Einaudi
1962
9788804631644
“Nei primi anni scrissi solo racconti brevi, che furono pubblicati in due volumetti usciti nel '42, 'La visita' e 'Alla periferia'. Il mio primo racconto lungo è del '46: s'intitola 'Baba' e s'ispira alle vicende della guerra partigiana, a cui avevo preso parte in Toscana. Il mio primo romanzo è del '52: 'Fausto e Anna'. In seguito ho alternato le due misure del romanzo e del racconto lungo, mentre non ho più ripreso a scrivere racconti brevi. Nel '59 Einaudi ha raccolto in un unico volume tutti i miei racconti lunghi. La raccolta è stata intitolata 'Il taglio del bosco'” (Cassola si presenta nella bandella della “Visita”, 1962).
“La visita” e “Alla periferia” uscirono in volume nel 1942, nella collana di «Rivoluzione» e di «Letteratura». I racconti della “Visita” erano stati scritti tra 1937 e 1940; quelli di “Alla periferia” tra 1940 e 1941. I racconti contenuti nella terza parte, “La moglie del mercante”, sono stati scritti tra 1942 e 1945 circa; qualcuno, qualche anno più tardi. È facilmente riconoscibile per via del taglio politico.
Il libro è aperto da una sorta di dichiarazione d'intenti, un mini-manifesto programmatico autoriale del 1942: “Il film dell'impossibile”. Cassola parla della sua scrittura e della sua estetica. L'artista romano, toscano di ritorno, voleva, partendo da visioni ferme, quadri, stampe o fotografie, animare una sorta di “film dell'impossibile”. Non il “punto fermo”, ma la vita che è moto doveva essere l'oggetto della sua scrittura. L'artista voleva che i sentimenti dei personaggi valessero quanto i loro vestiti. Riesce nell'impresa: questi raccontini sono bozzetti, sketch, esercizi di stile: impressionisti e leggeri, talvolta discretamente allegorici, sono regolarmente caratterizzati da un registro equilibrato e lento, molto cerebrale. Cassola sembra uno scrittore lunare, perché pare proprio fuggire ed evitare la gioia, l'armonia e la voglia di vivere, in questi suoi primi testi; al limite c'è la goliardia, al limite c'è la nostalgia dell'infanzia, al limite c'è il sogno d'essere letterato.
Cominciamo dai racconti contenuti nella “Visita”, raccontando qualcosa di quelli che mi sono sembrati più degni. Incipit: “La visita”. A partire da un arazzo animato e dialogato, entriamo nella vita di Rosa Boni. Vedova da dieci anni, rischia di finire a casa del cognato, per sostituire la sorella, morente. E intanto Rosa pensa con stupore che tante cose sono avvenute nella sua vita, e in definitiva non ne è avvenuta nessuna. La vita è inutile e confusa, e più inutile e confusa sembra, più si sente vicina a Dio. E al suo povero marito perduto.
“La signora Rosa Boni a Roma” è un'altra storia della vedova Rosa, da Cecina, che va a trovare la sua amica Virginia, mezza parente. Si ritrovano con gioia ma forse in futuro sarà più difficile: Virginia deve emigrare ancora, stavolta a Napoli, perché suo marito ha perso il lavoro a Roma. Ci si ritrova a pensare, poveri toscani, che “la gente come noi deve temere i cambiamenti”.
“Paura e tristezza” è la storia di Fausto, che deve imparare ad accettare l'idea della morte; fantastica d'un mondo in cui si rimane sempre vicine alle persone amate, e dove la morte non h più dominio – proprio come l'infelicità.
Nelle prime battute di “Monte Mario” siamo al capolinea del tram che sale sino a quel quartiere di Roma. Giovanotti, accademisti della Farnesina, si passano foto di belle donne. Sognano belle donne. Si ritrovano in trattoria. Là una gran bella donna è con il suo uomo, e lui non dovrà fantasticare per averla, di lì a poco.
“Il soldato” è la storia di Albino, congedato e tornato al paese. Siamo a Cecina. Lentamente Albino ritrova i suoi affetti e il suo vecchio amore, ma qualcosa sembra cambiato. È il cielo di Cecina che adesso ha il “pallido aspetto del crepuscolo: il chiarore finiva e l'aria si faceva fitta”. Le case e le strade sono immerse in quell'aria. Spettrale.
“I due amici” è un racconto-francobollo di due amici; un esterno giorno da cortometraggio allegorico, esistenzialista. L'epilogo è lynchiano, per via dell'apparizione d'un manifesto d'un illusionista. Altre passeggiate in “Tempi memorabili”, con tanto di consigli letterari (scolastici) del solito Fausto, alter ego di Cassola: “I miserabili” e “David Copperfield”.
“Bandiera rossa” è una breve e dolorosa allegoria delle condizioni di vita di un'umanità “torbida e decaduta”. Cassola dipinge due amanti in piedi alla finestra, a guardare il cielo. Il cielo appare nuvoloso: le nuvole sono “gonfie come bandiere, come fiamme, come ideali”. Ma poi il sole tramonta e il rosso traspare. L'umanità, chiosa Cassola, deve guardare più in alto, là dove si staglia la Croce in un “bagno splendente e trasumano”.
Veniamo alla seconda parte del libro, “Alla periferia”. Il racconto eponimo ci riporta nel quartiere di Monte Mario, a Roma. Il narratore osserva il tram, pensando che più s'allontana da casa sua e dalle sue strade più si sente liberato. E una volta ancora ci accompagna in osteria. Lì c'è un vago monologo interiore, tenue, spezzato da un cerino che scrocchia e dal fumo d'una sigaretta che si sparge tutto attorno, senza fare presa. Infine, Cassola ci rivela cosa amava di Roma. E sembra quasi una dichiarazione d'estetica: “Amo la periferia più della città. Amo tutte le cose che stanno ai margini. Così, quand'ero soldato, sentivo la caserma solo vicino al muro di cinta, di fronte alla legna accatastata per la cottura del rancio, accanto ai lavatoi bagnati gelidi nel crepuscolo” (p. 77).
Ancora Roma nel “Mio quartiere”. Memoria delle case grigie, e delle poche nevicate di quegli anni, del sillabario e del primo libro di lettura, dell'ombra che nascondeva il suo giardino, nel pomeriggio, di sua sorella che voleva fargli amare a tutti i costi “La certosa di Parma” di Stendhal.
“Gli amici” è una memoria dei giorni felici delle ferie al mare: le “bagnature”, per dirla con Cassola. Lui e il suo amico Giacomo sono ragazzini che parlano di libri. Cassola amava Carducci e criticava – per partito preso – Manzoni. Giacomo, qualche anno più grande di lui, ha una preparazione e uno stile ben differenti. Manlio, invece, amava Joyce, e giocava da dublinizzare Roma con Cassola. Ernesto, infine, ha tenuto vive in memoria le cose inventate dall'artista, e poi dimenticate crescendo.
“La vedova del socialista” è la triste storia d'una donna che credeva che nel marxismo, e commemorava a più non posso i grandi amori letterari e politici di suoi marito. Non aveva paura della morte perché la morte significava il nulla. “L'hanno sepolta nello squallido cimitero di Roma, in mezzo alla selva di alberi e lapidi che si stende a perdita d'occhio tra salite e discese, terrazze e avvallamenti, e lo scuro flusso di gente” (p. 108), chiosa lo scrittore.
Veniamo alla terza e ultima parte, quella più politica, annuncio della futura produzione resistenziale di Cassola: “La moglie del mercante”. Il racconto eponimo è la triste coscienza di come si possa invecchiare, marito e moglie, e smettere di farsi le feste quando uno torna a casa. Invecchiare è come scomparire.
“Clerici” è la storia di un bel tipo, giovanotto casinista e leggerissimo, galoppino e piantone. “Tipo Novecento. Romanesco puro. Magnà e beve”. Calciatore e gran fumatore, a un tratto abbandona il gioco e la Roma, perché è rapito dalla politica. Diventa informatore del regime fascista, e si vendica di chi non gli andava proprio giù.
“Il caporale Sbrana” è la storia di un soldato che vuole tornare a casa, dalla moglie e dai figli. Il clima da caserma è quello classico che tutti abbiamo sentito almeno nominare: soldati e ufficiali cominciano a confrontare mogli e compagne. “Il caporale Mueller” è la storia di un ufficiale di Amburgo che va a cercare fortuna in una casa di campagna. Chiede ospitalità. Dice di essere un austriaco buono, nemico dei nazisti, stanco di servire in guerra. Ha disertato. È comunista, vuole diventare partigiano. Sta mentendo. Ucciderà un partigiano che si presenta per venirlo a prendere.
Il libro si chiude con un omaggio allo scrittore più amato da Cassola: “La scoperta di Joyce”. Questa edizione Einaudi, attualmente irreperibile, è idealmente destinata agli studiosi e ai cultori della narrativa dell'artista romano-grossetano; al limite, tornerà in qualche antologia scolastica, frammento per frammento. Come ogni buon esercizio di stile. Come ogni esercizio di stile d'autore.
EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE
Carlo Cassola (Roma, 1917 - Montecarlo, 1987) scrittore, giornalista e saggista italiano. Per vivere ha fatto il professore. Non ha mai fatto parte di nessuna corrente letteraria.
Carlo Cassola, “La visita”, Einaudi, Torino 1962. Poi Mondadori, 2013.
Approfondimenti: WIKI it
Gianfranco Franchi, febbraio 2010.
Prima pubblicazione: Lankelot.
Raccolta di racconti di un giovanissimo Cassola…