Mondadori
2000
9788804517580
“In mente ho più cose di quante tu ne possa immaginare – sentenziò Marvin, cupo. Le mie capacità mentali sono illimitate come illimitato è il Cosmo. Solo la mia capacità di essere felice ha confini precisi. La mia capacità di essere felice potrebbe stare dentro una scatola di fiammiferi piena” (p. 63)
Terzo capitolo della saga della Guida Galattica per gli Autostoppisti, originariamente ideato come sceneggiatura per il “Doctor Who” di Tom Baker e quindi diversamente adattato, “La vita, l’Universo e tutto quanto” è lievemente meno brillante dei primi due libri: protagonista princeps è il terrestre Arthur Dent, stavolta, Zaphod e Marvin rimangono un po’ nelle retrovie, giocandosi qualche cammeo niente male; la trama ha uno sviluppo diversamente ritmato rispetto alle opere precedenti, risultando molto più densa e cervellotica (cerebrale? Anche). Rimane un romanzo fantascientifico-satirico di buona fattura, sicuramente meno allegorico rispetto al pattern e comunque scintillante di vivacità e imprevedibilità. Questo sì, sempre.
Qualche cenno alla trama: Arthur si risveglia gridando d’orrore: si trova da cinque anni in una caverna, sulla Terra. Viaggiando nel tempo è tornato sul suo pianeta due milioni d’anni prima della distruzione; purtroppo è molto solo, combatte freddo, umido e noia, non vede i vecchi sodali da un pezzo. Si sente isolato, non vede futuro e decide di impazzire. Neanche il tempo di gridarlo che spunta fuori Ford Prefect, l’alieno di Betelgeuse. Anche lui era impazzito, parlava con gli alberi (gli olmi, più spesso) e lavorava sull’evoluzione delle giraffe. Ma adesso aveva colto qualcosa – un disturbo nel tessuto spazio-temporale – e sapeva che stavano per tornare in azione. Per salvare l’Universo, è chiaro. E così appare, nella Terra primitiva, uno splendido divano Chesterfield. Semovente. Sarà il veicolo per viaggiare nel futuro: sino a due giorni prima della prevista distruzione del Pianeta: nel bel mezzo di un torneo di cricket. Arthur e Ford sono disorientati e stanchi, increduli di fronte alla prossima vittoria dell’Inghilterra e preoccupati per il rischio d’una morte per mano vogoniana. Serve un trucco per scamparla. Serve vedere un PA. Cos’è un PA? È un problema altrui.
“È qualcosa che non vediamo, non riusciamo a vedere. O che il cervello non ci permette di vedere. Non lo vediamo perché giudichiamo che si tratti di un problema altrui. È proprio questo il significato della sigla PA, no? Problema Altrui. Il cervello semplicemente gli tira una riga sopra, e quello diventa come un punto cieco. Se lo guardi direttamente non lo vedi, a meno che tu non sappia esattamente che cos’è. L’unica speranza è prenderlo di sorpresa captandolo con la coda dell’occhio” (p. 35).
Un campo PA “sfrutta la naturale tendenza della gente a non vedere ciò che non vuole vedere, che non si aspetta di vedere o che non è in grado di spiegarsi” (p. 44).
Ford ne sa tante. È grazie a un PA estraneo a tutto lo stadio di cricket che vede l’astronave di Slartibartfast. Piacevole il ritorno di questo personaggio minore del primo episodio: un architetto dei pianeti – Terra inclusa: fiordi in particolare – con funzione salvifica (universale). La sua navicella è una sorta di bistrò italiano, un ristorantino dago delirante. Scoprirete da voi sino a che punto (massì, prendersi gioco di noi non è sbagliato).
Una cosa va detta, prima di passare ad altro. Il cricket ha un etimo cosmico, a quanto pare: viene da *Krikkit, nome d’un popolo isolato e sfortunato, e le sue regole si fondano su una stravagante memoria inconscia collettiva di antiche guerre, offendendo a morte gli alieni. I Krikkit vogliono distruggere il loro cielo – nero, e triste – da quando hanno scoperto che esistono altre forme di vita: peggio, da quando si sono accorti che esiste l’Universo. Sono intelligenti ma xenofobi (p. 111), e sono entrati in azione da un pezzo. Stanno raccogliendo oggetti fondamentali per assemblare un’arma di distruzione di massa, diciamo così. E il cricket, inevitabilmente, ha una sua importanza…
Arthur salverà l’universo – è nelle cose – ma intanto aspettatevi un suo incontro-scontro con Thor, la contemplazione del cielo notturno, buio e vuoto, di Krikkit, importanti notizie sul primo curatore della Guida Galattica (p. 144) e dei suoi successori, rivelazioni sui contenuti del canto degli uccelli e altro ancora; robot depressi per la guerra, lo shock di Zaphod per la scoperta d’avere un’anima, Marvin che parla di cose della vita con un materasso (camminare in tondo e a ritroso: p. 65) e un alieno immortale che viaggia per il cosmo con uno e un solo obbiettivo: insultare ogni creatura vivente, in ordine alfabetico. Impossibile? Forse. Ma un uomo dovrà pur sognare, no?
C’è anche spazio per Agrajag. È una creatura accidentalmente uccisa da Arthur in ogni sua reincarnazione: coniglio, mosca e via dicendo, nel corso della storia del cosmo. Finalmente ne è consapevole, e vuole massacrarlo: purtroppo s’accorge che mancano ancora degli incontri, e l’esito del nuovo match è prevedibile. Last but not least… poco prima dell’epilogo, l’annuncio importante dell’esistenza dell’ultimo messaggio di Dio, su un altro pianeta…
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La censura è idiota, nazione per nazione. Ma devo dire che in America riesce a raggiungere picchi di straordinaria qualità. Nel capitolo 21, nell’edizione inglese e non solo, si legge che il “Rory” era un premio per l’uso più gratuito della parola “Fuck” in una sceneggiatura seria. Nell’edizione americana, la parola “Fuck” diventa “Belgio”: “Belgio”, la parola più offensiva di tutta la galassia.
Ora, la questione fa abbastanza ridere. Un po’ meno dalle parti di Anversa, credo, ma sorvoliamo: USA, Fuck = Belgio. Edulcorati, tutti puliti. Belgio Yankee.
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“Sto qui seduto con la tristezza e l’infelicità come mie uniche compagne. Anzi, ce ne sono altre. La mia immensa intelligenza e la mia infinita disperazione, per esempio. E la…” (Marvin, p. 202)
EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE
Douglas Noël Adams (Cambridge, England 1952 – Santa Barbara, California 2001), scrittore e sceneggiatore radiofonico inglese, laureato in Letteratura Inglese.
Douglas Adams, “La vita, l’Universo e tutto quanto”, Mondadori, Milano 2000. Traduzione di Laura Serra. In copertina: illustrazione di Geoffrey Grahn.
Prima edizione: “Life, the Universe and Everything”, 1982.
Adattamento cinematografico: “The Hitchhiker’s Guide to the Galaxy”, di Garth Jennings, 2005. La sceneggiatura, scritta da Douglas Adams, venne originariamente opzionata da Ivan Reitman. Preferì girare “Ghostbusters”.
La saga completa: “The Hitchiker’s Guide, to the Galaxy” (1979); “The Restaurant at the End of the Universe” (1980), “Life, the Universe and Everything” (1982), “So Long, and Thanks for all the Fish” (1984) e “Mostly Harmless” (1992), protagonisti sempre Arthur Dent e Ford Prefect.
Prime edizioni italiane: “Ristorante al termine dell’universo” (Urania, 1984), “La vita, l’universo e tutto quanto” (Urania, 1984), “Addio, e grazie per tutto il pesce” (Urania, 1986), “Praticamente innocuo” (Urania, 1992). Incompiuto per la morte dell’autore “Il salmone del dubbio” (2002).
Approfondimento in rete: h2g2 / Sito ufficiale di Douglas Adams / Wiki en
Gianfranco Franchi, agosto 2008.
Prima pubblicazione: Lankelot.
A Luca, Gigi e Zap
Lievemente meno brillante dei primi due libri: protagonista princeps è il terrestre Arthur Dent, stavolta, Zaphod e Marvin rimangono un po’ nelle retrovie…