L’isola

L'isola Book Cover L'isola
Aldous Huxley
Mondadori
1998
9788804455585

“Attenzione”: prima e ultima parola dell’ultimo romanzo di Aldous Huxley, “L’isola”. Attenzione al presente, al qui e ora, a quel che ti sta capitando. A quel che stai leggendo dell’utopia dell’isola di Pala, isoletta circondata da miliardi di pazzi (p. 99): noi.

“Non è mai esistita una società nella quale la massima parte delle buone azioni sia stata dovuta agli Esseri Buoni e sia stata di conseguenza sempre opportuna. Questo non significa che non possa mai esistere una simile società o che noi a Pala siamo sciocchi tentando di realizzarla” (p. 57).

La narrazione è ambientata nella contemporaneità. C’è un’isola, non estranea alla conoscenza del resto del mondo e per lungo tempo orgogliosamente riottosa a occidentalizzarsi: oasi di libertà e felicità sino al Novecento, animata da un ideale vitale, nel presente è minacciata dal mondo esterno, “furtivo e inesorabile”. Pala sta per cadere nell’Occidente. Questioni petrolifere, smania di considerare massa un popolo come quello. E di accelerarne la vita, senza senso diverso dalla produzione. La modernità snatura e sradica. Disumanizza.

Nell’isola – retta da una pacifica monarchia costituzionale – sono antidogmatici e antimilitaristi, credono nella predestinazione – credono esista un grande piano e tutta una serie di piccoli piani – e vivono armoniosamente in una società caratterizzata da una famiglia post-platonica (esistono venti famiglie per bambino: Circolo di Adozione Reciproca) e da un evoluto sistema di controllo delle nascite tramite antifecondativi (cfr., ad es., p. 115). Sono buddisti: “Il buddismo fu introdotto a Pala circa milleduecento anni fa, e venne non da Ceylon, come ci si potrebbe aspettare, ma dal Bengala e, per il tramite del Bengala, in seguito, dal Tibet. Risultato: noi siamo seguaci del mahayana e il nostro buddismo è permeato di tantrismo” (p. 109) e non inciampano nella paura degli inferni sulla terra né nel desiderio delle torte cristiane nel cielo, né di paradisi comunisti lontani da venire (p. 138):

“Abbiamo soltanto uomini e donne, con i loro figli, che cercano di trarre il meglio dal qui e dal subito, invece di vivere in qualche altro tempo, e in qualche casalingo universo immaginario. E la colpa in realtà non è vostra. Siete quasi costretti a vivere in questo modo perché il presente è così carico di delusioni. Ed è carico di delusioni perché non vi hanno mai insegnato a colmare il varco tra la teoria e la pratica, tra le risoluzioni dell’anno nuovo e il vostro comportamento effettivo” (p. 138).

A incontrare gli abitanti dell’isola è Will, inglese, giornalista, figlio di un avvocato liberale. Alle spalle, l’ombra della morte d’una moglie non più amata, in un drammatico incidente; qui imparerà a non fuggire il dolore, ad ascoltarlo per non dimenticarsene, e per rigenerarsi nella consapevolezza: nell’accettazione. È un naufrago, come da tradizione, e sembra pronto a rivelarsi nuovo motore per la crociata spirituale che da Pala doveva rinnovare e liberare gli uomini del mondo. È già strumento: condividiamo la sua lettura degli Appunti sul Bene e sul Male (p. 57) che ci accompagnano nel fulcro dello spirito dell’isola. È l’ultimo medium narrativo di Aldous Huxley, in questo libro ibrido tra fiction e non fiction, tra riflessione sulla plausibilità di una società restituita alla ricerca della felicità e del benessere e sulla complessità delle sue interazioni con l’aggressivo Occidente coevo. Si legga “complessità” come eufemistica riduzione di “Spada di Damocle”.

Contestualizziamo, con il prezioso supporto degli studi di Daniela Guardamagna (“La narrativa di Aldous Huxley”, Adriatica Editrice, Bari 1989; Cap III, pp. 207-208 e ss.) quest’opera nella produzione dell’artista inglese: “Negli anni che vanno dal 1948 (anno di stesura di Ape and Essence) al 1962, pubblicazione di 'Island', Huxley scrive prevalentemente saggistica: l’unica opera narrativa in senso stretto è 'The Genius and the Goddess', il breve apologo (…) sullo scienziato che vive assorbendo parassitariamente la forza e la vitalità della moglie (1955)”.

Qual è lo stato d’animo di Huxley in questo periodo della sua vita? Secondo la Guardamagna, il nucleo di pensiero e di emozione da esprimere in Island è “consapevolezza dell’Amore come significato reale delle cose (…) e coraggio di dirlo, nonostante il rischio della retorica e la conseguente necessità di un coinvolgimento col mondo e con gli altri”.

Il suo Will Farnaby naufraga nell’isola di Pala, immergendosi in una natura amica e feconda: per la Guardamagna è un tentativo, spesso riuscito, di “umanizzare il paradiso terrestre” in due direzioni: comicità e tragedia. Non manca, tra i fili rossi con le precedenti distopie, la presenza di una droga catartica per la coscienza dei cittadini; in quel periodo, l’artista non si sottraeva a nuovi esperimenti destinati ad alterare la sua percezione della realtà.

L’esito è incerto, non catastrofico né idilliaco. È un Huxley verboso e misticheggiante, lisergico e ossessionato dalla decadenza delle società occidentali, quello che ci restituisce una visione edenica – ma non destinata a resistere nel tempo – d’un mondo altro, e non nuovo ma semplicemente rivolto al recupero armonioso della terra, della natura, e a diverse interazioni umane e sociali; l’approccio dell’artista è ormai chiaramente messianico, e questo può affascinare e irritare allo stesso tempo. D’altra parte, la citazione in ouverture ha il sapore dell’occupatio: “Nel concepire un ideale possiamo presumere quel che vogliamo, ma dovremmo evitare le impossibilità” (Aristotele)

…e in fin dei conti tutto quel che si domanda a uno scrittore è di emozionarci, di sconvolgerci, di liberarci dal dolore e dagli affanni almeno per qualche ora: lusingarci con sogni isolani e buddisti è una regressione adolescenziale che possiamo perdonare solo a chi ha scritto capolavori come “Il mondo nuovo” e “La scimmia e l’essenza”.

EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE

Aldous Huxley (Godalming, Surrey, 26 luglio 1894 / Hollywood, California, 22 novembre 1963), poeta, saggista e romanziere inglese.

Aldous Huxley, “L’isola”, Mondadori, Milano 1963. Traduzione di Bruno Oddera.

Lettura critica consigliata: Daniela Guardamagna, “La narrativa di Aldous Huxley”, Adriatica Editrice, Bari 1989.

Prima edizione: “The Island”, 1962.

Gianfranco Franchi, novembre 2007.

Prima pubblicazione: Lankelot.

“Nessuno deve andare in nessun altro luogo. Vi siamo già tutti, se solo lo sapessimo” (Aldous Huxley, “L’isola”, p. 57)