Lupetti
2008
9788883912337
Negli ultimi anni, l’editoria italiana ha mostrato cenni di interesse nei confronti della torrenziale opera di Margaret Oliphant (1828 – 1897), dimenticata scrittrice scozzese. A partire dal 1990, nell’ordine, Edizioni Nord, Tranchida, Marsilio e Azimut hanno tradotto, rispettivamente, “La terra delle tenebre”, “La finestra”, “La finestra della biblioteca” e “Gli assediati”.
“La terra delle tenebre” torna nel 2008 sugli scaffali dei letterati italiani nella nuova traduzione di Alessandra Giagheddu, quinto titolo dell’atipica collana di narrativa “I Rimossi”, ideata dai magmatici accademici Rizzardini e Bigalli. Ecco come il letterato Massimo Rizzardini, curatore del volume, introduce questo romanzo breve. Illuminiamo l’oscurità: “'La terra delle tenebre' apparve dieci anni prima della scomparsa di Margaret Oliphant, nel 1887, sul Blackwood Magazine, prima di essere pubblicato in volume nell’anno successivo per i tipi di MacMillan (…). Le storie fantastiche che contraddistinguono l’ultima parte del suo lavoro ebbero battesimo nel 1882, con la pubblicazione della raccolta di racconti 'A Little Pilgrim in the Unseen' (…). Fu lo straordinario impatto del libro a programmarne un secondo intitolato 'The Land of Darkness, along with some further chapters in the experience of Little Pilgrim' (1888). 'La terra delle tenebre' si distacca dagli altri racconti della raccolta essenzialmente per due motivi: il primo risiede nel fatto che il narratore non è 'Little Pilgrim,' il secondo nella particolarità di questo viaggio nell’oltretomba, che assume una curvatura religiosa (…) assente o quasi nelle altre opere”.
Catabasi anglosassone, apocalittica e cupa come la predica di un pastor (di un clergy, oh wasp!) di provincia, “La terra delle tenebre” è un allucinato e incubotico viaggio nello spirito della società postindustriale: l’inferno non è mai stato così simile alla nostra esperienza quotidiana, si direbbe quasi che nella sensibilità della Oliphant non dobbiamo attenderci torture diverse da quelle che conosciamo già, e abbiamo saputo infliggerci nel tempo. Rovesciando equilibri sociali, perdendo la guida di dio, preferendo le nostre leggi alla giustizia. Estraniante la tecnica di presentarle: il libro, narrato in prima persona dall’anima caduta, principia dal suo precipizio nel vuoto, in una luce livida. Non si ritrova, come ci attenderemmo dalla tradizione – senza scomodare testi sacri e monumenti letterari trecenteschi, basti considerare la “Coming Race” di Bulwer-Lytton, peraltro appena precedente: 1871 – in un contesto altro e nuovo, ma su un marciapiede, di fronte a un negozio di una città che non (ri)conosce. Siamo in una dimensione in cui le cose si prendono: tutte. Intanto, per le strade sfrecciano veicoli, incuranti di chi passa. La folla dei viandanti è frenetica e indifferente (Piccadilly Circus!), l’approccio nei confronti di chi sembra soffrire è esecrabile e distaccato. Nominare Dio è disastroso.
Mentre la nostra anima caduta avanza, osservando episodicamente violenza, brutalità e risse, pubbliche esecuzioni e gruppuscoli di fuggitivi (si deve badare alle miniere: ci si ritrova altrimenti costretti a scavare, senza aria né luce, per cercare un oro che già appartiene ad altri: ai più forti): i dialoghi con le persone – o le personalità che crede di riconoscere – che incontra sono fallimentari, oscuri e desolanti. La consapevolezza di ritrovarsi all’inferno è progressiva e invincibile. Infine, proprio come nella predica di un buon pastore, ci si ritrova – anime isolate, disperate e folli, estranee al piacere ma al piacere costrette – a invocare il nome di colui che è, perché voglia tornare ad accogliere i suoi figli e li riscatti da quel crepuscolo senza fine.
Perturbante a dispetto d’una scrittura piana e lineare, con qualche accesso febbrile e disorientante, “La terra delle tenebre” è una macabra predica rivolta ai lettori: memento mori, quindi vivete con dignità e rispetto, mostrando solidarietà e comprensione, sacrificandovi per la collettività, che al cor gentile rempaira sempre amore. Omnia vincit amor: l’alternativa è consegnarsi al maligno, dimenticati da Dio, mortificati da rimpianti senza fine. Paura, eh?
EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE
Margaret Oliphant (Wallyford, Midlothian, Scozia 1828 – Wimbledon, London, Inghilterra 1897), prolifica scrittrice scozzese.
Margaret Oliphant, “La terra delle tenebre”, Lupetti, Milano 2008. Traduzione di Alessandra Giagheddu. Postfazione “Anti-epica e anti-utopia. L’inferno allegorico di Margaret Oliphant” a cura di Massimo Rizzardini. Collana “I Rimossi”, 5.
Prima edizione: “The Land of Darkness”, 1887 nel Blackwood’s Magazine.
Gianfranco Franchi, maggio 2008.
Prima pubblicazione: Lankelot.
Prima edizione: “The Land of Darkness”, 1887 nel Blackwood’s Magazine.