Adelphi
2003
9788845918193
“Those who cannot remember the past – scrisse Santayana – are doomed to repeat it”. Storia di una rivalità tra duellanti e storia della tragedia d’un popolo. Tributo alla memoria di ogni individuo, e dunque allo spirito dell’uomo, e tributo alla memoria storica, e dunque al fondamento essenziale del nostro tempo, e di ogni società. Storia di due avversari che il tempo rivela nemici: e di una rivalità che non conosce oblio, e si risolve con la morte. Storia di un’epoca che non si può dimenticare, borborigmo nazista di “Sangue e Suolo”: l’allegoria è un confronto serrato tra due scacchisti. L’uomo che diverrà Dieter Frisch e l’uomo che diverrà Tabori. Nessuno dei due potrà mantenere il proprio nome e la propria identità, al termine degli anni del conflitto: soffocati dallo spettro d’un passato innominabile, annichiliti, alla deriva dei propri sogni e della propria ricerca, vivranno esistenze distanti e divergenti: si consuma una attesa che pare interminabile. Il ricordo di quel che è avvenuto cristallizza il passato in un presente inalterabile: l’uomo giusto agogna giustizia, ed è pronto ad attendere fino alla fine dei suoi giorni pur di chiudere il cerchio e suturare la ferita dello spirito, che mai poteva cicatrizzare.
L’incipit della narrazione è la misteriosa morte di Dieter. Unica anomalia evidente, la presenza d’una scacchiera di pezze e stoffa con dei bottoni per pedine, a simulare la strategia di gioco che Dieter aveva ribattezzato Variante di Lüneburg. Il narratore racconta che la sentenza di morte risale a due notti prima, sul treno che viaggiava alla volta di Vienna. E allora viaggiamo in una carrozza dove un giovane pittore interpreta la partita a scacchi tra Dieter e un suo collaboratore, stupendoli per l’insolita brillantezza delle sue osservazioni: quel giovane è il figlio adottivo del narratore, è un campione di scacchi che ha quasi compromesso il suo equilibrio psichico per la sua dedizione al gioco, e si trova adesso al fianco di Dieter perché deve raccontargli una storia. Questo giovane, ennesima splendida incarnazione del Vecchio Marinaio di Coleridge, appare nel testo esclusivamente per poter raccontare questa storia: ed è la storia della sua vita, del suo talento scacchistico e del degrado conosciuto nell’isolamento e nella sofferenza: ed è la storia del suo maestro, e d’una scacchiera misteriosa che aveva il dono di condizionare il giocatore a non decentrarsi, a scanso di infliggergli una scarica elettrica; ed è una storia che allude, evoca, annuncia e infine pronuncia la ragione della dannazione di due anime, e risolve una inimicizia che aveva attraversato il tempo. Questo giovane, poco a poco, si trova a sedere di fronte a una figura che sempre più appare pietrificata dal confronto col proprio passato e con la propria coscienza: un codice segreto contenuto in una strategia scacchistica si rivela eco d’una atroce passata condanna a morte, e d’una prossima eterna maledizione.
Inoltriamoci nella foresta del testo. Appare una via d’elezione e benedizione. Tu fuggirai il dolore. Tu imparerai dal dolore. Tu non arrecherai dolore. Tre incisioni su una scacchiera originata nei sogni degli alchimisti. Ed è in sostanza la sorte dei tre personaggi principali. Dieter fugge dal dolore fino al termine dei suoi giorni, Tabori impara ogni cosa dal dolore, il giovane Hans è incapace di arrecare dolore. Adesso: difficile discutere altri aspetti della trama, per non bruciare a nessuno tra voi il piacere della lettura e dell’incontro con un capolavoro letterario mitteleuropeo – mi limiterò, allora, a segnalare qualche aspetto eccellente dell’opera, senza adottare alcun criterio gerarchico nella discussione.
Il rapporto tra Tabori e Hans è l’archetipico legame tra maestro e allievo: si ha la sensazione di assistere ad un’iniziazione all’esistenza, mediante l’adesione totale ad un gioco che è una disciplina, una filosofia e una rappresentazione fedele dello spirito d’ogni individuo. Tattica aggressiva, tattica attendista, tattica difensiva: contenimento, o spregiudicato assalto del nemico. Scacchiera come specchio della psiche, scacchista come dio che domina ordina e controlla il suo esercito. Il legame maestro-allievo sembra procedere lungo il sentiero dell’emulazione, quindi della soggezione, infine del superamento e della comune realizzazione e nell’arte degli scacchi, e nella conclusione del cammino d’una vita – riscatto forse d’un popolo, ed eterna memoria del dolore.
Il tema dei due rivali è incarnato, altrove, con splendida ispirazione, da Conrad, ne “I duellanti”: tuttavia io sento il respiro della “Guerra Invernale del Tibet” di Dürrenmatt, dell’individuo che, per così dire, assume senso in funzione del suo nemico- e questo vale assolutamente per Dieter, e in misura differente per Tabori. Tabori riconosce in Dieter il rivale: e sa di doverlo sconfiggere per sempre dopo esser stato costretto a testimoniare la sua malvagità e la sua barbarie. Dieter vive la sua giovinezza per surclassare Tabori: non è una affermazione, quella che desidera, ma una forma di supremazia. Non una vittoria, ma un’umiliazione. Non un confronto, ma una prevaricazione. Odio, dunque, e antagonismo contro rivalità: ma la rivalità si macchia di sangue innocente, e nel sangue sembra destinata a concludersi.
Lo stile dell’artista goriziano – in questa sua opera prima – è perfettamente aderente alla sublime tradizione novecentesca mitteleuropea: se per via del meccanismo dell’agnizione può sembrare erede d’una linea che da Scipio Slataper e Roth, attraverso Dűrrenmatt, si conclude in Magris, per atmosfera, ambientazione e ispirazione va assolutamente ascritto alla più nobile arte letteraria mitteleuropea. Spesso, leggendo questo romanzo, mi sono ritrovato a pensare all’ “Amico ritrovato” di Fred Uhlman: non solo per via dell’analoga epoca storica, ma soprattutto per via del fatto che mi è parso questo romanzo fosse una sorta di “Nemico ritrovato”. Storie opposte, di nemici che pure sembrano essersi reciprocamente necessari per ammettere l’esistenza dell’altro: eppure entrambe testimonianze monumentali del conflitto non culturale, ma spirituale rappresentato dall’ultima guerra mondiale. Testimonianze monumentali della sofferenza e dell’orrore: e di quel tradimento dell’umanità che ha avuto il nome di nazionalsocialismo, e di quel tradimento di Dio che è stato lo sterminio di milioni di persone in nome della loro appartenenza ad un’altra fede religiosa. All’epoca si parlava di razze: oggi si parla di etnie, scrive Sebastiano Vassalli in “Sangue e Suolo”. Il significato non è cambiato: la parola è nuova, e inganna.
Capolavoro letterario mitteleuropeo, in conclusione, d’un autore che ha conosciuto la prima pubblicazione troppo tardi: nel 1993, a cinquanta anni. Opera prima, questa, che definire promettente è riduttivo, perché è l’annuncio di un nuovo bel romanzo del talento goriziano, "Canone Inverso", che vedrà la luce tre anni dopo.
EDIZIONE ESAMINATA e BIBLIOGRAFIA CONSIGLIATA:
Paolo Maurensig (Gorizia, 1943), talento letterario mitteleuropeo, narratore.
Paolo Maurensig, “La variante di Lüneburg” Adelphi, Milano, 1993.
Gianfranco Franchi, settembre del 2002.
Prima pubblicazione: ciao.com. A ruota, lankelot.