Iperborea
2002
9788870910988
Stralunato, picaresco e grottesco, “Lo smemorato di Tapiola” (1991; IT, Iperborea, 2001), tenero e umanissimo romanzo dello scrittore finlandese Arto Paasilinna (1942), già padre del grande “L'anno della lepre” (1975; IT, Iperborea, 1994), è un libro destinato a fare la gioia di quei lettori in cerca di narrativa di viaggio (e quindi, come sempre, di trasformazione) atipica ed esotica; assieme, piacerà agli appassionati di questioni legate alla natura della memoria e ai problemi legati alle amnesie; infine, colpirà i lettori un po' più avanti negli anni, perché probabilmente riconosceranno nei vuoti, nelle aporie e negli irruenti recuperi del passato (dell'identità) del protagonista qualcosa di famigliare, e di proprio.
La vicenda narrata è quella dell'agrimensore Taavetti Rytkönen, reduce d'una ormai lontana guerra che le nuove generazioni hanno dimenticato, padre di molte famiglie e compagno apprezzato da colleghi e vecchi commilitoni per la sua allegria e la sua benevolenza. Il povero Taavetti si sente leggero, nelle prime battute, perché non sa più chi sia, da dove venga e dove voglia andare; sa soltanto che in tasca ha parecchie banconote belle fruscianti, prelevate dalla banca poco prima, e sa che non riesce affatto a sistemarsi il nodo della cravatta. Il destino incrocia il suo cammino (e le sue grandi perplessità) con quello del tassista Seppo Sorjonen, alle spalle una pubblicazione umanitaria (libro per bambini sugli scoiattoli senzatetto), cittadino caratterizzato da una sincera predisposizione all'alterità, e da un'autentica e irresistibile generosità. Seppo prende e carica su a bordo il vecchio Taavetti; assieme, partono per un viaggio che si rivelerà un po' diverso dal solito.
Nelle prime battute vagano in auto senza meta: è il passeggero a convincere il guidatore che non c'è proprio niente di sbagliato, e che anzi quella si che è vita, prendere e andare avanti fino in capo al mondo a bordo d'un taxi. Presto si convincono che è il caso che Seppo si prenda un po' di ferie, per dedicarsi a un periodo di quiete. Ed ecco che il tassista gentile s'è preso carico non più d'un passeggero, ma d'una sorta di figura paterna perduta e confusa, inerme: i tentativi di scoprire chi sia tramite telefonate agli omonimi vanno a vuoto, meno quelli di scandagliare il suo passato remoto. Quello, Taavetti, se lo ricorda bene.
È il principio d'un viaggio, per piccole cittadine e per tanta campagna, fatto di smarrimenti e ritrovamenti, di incontri con improbabili tecnici balcanici e con dodici donne francesi ossesse dal femminismo e dall'alimentazione, di cameratismo e di ribellione con i vecchi reduci di guerra, pronti a mettere a ferro e fuoco la propria fattoria per rappresaglia nei confronti dell'indifferenza dello Stato nei loro riguardi – e nei riguardi di tutti i poveri agricoltori.
Progressivamente, fortuiti incontri con conoscenti e amici e parenti (figli legittimi e un po' meno legittimi) aiuteranno Seppo a scoprire chi sia il suo protetto; nel frattempo, da tassista si sarà trasformato, con un po' di fantasia e molto talento nell'improvvisazione, in un favoloso medico, capace di dare tutta una serie di grandi consigli a un povero vecchio che soffre di demenza senile, e di sconfortanti amnesie. Poco alla volta, però, la memoria delle cose importanti sembra tornare; si ha la sensazione che ci sia una sorta di selezione volontaria di quel che è giusto ricordare, e del perché. E proprio in quel passato tutto sembra riallinearsi, e ritrovare giustizia e senso.
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Sullo sfondo, l'estate finlandese. Incipit: “Le acque si erano liberate, gli umani risvegliati. Il sole splendeva raggiante, una brezza leggera turbinava nell'aria. Dalle parti di Lestijarvi, in campagna, una madre di famiglia sfornava brioche alla cannella, a Kokkola, sulla costa, un automobilista ubriaco provocava un incidente mortale. Insomma, era cominciata l'estate” (p. 17).
Come scrive Fabrizio Carbone, nell'introduzione, “Siamo al risveglio dl freddissimo inverno che ha gelato per diversi mesi tutti i 187mila laghi, censiti con il massimo della pignoleria, di questa anomala terra europea, a cavallo tra la Lapponia antica e la taiga, la foresta rada di betulle, abeti e pini silvestri. La foresta più grande del mondo (...)” (p. 12). La classica estate d'un paese dove, aggiunge, non accade nulla – o quasi. Quel “quasi” dipende dal destino, dalla casualità. La casualità è una strategia rivoluzionaria, in letteratura. Teniamocela stretta: possono scaturirne pagine deliziose.
EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE
Arto Paasilinna (Kittilä, Finlandia 1942-Espoo, Finlandia, 2018), scrittore finlandese. Ex guardaboschi, ex giornalista, ex poeta.
Arto Paasilinna, “Lo smemorato di Tapiola”, Iperborea, Milano 2001.
Traduzione di Helina Kangas e Antonio Maiorca. Introduzione di Fabrizio Carbone.
Prima edizione: “Elämä lyhyt, Rytkönen pytkä”, 1991.
Gianfranco Franchi, gennaio 2010.
Prima pubblicazione: Lankelot.
Stralunato, picaresco e grottesco, “Lo smemorato di Tapiola” (1991; IT, Iperborea, 2001), tenero e umanissimo romanzo dello scrittore finlandese Arto Paasilinna (1942), già padre del grande “L’anno della lepre” (1975; IT, Iperborea, 1994), è un libro destinato a fare la gioia di quei lettori in cerca di narrativa di viaggio (e quindi, come sempre, di trasformazione) atipica ed esotica…