La scoperta australe

La scoperta australe Book Cover La scoperta australe
Restif de la Bretonne
Mondadori
1980

Venuto al mondo con delle passioni violente, che lo resero ‘felice e infelice’, con un carattere insofferente a qualsiasi giogo, duro, imperioso ma che ogni cosa avrebbe sacrificato a un ‘penchant frénétique’ per le donne, tutte le donne, Rétif de la Bretonne, in più, si sentiva nato scrittore: dai cahiers-diari che comincia a scrivere a quindici anni, alle numerose lettere indirizzate ad innamorate ed amanti, fino a realizzare un’opera di quasi duecento volumi che comprende romanzi e racconti, oltre a una imponente e discussa autobiografia” (tratto dall’introduzione “Il sogno esotico-erotico di un libertino onesto” di Paola Dècina Lombardi, p. 7)

La Scoperta australe” (1781) è narrativa d’utopia strutturata in tre libri. Non ho rinvenuto particolari ragioni per motivarne o giustificarne la sopravvivenza: al di là della colorita e assai letteraria esistenza dell’autore, e del suo stile sciatto, frenetico e avvincente, è difficile pensare che un romanzo come questo sia sopravvissuto per secoli interi. È eccezionalmente annacquato e stantio, e si fatica molto a sopportarne la lentezza e la concettosità; la ridondanza sembra essere stata la musa prima di questo libro, e quando è la noia a dominare un’esperienza estetica credo non esistano serie e credibili motivazioni all’approfondimento. Nemmeno mi pare plausibile la tolleranza.

Cosa ha di interessante il libertino Rétif? La biografia, fondamentalmente. In questo testo dimostra d’esser stato letterato capace di intelligente vigliaccheria: non si sentiva padre d’una nuova idea di nazione o di società, e ha preferito convogliare le sue fantasticherie e le sue critiche in un mondo non esistente, per evitare rappresaglie e noie e difficoltà di vario genere. Non è una scelta inconsueta, e non è atipica – chi conosce la storia della letteratura sa bene che, tendenzialmente, trasfigurazioni e alterazioni della realtà sono il primo mezzuccio utile a poterne parlare più liberamente; e la fantascienza odierna non è altro, di norma, che una “normalizzazione” d’una strategia, e d’una tecnica di comunicazione, certamente convenzionale. Tutta questa idolatria della falsità – questa creazione di figure umane non esistenti, o questa ripetizione di figure leggendarie, da bestiario o da antica mitologia – altro non comunica se non volontà di distacco e separazione dalla realtà; per poter più efficacemente mettere a fuoco il bersaglio. Vigliaccheria o intelligenza? Decidano le vostre coscienze.

Un lettore debole potrebbe forse emozionarsi. Chi ha alle spalle centinaia di letture intuisce intenzioni e strategie dell’autore dopo una manciata di pagine; e s’annoia. E s’annoia parecchio. Perché, a meno di rilevanti innovazioni stilistiche – a meno di non aver di fronte una scrittura “nuova” – la percezione di tempo rubato ad altro (che so io: ad un colloquio con un amico intelligente, o all’ascolto di grande musica, o alla lettura di qualcosa di immortale) è tremenda e innegabile. Abbiamo bisogno della ristampa di un romanzo come questo? Ovviamente, no: Rétif dovrebbe vivere nelle biografie, e nello studio dei suoi frammenti; era un mestierante della scrittura, e di mestieranti chi ama l’arte dovrebbe averne le palle piene. Cosa c’è di notevole in questo romanzo? L’idea embrionale d’una società proto-comunista. Un discreto sessismo – prevedibile, in fin dei conti, considerando l’epoca di stesura e l’ossessione erotica del seduttore francese – e una puntuale e talentuosa opera di saccheggio (o: un chiaro segno di reminiscenze) della classicità (exemplum: Icaro).

Rétif scrive come chi vuole immergere in una palude il lettore. La sua scrittura è diluita e rabberciata, corretta dall’erudizione a un passo dalla frattura col lettore; è senza dubbio immaginifico e giocoso, ma non possiamo avere idea di quanto abbia ripetuto schemi, stilemi e dettami del suo tempo proprio per via della logica damnatiomemoriae di scritti analoghi di mediocri autori precedenti, immediatamente precedenti o contemporanei.

Non cercate qui segno della verve erotica e sensuale dell’autore (fu proprio lui a coniare il termine “pornografia”): qui è abbottonato e cauto, ammiccante senza mai incidere. Qui Rétif teorizza un mondo: di intellettuali al potere. Platone è stato, per diversi altri aspetti, ampiamente interiorizzato. Lascio al lettore avido di immergersi nel Rétif minore la gioia di scoprire come Victorin rapì Christine, volando, e come si ritrovò a vivere in un mondo nuovo e misterioso, popolato da saggi (e rivoluzionari) maestri di vita. Invito solo questo eroico lettore a sopportare il libro primo – piuttosto estraneo al resto del romanzo – e a concentrarsi sul libro terzo – autentico cardine dell’utopia bretonniana. Irrimediabilmente fuori tempo, “La scoperta australe” è una lettura da perdigiorno o da cultori: dell’autore, o del genere. Buon viaggio.

Come in molti altri romanzi dell’epoca, il filo conduttore (…) è il viaggio in un paese esotico e, con la scoperta di un popolo di Saggi, l’occasione per proporre un modello di vita più giusto e felice. Il mito della Terra Australe, un mondo ancora pressoché sconosciuto, quasi una sorta di Paradiso terrestre per la bontà del clima, la purezza dell’aria e la mitezza dei suoi abitanti, ben si prestava alle fantasticherie e alle fantasiose elaborazioni scientifico-filosofiche di Rétif. Da alcune relazioni di viaggio e dalle raffigurazioni di alcune stampe della fine del XV secolo, seppure in modo frammentario e vago, si deduceva infatti l’esistenza di un terzo continente non ancora scoperto (…) Ed era nata una vera e propria leggenda della Terra australe, favorita da alcuni racconti immaginari, tra cui quello pubblicato anonimo nel 1676 da G. de Foigny, un letterato assai irrequieto, intitolato ‘La terre australe connue, c’est à dire la description de ce pays inconnu jusqu’ici, de ses moeurs et de ses coûtumes. Par M. Sadeur’. Cento anni dopo, il romanzo di Rétif risulta molto più articolato e ambizioso (…) Non poteva che approdare all’utopia. Arriva a teorizzare infatti l’abolizione della proprietà privata e la comunione dei beni (e in una certa misura anche delle donne)” (tratto dall’introduzione “Il sogno esotico-erotico di un libertino onesto” di Paola Dècina Lombardi, pp. 13-15).

EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE

Nicolas Edme Rétif de la Bretonne (Sacy, Borgogna, 1734 – Parigi, 1806), tipografo, scrittore e libertino francese.

Rétif de la Bretonne, “La Scoperta australe”, Mondadori, Milano 1980. Traduzione, introduzione, cronologia e note di Paola Dècina Lombardi.

Prima edizione: “La Découverte australe par un homme volant, où le Dédale français”, Paris, 1781. L’artista iniziò a stendere l’opera a fine 1780.

Gianfranco Franchi, aprile 2005.

Prima pubblicazione: Lankelot.