Lewis Carroll. La vita segreta del papà di Alice

Lewis Carroll. La vita segreta del papà di Alice Book Cover Lewis Carroll. La vita segreta del papà di Alice
Karoline Leach
Castelvecchi
2010
9788876153747

Un anno fa, studiando “Matto per le bambine” (Stampa Alternativa, 2001), sono partito in cerca di notizie su Lewis Carroll, nel web anglosassone. Ho scoperto qualcosa di incredibile: in mezzo mondo, ma non in Italia, era uscita una biografia che aveva travolto tutti gli studi precedenti sul papà di “Alice”, determinando la distruzione del vecchio “Carroll Myth”. Si trattava di questa “In the Shadow of the Dreamchild. The Myth and Reality of Lewis Carroll" (Peter Owen Books, 1999; 2008, rivista e ampliata). Lavoravo per la Castelvecchi, allora, come scout. Ho studiato, schedato e segnalato subito il libro. Adesso eccolo qua. Non lavoro più per loro, e non da ieri, ma sono entusiasta come se fossi rimasto uno di loro. Perché questo è un libro fondamentale, al di là della fortunosa coincidenza dell'uscita del film di Burton, e pretendeva una traduzione italiana. A firmarla, è stato uno dei migliori letterati della nostra generazione: Simone Buttazzi, oggi anglista e germanista in Germania. Per un saggio del suo stile, cfr. almeno la NDT a pagina 110. Chapeau.

Ecco il memorabile incipit dell'opera: “Charles Dodgson nacque il 27 gennaio 1832. Visse la sua vita, e morì il 14 gennaio 1898. Lewis Carroll nacque il primo marzo 1856 ed è ancora tra noi. I cento anni di studi che circondano l'autore delle 'Avventura di Alice nel Paese delle Meraviglie' e di 'Attraverso lo specchio' si sono occupati in massima parte, come dimostrano i fatti, della sua seconda incarnazione. Si sono dedicati soprattutto alla robusta mitologia che circonda il nome 'Lewis Carroll' più che alla realtà dell'uomo, Dodgson. (…). I motivi, tuttavia, si possono spiegare solo in parte in termini razionali. Quando ho cominciato a rivolgere la mia attenzione a questo autore così leggendario (nel senso letterale del termine) il ritratto 'ufficiale' di Lewis Carroll non era ancora stato seriamente messo in discussione, anzi la cosa aveva dell'impensabile. Era il ritratto di un pretino vittoriano, timido e compassato, imprigionato per certi versi in un'eterna fanciullezza. (…). Un uomo che non aveva una vita, che viveva fuori dal mondo, senza contatti umani, quasi un monaco, che visse casto e morì vergine” (p. 7). Soprattutto: il ritratto d'un uomo che stava a suo agio soltanto con bambine e ragazzine. Sostanzialmente un pedofilo. Vero? Ma niente affatto. La Leach non ne era convinta e aveva ragione.

Tutto ha avuto inizio nel 1996, quando, durante sue ricerche nell'archivio Dodgson, trovò un documento che risultava, da un secolo pieno, “pagina di diario tagliata”. Gli studi carrolliani avevano ribadito che l'assenza di certe pagine del suo diario era una questione nucleare, proprio perché in quelle righe si risolveva il mistero relativo alla natura della sua amicizia per la piccola Alice (Liddell). Bene: la Leach trova un foglietto. Scritto da una delle nipoti di Carroll. Sorpresa: è autentico, è inedito, è rivoluzionario. E cosa racconta? Racconta che il reverendo insidiava la governante e la figlia maggiore dei Liddell, Ina. Non certo una bambina di undici anni. Curioso, no?

Ecco com'è nato il “massiccio processo di revisione” della vulgata anti-Carroll. Ecco che è venuto alla luce tutto un altro essere umano: pieno di amicizie importanti, più femminili che maschili, e assolutamente sociale. Ecco come hanno cominciato a sparire le vecchie immagini dell'artista troppo innamorato delle bambine, ecco che hanno proliferato nuovi studi dedicati al genio d'un essere umano che ormai ci appare nuovo, e più vero. La Leach dice che rimane solo un mistero da risolvere: “capire come mai così tante persone siano state abbastanza furbe e creative da considerare Dodgson umano, fragile, sensuale e reale e da vedere Carroll in termini eterei, spirituali, rinunciatari: pura alterità. Sciogliere questo enigma riserverà grandi sorprese” (pp. 12-13). E ci racconterà molto dello Zeitgeist: della nostra vera relazione con Carroll e Alice.

Gli eredi Dodgson hanno distrutto quattro dei tredici diari dell'artista, e hanno stracciato e sgretolato molte sue annotazioni (p. 22). Chissà cos'altro ancora potrebbe venire alla luce, considerando che, “Al momento, tutte le informazioni di prima mano su Lewis Carroll sono contenute nei diari, nelle lettere (abbondanti ma sparpagliate), solo poche delle quali sono state pubblicate, nelle lettere di altre persone che lo citano (poche, a quanto pare) e in vari documenti personali suoi o della sua famiglia. Nessuna di queste fonti è completa o esente da rimaneggiamenti” (p. 209). Fantastico. Ci stiamo raccontando favole da un secolo o giù di lì. Possibile? Possibile.

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Veniamo alla struttura dell’opera: (chiara) introduzione + biografia + 3 appendici (un frammento di Anne Thackeray + poesie d'amore di Carroll 1859-1868 + pagine strappate dal diario) + note + (ricca) bibliografia. Nella biografia, la Leach ci racconta di Dodgson ragazzino, pulito, intelligentissimo, tutt'altro che passivo di fronte all'aggressività dei bulli: i suoi giochi preferiti erano il rugby e fare a botte. Prenderle sicuro, darle dipende: un po' alla Thom Yorke, ante litteram. Stesso contesto, ma ben altro fisico. Il papà di Alice era alto uno e ottanta, era riccio e aveva gli occhi azzurri. Balbettava, e aveva il petto fiacco. Perse sua madre appena diciannovenne, soffrì in silenzio. Studiò in un college di Oxford, l'ultratradizionalista Christ Church, dove sarebbe rimasto più di quanto credeva, complice il suo genio matematico, a dispetto della sua scarsa capacità di concentrazione. Esordì scrivendo pagine satiriche tra 1854 e 1856, sul “Comic Times”, sul “Train” e su altre testate minori. Proprio sul “Train”, nel '56, viene pubblicato un poemetto romantico e manierista: si chiama “Solitude”, a firmarlo è un certo Lewis Carroll. È il principio della sua vita da artista acclamato in tutto il mondo.

Nel 1862, durante una delle scampagnate con il preside Liddell e le sue figlie, Dodgson racconta la storia di “Alice” alle ragazzine: entusiasmandole, prevedibilmente. Passa poco tempo e si ritrova da Macmillan, a firmare il contratto. È un contratto capestro: Carroll si paga la stampa in cambio del 90% delle royalties. Il libro esce nel 1865, ha un successo istantaneo e fenomenale. Il resto è storia. Incluse le martellate sulle dita dei tipi di Macmillan. Carroll si dedicò, contemporaneamente, allo studio e alla sperimentazione di una nuova arte: la fotografia. Non si sposò mai. Rimase a vita al Christ Church, a dispetto della fortuna delle sue pubblicazioni. Visse gli ultimi anni di vita a Guildford, assieme a due cameriere, sei sorelle zitelle e tanti nipotini. Morì di polmonite nel 1898.

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Il suo amore per le bambine, scrive la Leach, era “genuino e spontaneo”; era il perfetto fratello maggiore (p. 28). In epoca vittoriana, insegna l'autrice, adorare le bambine era come adorare la purezza (p. 163). Poeti come Tennyson e Rossetti scrivevano odi alla gioventù. L'essenza pittorica della purezza, ribadisce la Leach, era la nudità: bellezza celeste, estranea alla sessualità. Dodgson era un genio della fotografia, un precursore e un pioniere. “Non c'è dubbio che le sue fotografie di bambini siano sensuali, a volte in maniera davvero greve – chiosa la studiosa – Questa sua esplorazione sensuale dell'infanzia e della sessualità agli albori, ai nostri occhi depravata, era parte di ciò che significava essere un artista vittoriano. I portfolio dei suoi più famosi contemporanei (…) sono pieni di immagini analoghe” (p. 170). Vale la pena ricordare che in età vittoriana s'era in età da marito a quattordici anni. Quattordici: tutta un'altra visione del mondo, della sessualità e della donna rispetto alla nostra (pp. 273-274). Può aiutarci a capire molte cose.

Prima di questo libro, c’era stato un florilegio caotico di scritti dedicati al papà di Alice: una prima biografia di Carroll l’aveva scritta il nipote, Collingwood. È stata una farsa vittoriana pubblicata nel 1898. Si chiamava “The Life and Letters of Lewis Carroll” e mostrava qualche lacuna: in prima battuta, censure di carattere moraleggiante-religioso, in ossequio alla fede anglicana osservante della famiglia. In seconda battuta, omissioni e dimenticanze figlie della volontà di restare fedele alla comoda vulgata, quella d'uno zio severo, conservatore, religiosissimo e introverso. Quindi, venne il memoir di un’attricetta, Lisa Bowman, e quello di una sua ex amica d’infanzia, Ruth Waterhouse. La Bowman, protagonista d'una Alice a teatro, parlava di questo “zietto” seducente, eccentrico, appassionato. Con qualche invenzione: la verità è che Carroll la portava con sé in vacanza quando era adolescente, e quando andarono a Eastborne aveva vent'anni: ma lei dice che aveva dieci o undici anni quando cominciarono a frequentarsi. La Leach ritiene che questo basti a inficiare le sue storielle sulla “bambina e il professorone” (p. 52). Non fu che il primo d'una serie di memoir delle spesso sedicenti e fantasiose “child-friends” di Carroll. La Leach confuta e confronta i contenuti, mostrandone debolezze, scarsa credibilità e contraddizioni. Come niente fosse.

Nel 1932, centenario della nascita di LC, apparvero – in mezzo alla solita “bufera di memorie bambinesche” – due nuove biografie: “Lewis Carroll” di Walter de la Mare e “The Life of Lewis Carroll” di Langford Reed. Quella di de la Mare restava a livello Collingwood. Quella di Reed si spingeva ben oltre. La scrisse senza nessun intento accademico, senza badare a verificare i fatti riportati: giocò a esasperare la leggenda, inventando un Carroll del tutto distante dalle donne adulte, amico delle bambine sino ai loro quattordici anni (p. 70), e privo di qualsiasi sessualità. Non solo: secondo Reed, l'incontro con Alice aveva cambiato il professore perché le sue qualità elfiche e spirituali avevano “toccato una corda gaia e delicata nel cuore del giovane professore” (p. 83). In sintesi: fossilizzò false certezze, inventò di sana pianta, e tutto quel che inventò finì per sporcare l'immaginario collettivo. Carroll era diventato il grande eccentrico, l'uomo dalle due personalità, l'ingenuo alienato, l'asessuato, il cultore delle bambine. Di lì a poco sarebbe nato il mito di Carroll pedofilo latente. Amen. Amen fino alla Leach. Che prende e esamina tutto l'edito critico novecentesco, ne mostra lacune, nonsense, errori e aporie, con pazienza e passione. Questo libro non sembra soltanto un monumento allo spirito più nobile del revisionismo storico e storico-letterario, ma un fantastico giallo. Un giallo che ci insegna molto. Ad esempio, questo:

“Carroll è nato da uno spazio vuoto e da un bisogno umano, dopodiché è stato consegnato a, e alimentato da, persone che non erano pazze, ma che avevano un atteggiamento irrazionale in un'area molto precisa del loro mondo esperienziale. Lontani cugini dei giardinieri nel Paese delle Meraviglie, che dipingono le rose del colore che avrebbero dovuto avere, tutti presi dal lavoro e incoscienti della loro follia. Carroll è stato creato da quella stessa specie di persone che credono abbia senso distruggere le foreste pluviali per fare tavoli da cucina. La storia di Carroll ci mette in guardia dalla nostra stessa, presunta, saggezza collettiva” (p. 147). Punto.

"After Karoline Leach's book Carroll studies can never be quite the same again...it should certainly be read by anyone concerned with Dodgson's life and work..." (The Lewis Carroll Review)

EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE

Karoline Leach (Liverpool, 1967), scrittrice e regista teatrale inglese. Questo saggio è la sua opera prima.

Karoline Leach, “Lewis Carroll. La vita segreta del papà di Alice”, Castelvecchi, Roma 2010. Traduzione di Simone Buttazzi. Scout Gianfranco Franchi (2009).

Prima edizione: “In The Shadow of the Dreamchild”, 1999; seconda versione, rivista e ampliata, 2008.

Gianfranco Franchi, marzo 2010.

Prima pubblicazione: Lankelot.

"At last a book with something new - and surprising - to say about Lewis Carroll. A great many Alice fans will hate it because it debunks her, as well as Lewis Carroll, as largely fictitious icons of the pious, sentimental literature of childhood innocence..." Peter Lewis, “The Daily Mail”