L’ereditiera veneziana

L'ereditiera veneziana Book Cover L'ereditiera veneziana
Fulvio Tomizza
Bompiani
1989
9788845244339

Diciottesimo libro di narrativa di Fulvio Tomizza, “L'ereditiera veneziana” è stato originariamente pubblicato da Bompiani nel 1989, a breve distanza dal debolissimo “Poi venne Cernobyl” [Marsilio, 1989]. Siamo dalle parti del Tomizza minore: quello, poco ispirato e sempre più bolso e fiacco, dei romanzi storici. In questo frangente, lo scrittore istriano – cinquantaquattrenne – restituisce memoria d'una vicenda della buona società veneta e istroveneta del Settecento, quella della sfortunata vita dell'ereditiera veneziana Paolina Rubbi, morta appena venticinquenne, giovane e amata moglie dell'intellettuale capodistriano Gianrinaldo Carli[1720-1795], apprezzato economista e infaticabile poligrafo. A stabilire i presupposti per la credibilità – ammesso che ce ne fosse bisogno – dei fatti raccontati, al di là di una sintetica nota bibliografica, in appendice, c'è il classico espediente letterario del “manoscritto rarissimo”, addirittura “unico”, fortunosamente ritrovato nella Biblioteca di Lucca: "Private disavventure di una donna di vero spirito o sia vita della signora Paolina Rubbi contessa Carla-Rubbi", firmato dal marito. Sembra sia davvero esistente; ma l'adattamento tomizziano non ha niente di romantico.

Paolina Rubbi è un personaggio che sembra incarnare le migliori caratteristiche della classe dirigente dell'epoca; è onesta, accorta e lucida, amministra con intelligenza e accortezza il patrimonio famigliare e sceglie con tenerezza il futuro sposo, decidendo, con simbolico orgoglio, che i bambini che vengano assumano il cognome di entrambi: Carli-Rubbi. La sua giovane vita, spezzata da uno spietato male, non finisce, incredibilmente, per commuovere o per meravigliare: Tomizza, e questo è il grande paradosso di questo libro, non sa farne letteratura, non sa affatto romanzare. È così ruvido, freddo e ripetitivo che davvero, come scriveva anni fa Enzo Golino, “L'ereditiera veneziana” finisce per restare “un'anticaglia d'epoca sugli usi e i costumi del tempo: maneggi per maritare ragazze, preparativi per viaggi e villeggiature, contesse vagabonde e contesse ereditarie, lessico famigliare e liti giudiziarie, preti intriganti e serve invadenti, mode vestimentarie e abitudini alimentari, pettegolezzi da salotto e da strada, fortune e rovesci di carriera, e soprattutto il sadismo di certe cure mediche”: vale a dire, i salassi.

In tutta onestà non riesco nemmeno a immaginare quale genere di pubblico volesse conquistare Tomizza, con un libro del genere: forse qualche sartina con una stoica licenza media in tasca, molto mansueta e ingenua; più facilmente qualche siora ingioiellata, desiderosa di mostrare in salotto il nuovo romanzo del famoso istriano, già Strega, già Campiello, ogni tanto in Rai-Tv, e via andare. Con una copertina come quella scelta dalla Bompiani a suo tempo [“Il pittore nello studio” di Pietro Longhi] si può ambire a qualsiasi salottone altoborghese, o tardoaristocratico: l'oggetto in questione si confonde bene con l'arredo. Si rischia però di perdere di vista l'altro aspetto affascinante della letteratura, e delle creazioni editoriali; e cioè che esse non vanno solo esibite come status symbol, o scelte per sentito dire o per antica fama dell'artista: vanno lette, interiorizzate e possibilmente condivise. E cosa si può condividere di questo romanzo? Al di là di una sincera noia, e della perplessità per la decadenza dell'ispirazione di uno scrittore che aveva esordito con ben altre prospettive e ben diversa grandezza, pubblicando un libro unico come “Materada”, qualche vaga curiosità per come poteva essere la Capodistria settecentesca di Carli, qualche malessere per la sorte del borgo istriano, fedelissimo a Venezia, caduto già a inizio Ottocento in mano francese, e poi austriaca, e non distante dalla disgraziata, novecentesca, socialista e forse irrimediabile metamorfosi slava; infine, un po' di orgoglio patriottico per i talenti, le capacità e l'intelligenza di Gian Rinaldo Carli.

C'è una sua buona descrizione, proprio nelle prime pagine del libro, che vale la pena condividere: “[...] era quel giovanotto alto e grosso, dallo sguardo tra irritato e stupefatto, di famiglia da non molto pervenuta al patriziato grazie ai meriti di un prozio dragomanno a Costantinopoli, il quale dallo studio di una medaglia, di un cammeo, dalla descrizione omerica dello scudo di Achille, sapeva trarre indizi inoppugnabili per stabilire come e quando gli antichi fondassero città, costruissero navi, avviassero commerci, battessero moneta. Ugualmente vangelo era per lui qualunque dato fosse uscito dalla penna di poeti e prosatori in lingua greca e latina; e poiché li conosceva tutti, elaborò una sua cronologia [...]”. Ma ecco che poco più avanti Tomizza rovina subito tutto: “Si rischia di ingenerare il sospetto che il nostro Carli fosse persona da lasciar dire, vivendo uno spazio chiuso di astrazione e magari piegando verso il maniaco. L'impressione non è del tutto infondata. Sperdendomi nella sua vasta opera, io stesso per lungo tempo coltivai la tentazione di raffigurarmelo impalato e senza parrucca a farsi smorfie davanti a uno specchio” - siamo alla terza pagina, e l'entusiasmo è già sprofondato. Più avanti, la clamorosa piattezza della scrittura di Tomizza e della vicenda narrata faranno il resto. Kaputt: con buona pace delle potenzialità che un po' di colore, uno straccio di colore – drammatico, politico, grottesco: qualsiasi colore andava bene – poteva dare a questa storia.

EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE

Fulvio Tomizza (Giurizzani di Materada, frazione di Umago, Istria, Italia; 1935 – Trieste, FV-Giulia, Italia, 1999), scrittore e giornalista istriano. Esordì, come narratore, pubblicando “Materada” nel 1960.

Fulvio Tomizza, “L'ereditiera veneziana”, Bompiani, Milano 1989. Contiene una nota bibliografica.

Prima edizione: Bompiani, 1989. Oggi in Bompiani, 2009: 9788845244339.

Approfondimento in rete: WIKI it

Gianfranco Franchi, aprile-Maggio 2012.

Prima pubblicazione: Lankelot.

Uno dei peggiori libri di Tomizza…