Le spade

Le spade Book Cover Le spade
Roger Nimier
Meridiano Zero
2002
9788882370497

Roger Nimier, intellettuale antagonista, artista neoromantico, allievo e poi consulente editoriale di Céline, muore giovanissimo – appena trentasettenne – nel 1962, schiantandosi con l’amata Aston Martin contro un parapetto. Aveva pubblicato diversi romanzi e un saggio dedicato a Bernanos, dichiarato simpatie monarchiche e osteggiato Sartre e Camus, che lavorava nella stanza a fianco, da Gallimard. Aveva scritto sceneggiature (“Ascensore per il patibolo” di Malle, 1957) e pubblicato critica letteraria e teatrale. Le sue scelte politiche – non la sua estetica, né la sua opera – hanno condizionato la circolazione delle sue opere, post mortem: storia simile a quella di un altro grande letterato collaborazionista, Drieu La Rochelle. Storia che s’appresta a terminare, perché “Le spade”, sua opera prima (Gallimard, 1948), tradotta in Italia per la prima volta da Meridiano Zero nel 2002, è il primo segno battuto dall’editoria nostrana a circa quarant’anni di distanza dalle pubblicazioni di Longanesi e delle Edizioni dell’Albero (cfr. postfazione di Raffaeli).

Si tratta di un romanzo breve, strutturato in due sezioni (“La congiura” e “Disordine”) suddivise rispettivamente in due capitoli e in diverse parti, non numerate. Io narrante è François Sanders, giovane ribelle e anarcoide, non insensibile al fascino del suicidio (narcisista), delle belle donne (più di tutte, l’unica che non può avere: la sorella Claude), delle patrie lettere (Corneille, Proust, Balzac) e dell’appartenenza alla parte sbagliata. Sente la suggestione degli sconfitti, ama appartenere agli odiati: vuole aggredire la nuova Francia (pp. 49-50), nata sulle ceneri dell’Europa massacrata dalla guerra, rifiuta logiche e approcci dei comunisti e non nasconde diffidenza antisemita. In questo senso è pienamente céliniano, senza – come altri hanno osservato – scivolare nei suoi accessi paranoidi. Dovendo classificare l’opera, opterei per il genere del romanzo di formazione: dall’adolescenza sino alla giovinezza, attraverso vicissitudini sentimentali, belliche e politiche, meditazioni sullo spirito dei francesi, sulle negligenze dei vincitori, sulla necessità d’adorare il proibito amore.

Secondo i curatori: “Immaginate Fabrizio Del Dongo insieme a Ferdinand Bardamu – scrive Eraldo Affinati – e avrete in pugno l’animo lacerato di Roger Nimier: la sfrontata alterigia del primo non verrà mai a patti con la disperata canaglieria del secondo, ma entrambi i personaggi concorderanno sempre sull’ipocrisia bellica” (pp. 6-7). Integra Massimo Raffaeli, nella postfazione: “Il dopoguerra, per lui, non sancisce alcuna liberazione ma dissimula, al contrario, la restaurazione dell’anteguerra. Le spade sono dunque scritte in un vicolo cieco e dell’esistenzialismo mantengono il solo nucleo intransitivo, autistico, la prova di sé allo stato puro, la refrattarietà, sadica come masochista, a ogni conciliazione con l’esistenza” (p. 182).

Nimier dà del voi ai lettori. Ha una scrittura elegante, un approccio massimalista e caustico, una propensione autentica per l’antagonismo. A tutti i livelli. E un talento limpido per gli aforismi e i paradossi. Vado a campionarne qualcuno per dare un’idea della tecnica, del registro e del tono. “La massima depravazione esige la massima moralità” (p. 139). “Avevo orrore del genio e soprattutto di Dio che ritenevo il campione del mondo di divinità. Però adoravo gli angeli” (p. 41); “Le rivoluzioni vogliono cambiare il mondo, ma il mondo per cambiare non aspetta” (p. 147); “Amo quest’epoca disumana. Il gusto dell’infelicità non lega necessariamente con la tenerezza” (p. 29); “Adoro le bilance, la loro precisione rigorosa. Ecco. Le cose si pesano, eternamente simili” (p. 31); “Un suicidio, è il contrario della morte” (p. 44); “Non si possono prendere per mano i personaggi dei quadri, la loro passeggiata è interiore. Vietato entrare nelle loro foreste” (p. 40) e via dicendo. È uno degli ultimi dandy; divertente e velenoso nel distacco esibito nei confronti dei circuiti dei benestanti (cfr. pagine su Cannes), e nel ribellismo ostentato. In questi aspetti, è decisamente fratello di Drieu. Appartiene come Drieu alla borghesia, come Drieu dei borghesi si gioca.

Nimier è capace di descrizioni erotiche e sensuali; voyeur e innamorato della bellezza, adolescente divertito dal proibito, presto stanco e assuefatto dal lecito e dal consentito, sembra idolatrare la sorella per tenere vivo un tabù, per fomentare artificialmente un desiderio di qualcosa di impossibile, e quindi di eternamente seducente. Le immagini di lei nuda – al principio e a un passo dall’epilogo della vicenda – rubate o raccontate, sono un martirio delizioso, ideale viatico all’ultima battuta: una liberazione dalla chimera che non persuade. Uomo pieno di donne nell’accezione di Drieu, insoddisfatto della rinascita d’una nazione che sente condannata alla decadenza – Parigi in festa è intollerabile, per chi combatteva un’altra guerra per un’altra patria – è un omicida dei simboli del tempo nuovo. Né Meaulnes né Antoine, François Sanders brucia di rabbia, di amore, di ingiustizia: vellicando il fuoco fatuo. Né Dio né più patria, né famiglia: madre già ombra, padre colonnello freddo e distaccato, presto prigioniero dei tedeschi per la gioia dell’erede, e sorella trasformata in oggetto del desiderio. Non sembra destro, sembra modernissimo nel suo individualismo: politico, letterario, esistenziale. Da rivalutare.

EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE

Roger Nimier (Parigi, 1925 – Garces, 1962), giornalista, critico, romanziere, editor e sceneggiatore francese.

Roger Nimier, “Le spade”, Meridiano Zero, Padova 2002. Traduzione di Massimo Raffaeli. Prefazione di Eraldo Affinati. Postfazione di Massimo Raffaeli. Collana: Questa non è una pipa, 9.

Raffaeli, nella postfazione, ricorda la bibliografia italiana di Nimier. Oltre quarant’anni fa, sono stati tradotti i seguenti romanzi: Storia di un amore” – Longanesi, Milano 1962; “D’Artagnan innamorato ovvero Cinque anni prima” – Longanesi, Milano 1964; “Giovani tristi” – Edizioni dell’Albero, Torino, 1964. Raffaeli, inoltre, segnala le “nitide pagine” di Maurizio Serra in “L’esteta armato. Il poeta-condottiero nell’Europa degli anni Trenta” – Il Mulino, Bologna 1990.

Prima edizione: “Les Épées”, Gallimard, Paris 1948.

Approfondimento in rete: Wiki francese

Gianfranco Franchi, aprile 2008.

Prima pubblicazione: Lankelot.