2009
9788851702663
“Sin da piccolo Metaurus aveva dedicato la sua vita e tutte le risorse intellettuali a cercare l’origine della Fonte, conoscerne i meccanismi e stabilire come intercettare quella voce remota: la magia delle parole spesso produce felicità, ma a volte causa tormenti e disperazione. Metaurus portava sulle spalle un’infanzia difficile, drammi antichi e ancora irrisolti che gli avevano impedito di vivere serenamente la sua esistenza. Il Fuggitivo cercava la serenità, non desiderava conoscere la propria natura (…)”. (Messina, “L’assurdo respiro delle cose tremule”, cap. IX, p. 39).
Il mondo di Ritron è “un labirinto di emozioni in fuga”. Tramonti sospesi in un orizzonte opaco, notti che scivolano lungo binari invisibili, mare rosa pallido: il cielo, immobile, sovrasta una terra che soffre d’un’improvvisa carestia. È novembre, piove a dirotto, e i Solitari, creature misteriose e naturalmente schive, vagano in cerca d’oracoli e speranze: Ritron potrebbe svanire, il diluvio non accenna a terminare. Un Santuario del Silenzio, in pietra e marmo, muto testimonia il dramma.
Il carismatico leader della popolazione, Taurus, conforta i suoi fratelli: razionale e sensitivo, è destinato a cercare il Fuggitivo, Metaurus, colui che aveva fede nella magia delle parole. C’è chi, come il romantico Eliseo, anfibio fragile e insicuro, crede nell’esistenza d’un Emulo demiurgo: è innamorato d’una donna, Nattulami, che forse non gli appartiene davvero. Sogna; e sogna d’essere sognato. Il Fuggitivo Metaurus sa che Nattulami esiste nella stessa sua lacrima: l’ama e soffre della consapevolezza disperata di non poterla avere mai. Allora oltrepassa le barriere del sogno e soltanto nel sogno le parla. Le creature di Ritron sono telepatiche e vivono nell’incanto d’un potere del pensiero e delle parole che niente sembra poter sconfiggere: è l’improvvisa tempesta che sconvolge il loro mondo a farli vacillare, a innescare il dubbio sulla natura del loro pianeta e della loro specie. Altrove, nel frattempo, la piccola Aiscia s’innamora d’un’idea: e s’accorge della magia delle parole, e del potere segreto di chi inventa universi: come spiraglio tra mondi distanti, la parola è porta di nuova vita. E allora s’interrogano, le anime de “L’assurdo respiro delle cose tremule”, sul senso di quel che è reale, e di quel che è illusione: uncinati infine alla ricerca d’un’origine, della fonte dell’intelligenza e della vita, scintilla della lucidità e dell’empatia – pretendono la nuova incarnazione, o l’apparizione del Verbo.
Cercano il significato primo d’ogni cosa: la rivelazione. Il romanzo di Antonio Messina è un libro fantasy innervato da una lingua letteraria baroccheggiante, grondante d’un’aggettivazione ipertrofica e d’una spiritualità mai dimessa e mai artefatta. È un esordio promettente: un tributo alla parola (“i racconti contengono parole magiche: le vostre hanno costruito un mondo che vive in un punto imprecisato tra le stelle”: cap. XVI, p. 65), al dominio dell’immaginazione, alla fantasia come esorcismo del dolore, della solitudine e dell’insensatezza dell’esistenza.
È un libro caotico, ma non farraginoso: impressiona per la densità, a dispetto d’una trama che poteva essere distesa con altro e più ampio respiro; quasi a voler suggerire che si puntava, a un tratto, a stilizzare ed evocare, senza più intendere rappresentare puntualmente. Si passa dalla descrizione di un mondo alla riflessione sul linguaggio come origine dell’esistenza: s’alternano slanci d’introspezione pura a dialoghi fitti e serrati; è il libro d’una mente che alberga una legione di anime, e che ad ognuna di queste regala un frammento della propria matrice: malinconia, fragilità, gentilezza.
Se una tempesta va aggredendo un mondo, esiste un riparo – il sogno. E al sogno si torna, nella disperata impresa di riconoscere l’assurdo respiro delle cose. Fantasia libera dal male: and the death shall have no dominion.
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PAROLE D’AUTORE (di Antonio Messina)
“Ciao Gianfranco, finalmente posso liberare i pensieri, proprio adesso che il respiro del vento è lieve, e aria leggera entra dalla mia finestra. Ti dicevo che la recensione è “perfetta”, non poteva essere altrimenti: lo scrittore invia emozioni e il lettore sublima il tutto, trasforma, svela, s’appassiona forse, critica e decide, secondo il suo modo di “sentire” il mondo. Tu che sei anche un ottimo critico, persona colta e profonda, hai espresso le sensazioni che il mio libro ti ha trasmesso. Sulla genesi della storia hai colpito nel segno. L’esordio è sempre difficile, intrise le parole di caos, luce a volte s’occulta, un attimo sale sulle stelle, l’altro ancora, giù nella profondità degli abissi. Difficile compito è quello di uno scrittore, velati d’ombre maldestre sono i percorsi, difficili le scelte, con accanto a sussurrare demoni e muse, angeli e fate, sempre nel caos, tra venti ostili e brezza di mare si dispiegano i segni d’inchiostro. Nel turbinio di pensieri instabili, con reminescenze adolescenziali che ancora oggi trapassano i pensieri, rabbia ed orgoglio accomunati da simile destino, io mi sono tuffato nell’avventura, senza badare al tempo, senza mistificare, dando ascolto solamente alla mia anima, ai pensieri e al mio cuore. Le storie vivono già, sono segni incisi tra le stelle, piccoli smeraldi dotati di grandi ali; refolo vagante, tra due note solitarie, cacciatore d’emozioni: proprio quello è lo scrittore. “L’assurdo respiro delle cose tremule”, sicuramente come tu hai affermato, poteva distendere la trama in altro modo, forse con meno incertezze, poteva scorrere dentro percorsi più lineari, ma le mie “mille anime” hanno espresso un desiderio, e un caos composto e brillante ha dettato gli equilibri della storia. È operazione assai complicata guardarsi dentro, analizzare, scovare, trovare il dolore, rivedere il passato e tentare con le parole di sconfiggere quello che tu, con smisurata sensibilità hai evidenziato, svelando parte dei miei segreti: cito testualmente le tue parole. “È il libro d’una mente che alberga una legione di anime, e che ad ognuna di queste regala un frammento della propria matrice: malinconia, fragilità, gentilezza”. Una legione d’anime: quella da te espressa è una definizione sottile, un giudizio che io condivido, il centro del mio mondo, il caos che regna sovrano nella costruzione delle mie parole. Il tempo è ingrato, i pensieri pesanti a volte, e proiettarsi verso la perfezione, nel linguaggio, nella vita di tutti i giorni, tra i segreti dell’amore, e cosa assai complicata. Nulla è perfetto tra le strade vocianti del nostro mondo, né la perfezione potrà mai avvolgere le spigolosità e gli squilibri di un’opera letteraria. La nostra è un’esistenza che si dispiega nell’incerto moto: solo per questo esistono le storie, per cercare di dare un senso all’esistenza, farci sognare. Non esistono sogni “perfetti”, caro Gianfranco. Non c’era tempo per mettere ordine, troppi ricordi saltavano sulla finestra, infinite parole vagavano nella mia mente. Non c’era tempo per pensare, e il vento quella mattina conduceva in grembo profumi di mare, salsedine, e i miei occhi osservavano stupiti, e i Solitari tentavano di mettere fine al dolore. Una storia nasce e muore secondo un ordine prestabilito: così dovevano rincorrersi le mie parole, tra sogni di carta, illusioni, sottili malinconie, tutto finalizzato alla catarsi, tutto per tentare di sconfiggere l’oscurità. Cito ancora un’altra “perla” della tua recensione, caro Gianfranco. “Il romanzo di Antonio Messina è un libro fantasy innervato da una lingua letteraria baroccheggiante, grondante d’un’aggettivazione ipertrofica e d’una spiritualità mai dimessa e mai artefatta. È un esordio promettente: un tributo alla parola (“i racconti contengono parole magiche: le vostre hanno costruito un mondo che vive in un punto imprecisato tra le stelle”: cap. XVI, p. 65), al dominio dell’immaginazione, alla fantasia come esorcismo del dolore, della solitudine e dell’insensatezza dell’esistenza”. L’esorcismo contro il dolore e la solitudine è anche un percorso letterario intriso di caos, vago a volte, infelice nel suo lento moto, ma credo di converso, sempre lucido nel porre dubbi, analizzare, e tentare di capire dove finiscono i sogni, e dove comincia una realtà, che una volta percepita, si tramuta ancora in sogno. Riusciremo un giorno a intuire il significato estremo dell’esistenza, noi poveri giocolieri di parole, anime smarrite dentro percorsi evanescenti, noi che vogliamo trovare l’ordine supremo nel caos della nostra mente? Ai posteri l’ardua sentenza. Vorrei concludere caro Gianfranco, e ringraziarti, per la tua gentilezza, per la tua innata capacità di giudicare le parole in piena libertà, sempre alla ricerca del bello, sempre con la mente in attesa di un unico pensiero: il Verbo. Concludo con un’altra geniale intuizione dei tuoi pensieri: “E allora s’interrogano, le anime de 'L’assurdo respiro delle cose tremule', sul senso di quel che è reale, e di quel che è illusione: uncinati infine alla ricerca d’un’origine, della fonte dell’intelligenza e della vita, scintilla della lucidità e dell’empatia - pretendono la nuova incarnazione, o l’apparizione del Verbo. Cercano il significato primo d’ogni cosa: la rivelazione”. Dopo la conclusione, c’è ancora spazio per un’altra domanda irrisolta?: eccola. “Scopriremo le nostra vera natura, o tutto quello che possediamo, rappresenta solo una realtà fittizia?” “Non esiste una realtà fittizia e una reale. Come facciamo a capire quello che è vero e ciò che e falso? Ti ci riesci amore mio?”. “Vuoi dire che non riusciamo a scindere il reale dall’immaginario?”. “Qualcosa di simile, Nattulami. Chi può dire se stiamo vivendo o sognando, se siamo illusioni o fantasmi? Chi riesce a capire il volo perfetto delle rondini? Siamo farfalle o nuvole, parole senza significato; aquiloni erranti o bambini capricciosi? Nessuno, nemmeno i filosofi possono affermare questa tremenda verità, Sacerdotessa”. Grazie Gianfranco, per avermi dato la possibilità di esternare i miei pensieri: già questo è un immenso regalo” (Antonio Messina, maggio 2004).
EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE
Antonio Messina (Partanna, Trapani, 19??), scrittore italiano. Vive a Padova. “L’assurdo respiro delle cose tremule” è il suo primo romanzo.
Antonio Messina, “L’assurdo respiro delle cose tremule”, L’Autore Libri Firenze, 2003.
Gianfranco Franchi, maggio 2004.
Prima pubblicazione: Lankelot.