Hacca
2019
9788898983438
Favola anarchica; allegorico balocco fantastico; avventura mezza mistica mezza picaresca: ecco L'ora del mondo (Hacca, 2019; euro 15, pp. 176), altra bizzarra digressione narrativa dell'antropologo e geografo Matteo Meschiari, eclettico modenese, classe 1968, fregiata da una deliziosa copertina del maestro Maurizio Ceccato: un libro destinato a fare la gioia di quei lettori che, negli ultimi anni, hanno apprezzato le storie di un artista leggero e profondo come Giovanni De Feo [su tutte, Il mangianomi e L'uomo fiammifero] e a dare qualche soddisfazione filosofica e ambientalista alla brigata di aficionado dell'artista padre di Artico nero: a quanti considerano, in genere, l'immaginazione come una strategia di resistenza (forse addirittura iniziatica).
L'ora del mondo è una pagina di letteratura fantastica atipica e ambiziosa, parecchio ["Non è stato molto notato, ma i titoli dei capitoli del libro, che sono 34, sono presi in sequenza da versi contenuti nei 34 canti dell’Inferno della Commedia di Dante, il più grande manuale occidentale di teoria delle anime e dell’arte dell’interpretazione”, ha riferito l'artista nei giorni scorsi, spiegando, en passant, che considera il suo romanzo "una specie di trattato delle anime, un libro animista"].
Qualche anno fa, Meschiari è riuscito a guadagnare la considerazione e l'apprezzamento di parecchio pubblico nuovo e di buona parte della critica con una pagina di antropofiction diventata, circa, un piccolo classico: Artico nero [Exòrma, 2016], riuscito e ispirato esempio di commistione di generi, oggi trattato come un piccolo libro di culto; a ruota, come infiammato dall'entusiasmo per la fortuna di quello scritto, l'artista ha pubblicato a brevissima distanza di tempo diverse altre cose, di valore decisamente diseguale; dalla miscellanea di saggi Geoanarchia (Armillaria, 2017) al visionario Neghentopia (Exòrma, 2017), sino al manifesto politico Bambini (Armillaria, 2018), esempi di una fase magmatica e abbastanza caotica della sua creatività.
Com'è stato accolto, in questi primi tre mesi, L'ora del mondo? Su Minima et Moralia è apparso prima un estratto [qui], poi una conversazione "alla Zarathustra" tra Meschiari e la Caminito, restituita fedelmente dallo scrittore Gianluca Liguori [qua]; su Flanerì, il giovane Giovanni Bitetto [qui] ha apprezzato un lavoro "a metà fra racconto filosofico e favola sospesa fra incanto e disincanto", "un romanzo diviso in bozzetti, ricco di fascino e incontri al limite del dialogo morale. Una narrazione che può dirsi veloce come una leggenda orale e levigata come il lavoro di un umanista cinquecentesco", "una favola arcadica ambientata sull’Appennino tosco-emiliano", luogo d'origine dello scrittore. Su Mangialibri [qua], Gianlorenzo Franzì ha apprezzato una "sorta di fiaba magica che sconfina apertamente con l’operetta morale. Il paesaggio trasfigurato, declinato, osservato attraverso l’arte, la letteratura, l’etnologia e la geografia; e nel paesaggio, l’uomo".
Entusiasta Peppe Fiore, sul "Corriere della Sera" [qui]: "Tra il fantasy, il romanzo di formazione e l’epopea visionaria [...] un dialogo serrato con uno dei temi più urgenti del contemporaneo, forse il più urgente in assoluto: il rapporto dell’uomo con l’ambiente che lo circonda". Più avanti: "Dalle Terre Soprane alle Terre Sottane: è il passaggio dall’ordine del sacro, in cui l’uomo è fluidamente immerso in un’Anima Mundi che include animali, piante, boschi e spiriti [...] all’ordine del moderno in cui quel continuum si è definitivamente scisso nelle rigide gerarchie del razionale. Da una parte ginepri parlanti, psicopompi e linci divine, dall’altra Modena, l’asfalto, i capannoni, l’orrenda umanità alienata che ha dimenticato di appartenere, all’origine, a un progetto cosmico".
Rossella Pretto, su Satisfiction [qua] ha apprezzato "la storia di Libera ('il lampo dei suoi capelli rossi e il pallore azzurrato dei suoi polpacci', i contrasti cromatici), la storia e l’ora del mondo: il suo tempo, l’apocalissi e il presente meschino, incagliato e incanaglito, che trattiene le ombre di un tempo più ampio, fatto di possibili altri".
Radio Radicale ha intervistato Meschiari [qui] meditando sul crepuscolo del mondo e sull'apocalisse, in genere, sulla varietà dei piani della narrazione e sul rapporto tra l'artista e l'Appennino. Fahre, nei giorni scorsi, ha salutato L'ora del mondo come "libro del giorno" [qui]: scendendo in un "territorio visionario" dal retrogusto della "fiaba arcadica". L'intervista è estremamente appassionante, perché si va discutendo di parecchie questioni rilevanti (dall'antropologia alla Resistenza, dal "genere" all'anarchia).
Come si può pacificamente osservare, la rassegna stampa è stata, sin qua, un florilegio di giudizi positivi, con momenti addirittura euforici o almeno entusiastici; obiettivamente si è faticato a individuare un genere (ma dal punto di vista strutturale, questa è letteratura fantastica, per prima cosa; tutto il resto da qui deve derivare e discendere); nessuno ha trascurato l'aspetto filosofico ed ecologico della narrazione; c'è chi si è avventurato a riconoscere un rapporto di sequenzialità tra i libri dell'antropologo e scrittore modenese, ovviamente selezionando e scremando la ricca produzione.
Penso che sin qua non si sia dato adeguato valore alla possibilità che diverse pagine del libro di Meschiari siano state pensate per la lettura in pubblico; Meschiari ha chiaramente una personalità da performer (con qualche velleità da sciamano che racconta le storie attorno al fuoco) e la sua narrativa è profondamente debitrice dell'oralità, adesso come in passato. La storia dell'Ora del mondo, quella della bambina con una mano soltanto, Libera, del suo mentore, l'Uomo-Somaro, che la stava aspettando da 950 anni, e della ricerca del Mezzo Patriarca perduto, è la storia di una ricerca e di una missione fondamentale: "Perché se non ritorni tutto finirà. I Popoli si estingueranno. Gli animali smetteranno di parlare. Gli Dei si ritireranno dal mondo e le anime non torneranno mai più al grande Albero Nero che le raccoglie e le rigenera". A dar retta alla bandella di Andrea Gentile, queste pagine sono spesso "un tuffo nell'ignoto", "dove l'ignoto ci rivela un nuovo frammento di questo nostro passaggio terrestre". Siamo dalle parti delle fantasie apocalittiche: stiamo sprofondando nel Medioevo, o giù di lì; forse stiamo tornando più lontano ancora, alle piccole epiche tribali.
Gianfranco Franchi, luglio 2019.
Per approfondire: MESCHIARI in Porto Franco [ad oggi, 3 pezzi] / Meschiari in Doppio Zero / Meschiari in Alfabeta2 .
Favola anarchica; allegorico balocco fantastico; avventura mezza mistica mezza picaresca…
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