Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte

Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte Book Cover Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte
Mark Haddon
Einaudi
2014
9788806216122

“Qualche volta quando mi trovo in un posto nuovo e ci sono tante persone intorno è come se il computer andasse in palla e devo chiudere gli occhi e mettermi le mani sulle orecchie e comincio a gemere, che è come premere CRTL+ALT+CANC e chiudere tutti i programmi e spegnere il computer e riavviare in modo da ricordare ciò che sto facendo e dove devo andare. Ed ecco perché sono bravo negli scacchi e in matematica e in logica, perché la maggior parte delle persone sono quasi cieche e non vedono la maggior parte delle cose e c'è una grande potenzialità nella loro testa che rigurgita di cose che non sono collegate tra loro e sono stupide” (pp. 165-166)

Swindon, Inghilterra. Il quindicenne Christopher John Francis Boone, una notte, scopre un cane disteso in mezzo all'erba: sembrava stesse dormendo, o stesse sognando; invece era morto, ucciso forse da un forcone. Era il cane dei suoi amici Shears, era un grosso barbone di nome Wellington. Christopher è tutto triste, e si domanda chi abbia mai voluto uccidere quel bel cane. Christopher è un ragazzo speciale, e non soltanto perché in questo suo libro i capitoli sbalzano da un numero all'altro, rispettando il criterio dei numeri primi. “I numeri primi” - scrive - “sono come la vita. Sono molto logici ma non si riesce mai a scoprirne le regole, anche se si passa tutto il tempo a pensarci su” (p. 17). Conosce a memoria i nomi di tutte le nazioni del mondo e delle loro capitali, e ogni numero primo fino a 7507. Non ama le metafore e il body language; odia il giallo e il marrone. E non è capace di raccontare bugie, per questo non legge romanzi: sono pieni di bugie su cose mai avvenute. Ha problemi comportamentali: a quanto pare, soffre di una forma di autismo. È un ragazzo difficile, dissociato, ma eccezionalmente buono d'animo.

Christopher è felice, quando qualcuno viaggia nello spazio o quando se ne va per le strade, da solo, di notte. È felice, quando pensa che la nostra galassia è un enorme disco di stelle lontane 100mila anni luce, e che il nostro sistema solare sta là, da qualche parte. Vuole bene ai cani, perché sono creature semplici: hanno soltanto quattro stati d'animo, felice, triste, arrabbiato o concentrato. “E poi sono fedeli e non dicono bugie perché non sanno parlare”. Purtroppo la signora Shears e la polizia pensano che sia stato lui a uccidere il cagnone. E così si ritrova in gabbia, per qualche ora, fin quando non si presenta il papà a riprenderselo, e a risolvere l'equivoco.

Ma Christopher non fa che pensare a quel povero cane. Mentre comincia a indagare, disobbedendo agli ordini del papà (ma a Chris non piacciono gli ordini...), nutre il suo topolino, Toby. Ha qualche difficoltà da superare: la prima è che non gli piacciono gli estranei, perché sono difficili da capire. Man mano, si fa coraggio e riesce a fare domande. La seconda è scoprire perché mai qualcuno dovrebbe uccidere un cane. Sospetta dell'ex marito della signora Shears, che poteva avere ragione di vendicarsi della moglie. E indagando su di lui scopre che era l'amante di sua mamma. Christopher l'aveva perduta due anni prima, per un infarto. Almeno, così credeva. La verità, come scoprirete, può essere ben diversa, e decisamente e felicemente spiazzante: “Ci sono molti misteri nella vita. Ma ciò non significa che non esistano risposte a questi misteri. È solo che gli scienziati non le hanno ancora trovate” (p. 120)

Grandi omaggi al “Mastino dei Baskerville” di Doyle sparsi qua e là (Holmes è il modello di Christopher); il narratore però si affretta a chiarire che non ama l'autore della saga, ma solo il suo eroe, perché “credeva nel soprannaturale”, e voleva parlare col figlio caduto nella Prima Guerra Mondiale (p. 107). Tra gli altri libri citati, “Caos” di James Gleick. Pienamente in linea con l'approccio culturale del giovane narratore.

Aggiungo che una bestemmia, scritta per esteso, sporca il libro gratuitamente. Peccato: potevano risparmiarla. A scriverlo è un semplice credente, vale la pena di ribadirlo. D'altra parte, nel libro, il narratore spiega che “La gente crede in Dio perché il mondo è decisamente molto complicato e ritiene alquanto improbabile che una cosa complicata come uno scoiattolo volante o l'occhio umano o un cervello siano nati per caso. Ma se le persone pensassero in maniera logica e avessero riflettuto in maniera logica, si accorgerebbero che possono farsi questa domanda semplicemente perché si riferisce a qualcosa che si è già verificato ed essi esistono” (p. 188 e ss.). Insomma: l'idea è che un narratore così razionale non può che essere ateo. Proprio come tutte le persone intelligenti. Proprio come l'autore del libro, sospetto.

Ateo o meno, Haddon è in ogni caso capace di dare vita a una letteratura di grande umanità e dolcezza; questo romanzo di formazione va ascritto alle felici sorprese nate oltremanica nel Duemila. È un libro semplice, ma non retorico; è divertente, ma non satirico; è delicato, ma non fragile.

EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE

Mark Haddon (Northampton, UK, 1962), scrittore, illustratore e poeta inglese.

Mark Haddon, “Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte”, Mondadori, Milano 2005. Traduzione di Paola Novarese.

Prima edizione: “The Curious Incident of the Dog in the Night-time”, 2003.

Gianfranco Franchi, dicembre 2009.

Prima pubblicazione: Lankelot.