Zandonai
2011
9788895538570
Esistono romanzi che nascono per alfabetizzarci alla complessità e alla ricchezza della realtà: insegnano non soltanto a guardare nell'anima e nelle dinamiche psichiche del protagonista; insegnano piuttosto a osservare una terra, e i popoli che vivono in quella terra, con diversa intelligenza e più adeguata sensibilità. È il caso fortunato di questo sperimentale quaderno di narrativa pubblicato dalla piccola Adelphi dei Balcani, vale a dire la Zandonai di Rovereto: “L'educazione del giovane Tjaž” (192 pagine, 13 euro) è un testo che sembra nato per addestrarci a capire quanto articolata e complessa sia la questione degli sloveni di Carinzia. L'artista, Florian Lipuš, classe 1937, è uno sloveno di Carinzia, autoctono: è austriaco, ma la lingua della sua anima e del suo popolo è un'altra. È parte di una minoranza etnica che si sta difendendo dalla snazionalizzazione, e dal nuovo medioevo mitteleuropeo, con dignità e intelligenza: confidando nella letteratura, e sulla sua naturale capacità di sensibilizzare alla diversità, piuttosto che sulle rivendicazioni più direttamente politiche e propagandistiche, in generale. Lipuš è nato nel villaggio di Lobnig (Lobnik in sloveno), nel comune di Eisenkappel-Vellach (vale a dire, Železna Kapla-Bela), laddove l'Austria sta per diventare Slovenia. Al di qua del fiume Drava. Uno di quei posti in cui sarebbe saggio, civile e rispettoso se la particolare composizione etnica e culturale finisse per essere madre di un allegro e fertile bilinguismo, come già accade in diverse vecchie frontiere, da quelle parti. Staremo a vedere se la piccola Europa saprà difendere, a dovere, le tante voci dei popoli che la abitano, tutelandole, senza alterarle.
Grande amico e sodale di Peter Handke, suo primo traduttore in tedesco, Lipuš è un artista che potrebbe somigliare molto al suo suicidello e complicato alter ego giovanile Tjaž: condividono, stando a quanto riferisce il traduttore, Michele Obit, almeno l'esperienza dell'adolescenza in collegio. Su “D” di Repubblica, Tiziano Gianotti ha definito nei giorni scorsi il libro di Lipuš un romanzo breve e grave “attraversato dalle folgori del talento” d'un artista che ha saputo, con personalità, rappresentare un romanzo di formazione e di autodistruzione, decisamente in linea con lo Zeitgeist novecentesco; è un romanzo sperimentale, una giostra di narrazioni e di prospettive diverse su una storia di sofferenza e di incomunicabilità. Per capirci: Tjaž era uno che, già da ragazzo, in collegio, si chiudeva in stanza e faceva una cosa proibita. Una delle tante, ma una delle più insolite. Scriveva a macchina. Suo padre non era mai stato un grande cantastorie, e lui era cresciuto cercando di riempire a dovere gli spazi che il padre lasciava qua e là. Suo padre era cresciuto senza ascoltare buone parole, era cresciuto a comandi e bastonate. Lì per lì aveva educato il figlio alla stessa scuola. “Ciononostante la sottomissione raramente diventò consapevolezza, e non fluì mai nel sangue”, riferisce Lipuš. Tjaž aveva saputo rivoltarsi, come tutti i figli sani, quando era giunto il momento giusto. E aveva saputo imparare a graffiare il presente, per sublimare i suoi vuoti.
Non credeva in Dio: forse perché “ha un nome disgraziato, la parola Dio, in sloveno 'Bog'': racconta di un passato modesto, deriva da 'ubog', 'povero', e da 'uboštvo', 'povertà', 'miseria', 'mancanza', fa parte di questa famiglia”. E tuttavia quel dio era stato addestrato ad amare, nel collegio in cui ogni cosa era ferocemente irreggimentata, in cui parlare una lingua diversa da quella imposta non era particolarmente consigliato, in cui diventare grandi significava, potenzialmente, diventare altro da sé. Peter Handke ha scritto che Lipuš è caratterizzato da un virtuosismo stilistico tipico: questa prima traduzione in lingua italiana ha costituito una sfida, quella di mantenerlo vivo. Sfida, almeno musicalmente, riuscita. Altra singolare presenza nel sempre più divertente catalogo Zandonai.
EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE
Florjan Lipuš (Lobnig, Carinzia, Austria, 1937), scrittore austriaco della minoranza slovena.
Florjan Lipuš, “L'educazione del giovane Tjaž”, Zandonai, Rovereto, 2011. Postfazione di Peter Handke. Traduzione di Michele Obit. 192 pagine, 19 euro.
Prima edizione: “Zmote dijaka Tjaža”, 1972.
Approfondimento in rete: WIKI sl
Gianfranco Franchi, dicembre 2011.
Prima pubblicazione: “Il Riformista” del 29 dicembre 2011, pagina 7. A ruota, Lankelot.
Altra singolare presenza nel sempre più divertente catalogo Zandonai…