Stampa Alternativa
2008
9788862220712
Per quanti, come me, sono nati alla fine degli anni Settanta, il fenomeno tutto italiano delle radio libere è quello cantato e mitizzato dal cinema in film come “I cento passi” di Giordana o “Radiofreccia” di Ligabue. Cosa hanno rappresentato? Il primo, la dimostrazione delle potenzialità politiche e di controinformazione della radio, in quel periodo; il secondo, l'espressione delle potenzialità estetiche, amatoriali solo ab origine, di una programmazione “altra” rispetto a quella dell'allora monopolio di Stato. Una era la radio libera “politica”, l'altro la radio libera “estetica”: la prima ha perduto peso, negli anni, preferendo la politica altre strategie di comunicazione, con poche, radicali eccezioni; la seconda ha plasmato il fenomeno delle radio private commerciali. Dark – l'autore di questo saggio – mi insegna a prendere coscienza della coincidenza dell'origine “provinciale” di entrambi i fenomeni: a suggerire, senza eccessive difficoltà, che la provincia, poco rappresentata dai media d'antan (come oggi, forse: e chissà che Internet non abbia definitivamente riequilibrato le cose), poteva cullare entrambe le forme di “radiolibertà”.
Quanti, tra i lettori – e gli ascoltatori – sentono il bisogno di un libro capace di raccontare, tecnicamente e organicamente, tutto sul fenomeno delle radio libere, possono con tranquillità rivolgersi a questo “Libere! L'epopea delle radio italiane negli anni Settanta” (Stampa Alternativa, 2009). Andrà a completare la vostra biblioteca di comunicazione di massa e, chissà, suggerirà qualche nuova idea. Magari da applicare al web.
Dai pionieri di Radio Araldo (1920, Bologna; 1922, Roma), attraverso le prime trasmissioni nazionali (URI: 1924; EIAR: 1928; RAI: 1944) e straniere (Radio Vaticana: 1931; le clandestine Radio Londra, Radio Mosca, Radio Milano Libertà); dalle trasmissioni politiche, partigiane o governative, negli anni della Seconda Guerra, a quelle, provvisorie e autorizzate, extra-monopolio (Radio Ferrara, 1946), Stefano Dark racconta tutti i primi passi – i primi vagiti – di un medium che abbiamo imparato a conoscere e amare, in vari momenti delle nostre esistenze: in macchina e all'alba, in primis, nel 2009.
La documentazione è notevole: la fase di discussione della legittimità del monopolio radiotelevisiva è eccezionalmente curata (1957-1961: cfr. pp. 16-17 e ss.), buona la comparazione col sistema misto americano, ottimo l'elenco e lo studio dei primi successi RAI (p. 25 e ss.) e delle prime, grottesche censure (p. 28); decisamente accademica e seria la spiegazione del contesto proto-radiolibere italiane. Ci si avvicina alle Radio Libere con le radio off shore, come Radio Veronica dell'Olandese Volante: con l'autorizzazione alle trasmissioni in onde medie di Radio Monte Carlo (“Fumorama” dell'allora giovanissimo Herbert Pagani) e la prima fortuna di Radio Capodistria: nelle parole di Arbore, “la prima vera concorrente di Radio Rai, perché c'erano programmi assolutamente nuovi ed elevati (…) e tanti personaggi di ottimo livello” (p. 24). Tecnicamente, fondamentale l'avvento delle radioline (“a transistor”): praticamente, una questione politica (la RAI era l'espressione della maggioranza democristiana; gli altri partiti restavano scoperti), estetica (il rock non poteva indossare il doppiopetto) e commerciale al contempo.
Ecco la nascita d'un fenomeno solo italiano: quello delle radio libere, locali e private, al servizio della controinformazione, dell'intrattenimento, della sperimentazione. Necessità della pubblicazione d'un volume loro dedicato? L'ex direttore editoriale di Vallecchi, l'assessore alla Cultura del Comune di Roma, Umberto Croppi, spiega: “Non esisteva ancora una ricerca sistematica, completa, ragionata e un'analisi su un fenomeno che ha avuto conseguenze straordinarie sulle tecniche di comunicazione, il costume, la politica nel nostro Paese, seconde soltanto alla diffusione di Internet” (p. 7).
E così... vi ritroverete nel 1975, nel pieno del dibattito sulla liceità delle trasmissioni clandestine di Radio Milano International, a sentire cosa ne pensava Umberto Eco (“nasce come radio di famiglia, giovanotti che si danno i turni portandosi la ragazza in studio, pare proprio che non vogliano parlare di politica (…)”, quindi ecco che “nascono bollettini d'informazione, la stazione si potenzia, è già business”, p. 49) e a domandarvi, tutto a un tratto: cosa significava “radio libere”? Qualcosa di diverso rispetto ai film di Giordana e Ligabue? Vediamo: “Libero, per etimologia e semantica, significa: non soggetto ad altrui autorità; che può agire senza costrizioni morali e materiali; non legato o non sottoposto a vincoli, impegni, obblighi e simili; non subordinato a padroni, regole, divieti, restrizioni; non riservato, non occupato; di forma non prestabilita. Dunque, radio libere – per avocare una condizione diversa, nuova, rivoluzionaria” (p. 54).
Superati i dubbi di nomenclatura (radio “pirata” o “clandestine”), incontriamo tutta una serie di notizie a proposito delle prime radio libere: Radio Alice a Bologna, Radio Città Futura a Roma... è la stagione dei “cento fiori” radiofonici: 1975. Allora si sognava un altro Sessantotto combattuto con altre armi. I fiori diventeranno 300 nel 1976. Dark, meticoloso, racconta qualcosa di tutte le radio principali: dai dati di ascolto alle tecniche di trasmissione, dall'estetica delle stazioni alle strategie di comunicazione, sino ai momenti storici (scherzo di Bifo ad Andreotti, Radio Alice, p. 81). L'impatto è enciclopedico.
Il saggio di Stefano Dark è un documento imprescindibile per professionisti e studiosi della radio italiana: un esame della crisi di identità dei monopoli radiotelevisivi statali, degli investimenti progressivi dei privati nei nuovi media, del ruolo giocato dai movimenti o dai partiti politici in questo contesto, ribadendo per bene la distanza tra “radio privata commerciale” e “radio libera indipendente”.
Sorprendente scoprire che fu l'MSI – e non il PCI – a scommettere per primo sulle radio libere; meno che la dicitura “radio libera” era indigesta a quelli della “misura in cui”: “Radio Onda Rossa non è una radio libera (libera da chi?), ma una radio militante, una radio rivoluzionaria” (p. 118). A parte questo... se lavorate in radio e volete capire davvero che lavoro state facendo – e su cosa stia poggiando, su quali basi e quante battaglie – questo è il vostro libro. Non aspettatevi digressioni sentimentali o narrative: “Libere!” è un saggio tecnico, asettico e – ripeto – organico. Un libro di storia – della comunicazione e non solo – del nostro Paese.
EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE
Stefano Dark, pseudonimo di ***, scrittore italiano.
Stefano Dark, “Libere! L'epopea delle radio italiane degli anni Settanta”, Stampa Alternativa, Viterbo, 2009. Collana “Grande Sconcerto”. Prefazione di Marco Baldini. Introduzione di Umberto Croppi. In appendice: Evoluzione quantitativa delle radio italiane, 1975-79; Bibliografia; Indice delle radio. 978-88-6222-071-2
Gianfranco Franchi, marzo 2009.
Prima pubblicazione: Lankelot.