', come scriveva lo stesso Bottai il 1 agosto 1932 dalla villeggiatura di Frascati" (cfr. p. 130 e ss.). Insomma: "Francamente il fascismo trattò Bartolini con tanto di guanti", conclude il letterato patavino. È bene ricordarsene, tutte le volte che si sente parlare di “confino”: quello di Bartolini e di Malaparte si direbbe più prossimo a una villeggiatura pagata dallo Stato. Curioso.

L'opera è completa di notizie relative ai suoi anni romani, sino alla morte; non mancano notevoli segnalazioni dei suoi inediti, custoditi allora da Luciana Bartolini: Troisio elenca tutto quel che allora era già pronto per le stampe (p. 149). Stando a IBS, è rimasto tutto nei cassetti, in attesa d'un editore intelligente e rispettoso della letteratura. Noi, civilmente, aspettiamo ancora; ma domandiamo a gran voce l'imprimatur.

EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE

Luciano Troisio (Monfalcone, 1938 - Padova, 2018), poeta, narratore e critico letterario italiano. Si è laureato a Padova con tesi sulla Metafora. È stato ricercatore dell'Università di Padova. Ha tradotto quattro inediti di Marx.

Luciano Troisio, “Luigi Bartolini. L'amoroso detective”, Gilberto Bagaloni Editore, Ancona 1979. In appendice, bibliografia completa di recensioni. Per approfondire: WIKI su Bartolini

Gianfranco Franchi, marzo 2010.

Prima pubblicazione: Lankelot.

Prima biografia dedicata a Luigi Bartolini (Cupramontana, 1892 – Roma, 1963), pittore, scrittore e poeta italiano, anarchico outsider, “freak ante litteram”…