ISBN Edizioni
2010
9788876382093
Non sono uno sportivo, sono un tifoso di calcio. E come tutti gli sportivi sanno, e Sandro Modeo ripete con chiarezza nel libro, intellettualmente noi tifosi siamo subumani: questa nostra suprema stupidità è, quando cosciente e dominata, una forma bambinesca di trasgressione. Ma non si può negare che sia, che esista. Che cosa mi ha spinto, allora, ad andare in cerca di un libro sull'allenatore della squadra che negli ultimi anni ha sconfitto più volte la Roma in tutte le competizioni, ribadendo la nostra identità di eterni perdenti, di magnifici secondi, di irrimediabili frustrati? Semplice: Mourinho è uno dei personaggi più intelligenti e divertenti apparsi in Serie A, almeno dagli anni Ottanta. Non sembra avere niente a che fare con il mondo del calcio: è uno che sembra essersi inventato una maschera. E questa maschera porta, nazione per nazione, per qualche anno: restituisce la vittoria a chi per troppo tempo era diventato un perdente, e poi se ne va via. Cambiando scenario. E questa maschera, di fama, respiro e successo internazionale, immagino sia profondamente portoghese. Non conosco abbastanza la storia lusitana per poterle dare un nome. Modeo ci prova, tranquilli. Spara altissimo ma ci prova. Torniamo a Mou.
Mourinho sembra rispettare, passo dopo passo, in ogni sua esperienza, una sua sceneggiatura sempre uguale a sé stessa: quando parla con nostalgia dell'ultima società che ha diretto, ad esempio, quando ammette di non avere poteri magici (perché, qualcuno poteva dubitarne?), quando non esclude il ritorno nei vecchi colori, un bel giorno, quando si prende gioco dei suoi successori o dei suoi predecessori, magnificandosi, e via dicendo. Personalmente me ne sono accorto leggendo un paio di articoli sulla sua nuova esperienza, al Real Madrid, e ho ghignato un po'. Modeo, nel suo libro, m'ha raccontato un sacco di cose in più, a proposito di questa “narrazione” mourinhana. E tutto a un tratto, a un certo punto della mia esperienza estetica, m'è tornata in mente un'altra cosa. Era un ricordo d'infanzia.
Cosa mi ricordava la scrittura satura di intellettualismo e di funambolismi letterari di Sandro Modeo? Perché era così famigliare, perché era così piacevole? Quale poteva essere il paradigma? Gianni Brera? Manco per niente. Carmelo Bene che parlava di Falcao. Ecco cosa. La stessa ispirazione. La stessa grazia. Le prime quindici volte che il giornalista del “Corriere della Sera” e del “Guardian” ha nominato Houdini mi sono sentito disorientato. Cosa può avere spinto un uomo così pieno di stile a perdere tempo con un paragone così grottesco? Man mano ho trovato pace, avanzando nella lettura. Perché mi sono accorto che è una trovata personale, indovinata e destinata a incuriosire chiunque sappia chi sia e cosa rappresenti Mourinho. Ho fatto una prova: sono sceso in libreria, ho commentato col mio amico libraio le prime cento pagine del libro, mostrando entusiasmo sia per Mourinho che per la scrittura di Modeo. Allora l'amico libraio m'ha chiesto cosa ne pensassi, “davvero”, dell'uomo capace di fare un gesto così ridicolo come quello delle manette. E così offensivo nei nostri riguardi, come romani e romanisti, e via dicendo. Ho risposto come avrebbe fatto Modeo, mentendo per ragioni artistiche: ho spiegato che in realtà Mourinho stava omaggiando Houdini. “Logico, no?” È scoppiata una gran risata e ho capito: è un accostamento così allucinante e impensabile, così fondato sul nulla che sembra vero. Funziona.
**
Insomma “L'alieno Mourinho”, nuova pubblicazione di quel magnifico editore di qualità e di personalità che è ISBN di Milano, è un libro-giocattolo per tutti gli intellettuali e per i tifosi dell'Inter; è un intelligente viatico all'interiorizzazione della parabola di Mourinho, per gli sportivi; è ragione d'ulcera per tifosi della Roma (e del Milan, sospetto) che non abbiano voglia di leggere la benedizione delle patrie lettere su quel tizio così ricco, così sopravvalutato, così burino e via dicendo. È una delle biografie più disorientanti e ricche d'inventiva pubblicate negli ultimi anni: sicuramente un grande libro di calcio, non soltanto un buon libro di saggistica creativa, emiscientifica emiludica eminostrana. D'accordo? Da qui in avanti comincia un altro articolo.
**
Figlio d'arte (il padre, Félix, è stato portiere e allenatore del Vitoria Setubal), borghese (“noi diciamo che è nato con il culo nel burro”, ricordano al suo paese: viveva in quindici stanze, tutte con parquet), d'una famiglia legata al regime di Salazar, Mourinho s'è diplomato all'Isef di Lisbona. Ha insegnato educazione fisica, è stato un calciatore mediocre – uno stopper che ha giocato un centinaio di partite tra A e B portoghese, prima del ritiro a soli ventiquattro anni. Ha cominciato ad allenare, giovanissimo, gli allievi del Vitoria Setubal: la squadra per cui ha sempre fatto il tifo, a quanto pare. Post corso Uefa in Scozia, patentino d'allenatore alla mano, torna in Portogallo come vice di Alves nel'Estrea Amadora. È l'inizio della sua carriera. Mourinho imparerà il mestiere lavorando come secondo di Bobby Robson (Sporting Lisbona, Porto e Barcelona) e di Van Gaal, stupirà il Portogallo portando una squadretta mediocre come l'Uniao Leira al quinto posto in classifica, stupirà mezzo mondo trascinando il Porto alla sua seconda Coppa dei Campioni (e a una Coppa Uefa: all'epoca valeva qualcosa). Di lì al Chelsea di Abramovich il passo, per lo Special One, è stato breve.
Sacchi: “Il suo curriculum sportivo è impressionante: ha vinto dovunque sia stato (Portogallo, Inghilterra, Italia). È dal 2002 che le sue squadre non perdono una partita in casa. In Italia ha subito centrato il campionato e il secondo anno ha stabilito un record: la tripletta (Coppa Italia, Campionato e Champions League). Ha conquistato due volte la Champions la prima con il Porto, club dai bilanci economici modesti; la seconda con l'Inter, che veniva da 45 anni di astinenza. Negare che sia un grande allenatore sarebbe come asserire che dopo il giorno non viene la notte. È un fenomeno da studiare” (pp. 7-8).
E a studiarlo ci ha pensato Sandro Modeo, giornalista del “Corriere della Sera” e del “Guardian”, in questo “L'alieno Mourinho” (ISBN, 2010). Modeo è convinto che le ossessioni principe del mister lusitano, il denaro e la vittoria, abbiano chiare ascendenze biografiche. Da un lato, la rovina economica della sua famiglia, post caduta del regime di Salazar e la nazionalizzazione dei beni; dall'altro, la sofferenza per le ripetute sconfitte di suo padre, allenatore spesso licenziato dalle sue squadre. Mourinho ha mantenuto la sua serena borghesia originaria mostrando, nel tempo, franca refrattarietà “alle cene sociali e alla mondalità, cui preferisce – da borghese cattolico normativo – ore coi figli tra scivoli e altalene” (p. 113). Si direbbe sia rimasto anticonformista: è di destra in una città come Setubal. A quanto pare è l'unico, provincia inclusa.
Dietro ai successi di Mourinho, Modeo vede un lavoro di documentazione e di studio abnorme: non è un caso se il mister ha sempre insistito sulla “scientificità” del calcio, e sulla necessità d'una puntuale programmazione di ogni singolo aspetto.
Lo scrittore italiano spiega che, in pieno stile da uomo di spettacolo, Mourinho sa aumentare le difficoltà dei suoi incarichi, volta per volta: ma dimentica che la Coppa dei Campioni vinta col Porto, ben prima delle esperienze con Chelsea, Inter e Real, è un successo sicuramente più complesso degli ultimi. Diciamo che per superarlo servirebbe un'impresa alla Brian Clough – e a quel livello Mourinho non è ancora arrivato, non ha mai allenato un Nottingham Forest. Forse non accadrà mai. Modeo sembra aver colto l'essenza dell'ambizione del mister: segue “il movimento di un'escalation, di un'ascesa che non sembra contemplare mediazioni tra il tutto e il nulla, tra la grandeur e il tracollo” (p. 41).
Notevole l'intuizione della “sindrome di Romeo e Giulietta”: secondo Modeo, Mourinho inverte l'intuizione di Chesterton: non è vero che “Il modo migliore per amare qualcosa o qualcuno è pensare che si potrebbe perderlo”, ma “Il modo migliore per farsi amare è far pensare agli altri che potrebbero perderci” (p. 73). Questa è la capacità tutta mourinhide di “proiettare l'ombra del rimpianto quando ancora si sta procedendo verso il futuro”, trasformando questo rimpianto nella massima motivazione dei giocatori.
**
A beneficio dei calciomani segnalo magnifiche e suggestive comparazioni tra Mou e Jorge, ex eminenza grigia del Porto e tra Mou e Guttmann (splendida l'intuizione di Modeo: cfr. almeno pp. 28-29). Buone le pagine sull'amicizia e sul sodalizio con i suoi primi allenatori, Robson e Van Gaal.
**
Un'ultima cosa. Welsh, autore della postfazione, spiega meglio di chiunque altro in quale momento preciso c'è stato l'avvento di Mourinho nel calcio italiano: “Dopo un anno sabbatico, Mourinho è riapparso all'Inter, la meno cool e meno vincente delle due squadre milanesi, in un campionato apparentemente in declino e sconvolto dalla corruzione, incapace di contendere la Champions alle squadre inglesi e spagnole”. Ecco, volevo rimarcare che il nostro campionato è sicuramente in declino ed è chiaramente ancora sconvolto dalla corruzione, e dal calcio televisivo che ci ha trascinati fuori dagli stadi, molto più della violenza di certi fanatici. La parentesi di Mourinho è stata felicemente sprovincializzante, e devo dire simbolica: ci ha ricordato cosa vuol dire giocare per vincere non soltanto nel cortile di casa nostra. E ci ha mostrato cosa vuol dire servirsi dei media – senza essere padrone dei canali televisivi e dei giornali – e cosa inventarsi una storia bellissima, e decidere d'esserne protagonisti, e viverla. Devo ammettere che per la prima volta in 33 anni ho guardato con simpatia a un personaggio del campionato italiano che non fosse romanista o ex romanista o prossimo romanista. Se in me s'è accesa una timida fiammella di sportività, è stato per le risate che Mourinho mi ha regalato. L'ultimo sportivo così spaccone e cazzarone era stato Eddie Irvine. L'alcol, lo spirito Irish e le donne non ne hanno fatto un vincente. Ma Mou vince. Che spettacolo.
Su, mangiatevi questo libro.
EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE
Sandro Modeo, giornalista e saggista italiano. Scrive sul “Corriere della Sera” e sul “Guardian”.
Sandro Modeo, “L'alieno Mourinho”, ISBN, Milano 2010. Presentazione di Arrigo Sacchi. Postfazione di Irvine Welsh. In appendice, Palmarès e Bibliografia ragionata.
Gianfranco Franchi, settembre 2010.
Prima pubblicazione: Lankelot.