Lubrina
2015
9788877665591
“Prima di svelare la materia del sogno, dovete lasciarmi il tempo giusto per raccontarvi perché questo viaggio è una poesia. Non un racconto, non un film, non qualcosa da scoprire standogli di fronte, bensì un lungo poema le cui parole sono colori di trasparenza liquida, scandite dal ritmo della pagaia. È lei l'arto unico di un esploratore solitario partito dall'alto dei ghiacci per tuffarsi, quando la sua pelle sarà più sottile, nel basso ventre dei mari” (Sapienza, “La strada era l'acqua”, p. 28).
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Davide Sapienza non è uno che ha semplicemente una forte sensibilità ambientalista; non è un militante ecologista, e non è soltanto un innamorato della natura. Sapienza è uno che si sente parte integrante della natura, e dalla natura riesce a essere felicemente dominato. Quanto? Almeno quanto uno che sa raccontare una storia dalla prospettiva dell'acqua. È l'acqua il grande narratore di questo libro, è un canoista famoso (Dario Agostini) e la sua impresa (da St. Moritz a Istanbul in kayak: 3762 chilometri, 80 giorni, oltre 500 ore a pagaiare su un “guscio di plastica”) a essere il narrato. “La strada era l'acqua” è un libro di narrativa molto lirico, di forte impatto; è un inno non di dedizione, ma di appartenenza assoluta e incontrovertibile al mistero del creato; è un viatico al rispetto, non alla comprensione, e all'amore per tutto quel che esiste. L'acqua porta la vita a tutte le creature viventi: spesso noi non ce ne accorgiamo. Ma Dario, e quelli come lui, ne sono totalmente coscienti. È questo il segreto del loro stato di grazia.
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“La strada era l'acqua” è un sentiero iniziatico. “Ora sei concentrato, Dario” - dice l'acqua. “Stiamo per riunirci al grande mare. Mancano pochi giorni e credo che tu avverta l'incertezza del futuro. O meglio: hai compreso che il futuro non esiste quando il viaggio è la posta in gioco e la posta in gioco è l'addio a un tempo interiore che non sarà mai più lo stesso. Hai capito di essere cullato da un eterno presente dove notte e giorno si alternano per aiutarti a tenere la rotta [...]” (p. 105).
Il fiume sta per finire, durante il viaggio. Il suo fiume, quello di Dario, sta per finire. Ma “in ogni goccia di fiume c'è una goccia di mondo. In ogni goccia di mondo c'è uno sguardo e i cittadini del mondo che ha navigato con te” (p. 124). Tutto è uno, perchè così è sempre stato. L'acqua non è guida né destino; è quel che esiste e domanda rispetto per la sua esistenza, e insegna a vivere il momento e vivere il viaggio, dimenticandosi di tutto il resto. Per arrivare a capire che s'appartiene al mare aperto, “alla trasformazione, al desiderio senza fine”: e oppore resistenza non ha senso. Serve solo abbandonarsi all'appartenenza (p. 135).
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L'acqua si presente scendendo dalle montagne, a volte spumeggiante, a volte dimessa, altrimenti limpida; e s'esalta, scrive Sapienza, nei riflessi di cielo: quando si fa torbida, appare spaventosa. È sempre sospinta da una forza, “e questa forza è l'unica realtà”: e quando devia, non devia perchè sogna altro. Devia perché è un ordine. È l'ordine (p. 15). Va, e crea. È artefice d'una creazione che coincide col creatore da cui proviene: là dove tornerà a essere creata, per sempre.
L'acqua non conosce intervalli, né notte. Non conosce confini. “È questo il mio destino. Sotto ogni notte c'è un cielo che mi aiuta a ripulire la mia corsa senza fine e quando torna il giorno, io e il cielo continuiamo a specchiarci l'una nell'altro, sino al momento della liberazione. È inevitabile” (p. 37). E anche quando sembra scomparire, allora essa è semplicemente altrove, a servire altre creature della terra, a irrorare di vita ciò che altrimenti morirebbe.
“E mentre sento il ruggito del fiume, penso che 'è la forza della delicatezza fragile' la scoperta più affascinante di questo mio lungo viaggio sull'acqua”, scrive il canoista. E non so perché, in questo frangente come in diversi altri, di questo libro, non sono più riuscito, incredibilmente, a visualizzare il canoista; è stato come ritrovarmi in “Solaris” di Lem, a guardare dal vetro quel mare dipinto al cinema da Tarkovskij. Ricordate? Gli studiosi della Terra, in quel pianeta, studiavano l'oceano di Solaris convinti che fosse un corpo primitivo, una singola cellula fluida di dimensioni planetarie; oppure che fosse una struttura perfettamente organizzata, superiore, per complessità, agli organismi terrestri: una “macchina plasmatica”, priva forse di vita, ma capace d’intraprendere attività utili su scala astronomica. Ma il segreto di quel mondo è che l'oceano riesce a leggere nella mente dei ricercatori, e di incarnarsi in forme umane, rapite e ricostruite dalla memoria degli stessi ricercatori. Chissà. Forse Solaris siamo noi. E stiamo cercando di tornare a casa, senza più ricordare che non ce ne siamo mai andati via da qui. Non tutti.
EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE
Davide Sapienza (Monza, 1963), giornalista, scrittore e traduttore italiano, grande esperto di Jack London.
Davide Sapienza, “La strada era l'acqua”, Galaad, Teramo 2010.
Gianfranco Franchi, aprile 2010.
Prima pubblicazione: lankelot.