C’è una libreria, a Roma, che lo scorso anno ha dedicato un evento a tutti i libri sul libro, e sui librai: è stata una metamostra, “autocelebrazione del libro e del libraio”, per commemorare (non festeggiare!) i 60 anni del proprietario, Archie R. Pavia, e la resistenza delle piccole librerie, e l’esistenza dei librai. Il tutto per “alleviare il peso del tempo che fugge”. Si trova in via Acqui, a una manciata di passi da piazza Re di Roma, e si dedica al modernariato di qualità, per andare incontro ai collezionisti, ai bibliofili, ai bibliomani; e poi, si pone come archivio del Novecento per andare incontro alle esigenze di studenti e studiosi, inclusi professori universitari di chiara fama. Archie tiene molto a dire che sa andare incontro anche alle richieste e alle esigenze delle lettrici forti non professioniste. Prendete nota. La libreria è frequentata da grandi artisti e da grandi professionisti della cultura e dell’arte, da Maurizio Ceccato a Guido Ceronetti, da Giorgio Petraglia a Lamberto Pignotti, legato al gruppo 63. Ci racconta tutto Archie.
GF: “900 di carta”: quando hai fondato la tua libreria?
AP: La libreria nasce nei primi mesi del 2003, in una maniera direi quasi casuale e necessaria: in un certo qual modo, mi sono sempre occupato di cultura, di letteratura e di libri. È capitata l’occasione di questo locale, in periferia… mi trovavo in un periodo di crisi identitaria, esistenziale e professionale, e così ho tentato l’avventurosa e coraggiosa strada di aprire una libreria di questo tipo, decentrata e al di fuori delle conventicole letterarie, del tutto indipendente, con tutti i pro e i contro che ciò comporta.
GF: Qual era l’idea iniziale? Avevi in mente un modello in particolare?
AP: Sono partito dalla mia esperienza di bibliofilo, come tanti librai antiquari. Navigavo molto bene per le librerie di libri d’occasione o rari. Il primo pensiero, nell’accingermi a prendere un’attività di questo tipo, è stato rivolgermi a un commercio di libri quantomeno esauriti. L’idea era quella di mettere su un luogo in cui io stesso sarei entrato volentieri: uno spazio piccolo, anche in senso antitetico alle grandi librerie spersonalizzanti odierne; uno spazio che potesse dare anche ospitalità ad autori oggi ingiustamente dimenticati, sia italiani che stranieri, uno spazio dove si ricostruisse in qualche maniera… dove ci fosse la possibilità di ripristinare l’esistenza d’un libraio vecchio stampo, sensibile alle necessità dei potenziali clienti, aperto alla conversazione colta e via discorrendo. Una libreria molto personale, insomma, che tenesse conto della personalità di chi vi entra. Un riferimento come quello della Libreria Saba, a Trieste, o la Shakespeare & co di Sylvia Beach, era molto ben presente: fare conversazione, non solo proporre letteratura…
GF: La scelta di un quartiere come San Giovanni, a Roma: cosa ha implicato, cosa ha significato, quanto ti soddisfa oggi?
AP: Ti dico, è stata una casualità. Avrei potuto acquisire una libreria già esistente, sulla Nomentana. Per una cosa o per un’altra, l’affare non è andato in porto: una sera, trovandomi da queste parti, ho visto un cartello… io conosco bene questo quartiere, non è lontano da casa, e così telefonai. Questa era, un tempo, un’orologeria che frequentavo con piacere, conoscevo il proprietario… e insomma è stata una mezza coincidenza. Chiaramente ho pensato anche che qui avrei avuto meno concorrenza, da tutti i punti di vista…
GF: Oltre all’offerta di modernariato di qualità, periodicamente organizzi delle esposizioni e delle mostre “speciali”, dedicate a un artista o a un movimento letterario e non, complete di letture, in uno spazio romantico e raccolto, molto informale. Raccontaci tutto.
AP: È stata un’intuizione molto felice che ho avuto tempo fa, proprio all’inizio della mia attività; un’intuizione che ha contribuito a far conoscere la libreria in giro. Quella attualmente in corso, sulla Dolce Vita, è la trentesima esposizione che teniamo qui. La prima è stata dedicata allo scrittore anarchico Libero Bigiaretti, autore che conoscevo abbastanza bene, grande autore e grande amico di Roma. Avevo quasi tutto l’edito di LB, e tutta una serie di preziosità e di rarità. Considerando che si trattava di un autore discretamente dimenticato, ho pensato di consacrargli l’evento. In vetrina, a fianco delle prime edizioni di tutti i suoi libri, grandi bottiglie. Di inchiostro. Il formato grande di queste bottiglie era quello in uso nei ministeri di una volta. Poi c’erano scatoline di pennini… insomma, tutta una serie di oggetti che sapessero evocare un’idea antica di scrittura.
GF: E dopo Bigiaretti?
AP: Dopo LB, considerando il buon successo dell’iniziativa, ho deciso di continuare e di trasformare un evento estemporaneo in una cifra distintiva della libreria. A cadenze di due, tre mesi, cambio il mio “omaggio”, magari in coincidenza con qualche anniversario o qualche ricorrenza: e così ho dedicato una mostra a Carlo Emilio Gadda (con tanto di vecchia carta stradale di Roma e di lente di ingrandimento su via Merulana), una piccola vecchia Balilla per omaggiare il commissario che sappiamo, modellini che poi diventeranno una consuetudine di queste vetrine, perché da bambino ero un collezionista di automodelli…
Quindi, il grande George Orwell, Beppe Fenoglio, Cesare Pavese (uno dei miei scrittori di riferimento: le langhe sono una delle mie patrie dell’anima), Mario Soldati, Guido Piovene, Federico Fellini (2003, per il decennale della morte) e l’amato Flaiano; e poi non poteva mancare un omaggio all’amico Guido Ceronetti… quando possibile, ho messo in vetrina, assieme ai libri, un oggetto che potesse riportare al personaggio, come ti dicevo: nel suo caso, non poteva mancare il basco, che uso anch’io, d’inverno. E poi c’è stato un grande evento dedicato al Sessantotto, nel quarantennale, al quale tenevo moltissimo.
GF: Ti ascolto.
AP: Amo molto gli outsider. C’è stato spazio per Luciano Bianciardi, altro artista trasgressivo ed eretico: di lui avevo trovato praticamente tutto. Leo Longanesi ha avuto una bella esposizione, cinque anni fa, nel 2005, questo a dimostrare l’apertura mentale di “900 di Carta” e la sua capacità di andare oltre gli steccati. Altro “scomodo” al quale abbiamo dedicato un buono spazio è stato Elemire Zolla: sua moglie è venuta a vedere la mostra e le è piaciuta molto.
Ho voluto dedicare un evento anche al liberale Guareschi. E uno al mio conterraneo John Fante, con tanto di modellino di Ford Mustang rossa: ho trovato tutte le prime edizioni italiane, inclusa l’antologia di Vittorini. E una, molto meno nota, di Leo Longanesi: aveva pubblicato il suo “Il conto del droghiere” su “Omnibus” nel 1938.
GF: Quanto alla musica? So che ci tieni molto…
AP: Beh, nell’ambito della canzone d’autore, Paolo Conte, uno dei numi tutelari di questa libreria, perché ci conosciamo da tanto tempo, e io scrivevo dei suoi dischi per “La scena illustrata”, quando mi dedicavo alla canzone d’autore… già, sono uno di quelli che ha contribuito a fondare il Club Tenco, qui a Roma (non quello di Venezia). Sempre nell’ambito della grande tradizione cantautoriale, abbiamo dedicato uno speciale a Francesco De Gregori, che cantò una canzone in un giorno del 1974, in coincidenza con la pubblicazione del mio primo libro di poesia. E poi, e forse era inevitabile, a Luigi Tenco. In tempi più recenti, abbiamo fatto uno speciale favoloso sui Beatles, in collaborazione con un collezionista come Luca Isaja, e un altro su De André.
GF: E per quanto riguarda il cinema?
AP: L’abbinamento letteratura-cinema è stato molto gettonato, da queste parti. Ho ricordato, nel corso di una serie di omaggi al cinema, l’attore e regista Piero Natoli, al quale ero molto legato (era compagno di scuola di mio fratello, veniva spesso a pranzo a casa nostra…): la sua morte improvvisa e prematura mi aveva scosso molto…
E poi Woody Allen, per i suoi settant’anni. E Nanni Moretti, che ha prestato del materiale (fotografie, manifesti, locandine), tramite la Sacher Film. Peccato non sia mai passato di persona. A latere: una delle mostre di cui sono più orgoglioso è stata quella dedicata alla Panhard. Modellini e foto hanno raccontato tanto della mia passione di “panhardista”. La coincidenza erano i quarant’anni dall’uscita dell’ultima panhard dalla catena di montaggio.
GF: Reazioni avute in questi anni? Raccontaci qualcosa della rassegna stampa, almeno dei migliori articoli sin qua apparsi, o che ti hanno colpito di più.
AP: Le mostre che mi hanno dato maggiore soddisfazione… difficile rispondere. Sono iniziative scaturite, come sempre, dal piacere di farle. Tutto qui. Molto spesso ciò che è esposto in vetrina non è nemmeno in vendita. Insomma, sono operazioni entusiasticamente non venali, proprio per una diffusione della cultura, per far conoscere autori che amo anche a persone del tutto estranee a certi artisti. La stampa, di tanto in tanto, ci ha dedicato spazi lusinghieri: il Corriere della Sera, la Stampa di Torino (Ceronetti), l’Unità, Quattroruote…
GF: Per quanto concerne internet, com’è il rapporto coi clienti?
AP: C’è qualche cliente che mi ha domandato libri e io ho saputo trovarglieli. Non è il sistema di vendita che prediligo. Mi sono adeguato… in tutta onestà, preferisco un contatto più personale, magari telefonico: al limite, guarda, addirittura epistolare. Io spesso scrivo ai miei amici solo con la penna stilografica, guarda un po’…
GF: So che hai fatto molti mestieri…
AP: Ho fatto svariati mestieri, da ragazzo, sempre al di fuori dei canoni prestabiliti. Ho fatto studi irregolari. Ho lavorato da ragazzo negli alberghi (questo spiega perché ogni tanto ritorna, nei miei scritti, la camera e la stanza di un tranquillo albergo demodé); ho fatto il gallerista, in via del Tritone, e l’investigatore privato. L’investigatore, sì… è un ruolo che ha molto in comune col libraio antiquario: cercare un libro raro può essere difficile come cercare una persona scomparsa.
INFO: 900 DI CARTA. Libreria di Archie R. Pavia. Libri esauriti, rari e d’occasione
Via Acqui, 9/b 00183, Roma. Dal martedì al sabato 10-13 – 16.30-19.30; giovedì pomeriggio chiuso. Telefono 06.7010558
Gianfranco Franchi, luglio 2010.
Consulenza e auspici, Maurizio Ceccato.
Prima pubblicazione: Lankelot.